Il risvolto nascosto della realtà: la perenne ombra della guerra nucleare

Recentemente ho ascoltato un’intervista del 2019 rilasciata da Giulietto Chiesa, il quale è venuto a mancare di recente. In essa, a seguito dell’analisi di alcuni documenti prodotti dal Pentagono, Chiesa fornisce una sua interpretazione predittiva sulle cause dei tumulti mondiali attuali; interpretazione che attribuisce ai tentativi di un segmento dell’establishment di una potenza egemone, da lui descritta come imperiale, di mantenere lo status quo.

L’intervista di Chiesa rilasciata nel 2019, che ha ricevuto 1.4 milioni di visualizzazioni

Chiesa sosteneva che l’Occidente, consapevolmente o meno, si trova sotto il dominio de facto di questa potenza egemone. La sua analisi, derivante da decenni di esperienza in qualità di osservatore e giornalista investigativo specializzato in geopolitica, si dimostra notevolmente acuta. Questo nonostante le numerose critiche ricevute per le sue presunte simpatie passate verso l’Unione Sovietica e, di conseguenza, verso l’attuale Federazione Russa. La sua prospettiva, che include la possibilità di un First Strike nucleare da parte delle potenze coinvolte, potrebbe essere vista da alcuni come catastrofica. Tuttavia, alla luce degli eventi recenti e dei documenti da lui menzionati, e di quelli che cito qui sotto nella mia riflessione, lascio al lettore il compito di valutare la visione di Chiesa.

Un rapporto del 1963 a JFK stimava la morte di 134 milioni di americani e 140 milioni di sovietici a causa di uno scambio nucleare teorico tra superpotenze. I rapporti ammettevano candidamente che una guerra nucleare non avrebbe mai potuto avere un “vincitore”.

Cosa è il first strike ?

Nel gergo militare e geopolitico, il termine “first strike” si riferisce alla strategia di attaccare per primi in un contesto di volontà di avviare una guerra nucleare, con l’obiettivo di infliggere danni così devastanti all’avversario da neutralizzarne la capacità di rispondere con un proprio attacco nucleare efficace. Questa dottrina si basa sull’idea di ottenere un vantaggio decisivo attraverso un attacco preventivo che miri a distruggere o gravemente danneggiare le forze nucleari nemiche, i suoi centri di comando e controllo, e altre infrastrutture critiche. L’intenzione dietro un first strike è di ridurre al minimo la possibilità di un contrattacco nucleare, teoricamente limitando la portata della rappresaglia e quindi i danni subiti. Questa strategia solleva numerose questioni etiche e pratiche, inclusi il rischio di escalation, la distruzione su larga scala, e le gravi conseguenze umanitarie e ambientali di un conflitto nucleare.

A proposito di documenti militari

Durante i circa cinquant’anni della Guerra Fredda, gli analisti militari e gli strategisti di entrambe le superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, si sono impegnati in un complesso esercizio di calcoli, previsioni e simulazioni. L’obiettivo era tentare di determinare gli esiti potenziali di un “first strike”, ovvero un attacco nucleare preventivo, nell’ambito della loro pianificazione strategica. Queste analisi miravano a comprendere non solo la capacità di infliggere danni decisivi al nemico prima che potesse reagire, ma anche a valutare la vulnerabilità della propria nazione a un attacco simile.

Le simulazioni condotte includevano una vasta gamma di scenari, considerando vari fattori come la potenza e la precisione delle armi nucleari, la distribuzione e la resilienza dei sistemi di comando e controllo, le capacità di difesa aerea e antimissile, e la probabilità di sopravvivenza delle forze nucleari dopo un primo attacco. Gli analisti cercavano di prevedere non solo le perdite immediate in termini di vite umane e infrastrutture, ma anche le conseguenze a lungo termine sulla capacità di una nazione di continuare a combattere o di mantenere la propria sovranità e ordine sociale.

Questo processo di valutazione includeva anche considerazioni sul “second strike” e sulla deterrenza, ovvero la capacità di una nazione di rispondere a un attacco nucleare con un contrattacco sufficientemente devastante da dissuadere il nemico dall’iniziare un conflitto. La credibilità di tale capacità di rappresaglia, ritenuta fondamentale per mantenere un equilibrio di terrore, influenzava profondamente la pianificazione militare e la strategia di deterrenza nucleare.

Le simulazioni di first strike e le analisi associate erano strumenti chiave nella guerra fredda, non solo per prepararsi a un potenziale conflitto, ma anche per navigare la complessa danza della diplomazia e della negoziazione. Capire gli esiti possibili e le conseguenze di varie strategie di first strike aiutava a informare le decisioni politiche, contribuendo a evitare che le tensioni sfociassero in un vero e proprio confronto nucleare. La costante valutazione degli scenari di first strike durante la Guerra Fredda ha sottolineato la pericolosa realtà della distruzione reciproca assicurata (MAD/Mutual Assured Destruction) e ha giocato un ruolo cruciale nel modellare l’approccio delle superpotenze alla sicurezza globale e alla stabilità.

La desecretazione di numerosi rapporti e analisi relativi alle strategie di guerra fredda, in particolare quelle riguardanti i calcoli e le previsioni di un first strike nucleare, ha confermato molte delle ipotesi precedentemente avanzate da studiosi, esperti di politica estera e osservatori non strettamente legati all’ambiente militare. Prima della loro pubblicazione, queste persone potevano solo speculare sulla natura e sull’ampiezza delle pianificazioni strategiche basandosi su informazioni limitate, analisi indipendenti, e talvolta, su informazioni trapelate in modo non ufficiale.

Le ipotesi avanzate da questi osservatori esterni spaziavano dall’esistenza di piani dettagliati per un attacco nucleare preventivo, alla valutazione delle conseguenze di tali attacchi su scala globale, fino alla comprensione del delicato equilibrio di potere che caratterizzava la deterrenza nucleare. Sebbene molti di questi aspetti fossero intuibili attraverso l’analisi del contesto geopolitico e delle dichiarazioni ufficiali, i dettagli specifici e i piani operativi rimanevano avvolti nel mistero.

Con la desecretazione dei documenti, ciò che era stato ipotizzato da non addetti ai lavori è stato non solo confermato, ma arricchito da dettagli precedentemente inaccessibili al grande pubblico. Questi documenti hanno rivelato la complessità e la profondità delle strategie di guerra nucleare, incluse le stime precise delle vittime, le simulazioni di scambio nucleare, le valutazioni delle capacità di sopravvivenza post-attacco, e le considerazioni sulla gestione delle conseguenze a lungo termine di un conflitto nucleare.

Inoltre, la pubblicazione di tali informazioni ha permesso una più ampia comprensione del concetto di “distruzione reciproca assicurata” (MAD) che ha governato gran parte della logica di deterrenza durante la guerra fredda. L’accesso a questi documenti ha anche fornito un’ulteriore conferma delle tensioni e dei pericoli che caratterizzavano quel periodo, mostrando come, in più occasioni, il mondo sia stato veramente sull’orlo di un conflitto nucleare catastrofico.

La desecretazione ha quindi non solo validato molte delle ipotesi e delle analisi precedenti, ma ha anche arricchito il discorso pubblico, consentendo una comprensione più matura e dettagliata delle dinamiche della guerra fredda. Questo processo ha ampliato significativamente la base di conoscenza disponibile per storici, ricercatori, politici e il pubblico generale, contribuendo a una riflessione più profonda sulle lezioni della guerra fredda e sull’importanza cruciale degli sforzi di non proliferazione e disarmo nucleare nel mondo contemporaneo.

In particolare sul National Security Achive della George Washington University è stato pubblicato uno studio di William Burr  (analista senior dell’Archivio dal 1990 che dirige il progetto di documentazione sulla sicurezza nucleare dell’archivio guidando la raccolta e il lavoro editoriale per il sito The Nuclear Vault) dal titolo  Le stime, per molto tempo classificate segrete, statunitensi sulle vittime di una guerra nucleare durante la Guerra Fredda regolarmente sottostimano le morti e la distruzione” .

L’introduzione allo studio recita: “Per decenni, a partire dalla fine degli anni ’40, influenti analisi interne del governo degli Stati Uniti hanno fornito, ai leader civili e militari, stime sconcertanti delle probabili vittime di un conflitto nucleare con l’Unione Sovietica, ma l’enorme portata di tali vittime previste mantenne riservati i rapporti fino alla fine della Guerra Fredda. Le preoccupazioni per i rischi di escalation legati all’attuale guerra in Ucraina hanno riportato la questione delle potenziali vittime, anche derivanti da possibili limitati attacchi nucleari russi, in prima linea all’attenzione pubblica, anche se evitare un conflitto tra superpotenze (sembra) è una priorità assoluta per la Casa Bianca. Per collocare il problema delle stime delle vittime nucleari in una prospettiva ampia, la pubblicazione odierna di quasi due dozzine di documenti di alto livello della Casa Bianca, dello Stato, della Difesa, della CIA e altri presenta un’ampia gamma di stime delle vittime e relative informazioni prodotte dagli strateghi statunitensi dagli ultimi anni. dagli anni Quaranta alla fine degli anni Settanta. Gli esempi includono lo storico Rapporto Harman del 1949, che fu il primo a precisare le proiezioni di (massicce) vittime, prevedendo anche che il ricorso alle armi nucleari non avrebbe costretto il Cremlino a capitolare. Un rapporto del 1963 a JFK stimava la morte di 134 milioni di americani e 140 milioni di sovietici a causa di uno scambio nucleare teorico tra superpotenze. I rapporti dell’amministrazione Carter sul famoso PRM-10 (che valuta le strategie e le capacità nazionali degli Stati Uniti) ammettevano candidamente che una guerra nucleare non avrebbe mai potuto avere un “vincitore”.

Qualche anno fa il Presidente della Federazione russa diresse un discorso alla Duma durante il quale informava sui progressi dei nuovi sistemi di armamenti nucleari russi, tra cui gli oramai noti alle cronache mondiali missili strategici ipersonici (Sarmat, da poco dichiarati schierati in esercizio, proprio durante il conflitto in atto) e i sottomarini senza pilota con armamenti sia convenzionali che nucleari iperveloci, silenziosi e capaci di navigare ad alte profondità.

Già nel 2017 gli analisti e scienziati della RAND lanciarono un appello e pubblicarono dei video di supporto. RAND Corporation è un’organizzazione di ricerca e analisi non profit che fu fondata nel 1948 come un progetto congiunto tra le Forze Aeree degli Stati Uniti e la Douglas Aircraft Company. Originariamente creata per offrire consulenza e soluzioni innovative ai problemi della difesa degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, RAND si è evoluta per affrontare una vasta gamma di questioni di politica pubblica e strategia, non solo per il governo degli Stati Uniti ma anche per organizzazioni private e internazionali, gli analisti della RAND hanno redatto in passato molti dei succitati rapporti segreti per il governo americano :

RAND dichiara oggi una nuova classe di minaccia

  • I missili ipersonici rappresentano una nuova classe di minaccia perché sono in grado sia di manovrare che di volare a una velocità superiore a 5.000 chilometri all’ora, il che consentirebbe a tali missili di penetrare la maggior parte delle difese missilistiche e di comprimere ulteriormente i tempi di risposta di una nazione sotto attacco.
  • La proliferazione di tali missili al di fuori degli Stati Uniti, della Russia e della Cina potrebbe portare altre potenze a comprimere i loro tempi di risposta in modo da impostare le loro forze strategiche su stati di prontezza rapidissimi, come una strategia di “lancio in caso di avvertimento”. E tale proliferazione potrebbe consentire a tali stati di minacciare in modo più credibile attacchi contro le maggiori potenze.

Gli analisti e gli scienziati della RAND in questo video dichiarano: .”NON SAPPIAMO COME DIFENDERCI DAI MISSILI IPERSONICI …!”

RAND avverte: il tempo è fondamentale

  • Probabilmente c’è meno di un decennio a disposizione per ostacolare sostanzialmente la potenziale proliferazione dei missili ipersonici e delle tecnologie associate.
  • Sembra esserci interesse per la non proliferazione dei missili ipersonici e almeno alcuni anni a disposizione affinché i governi competenti mettano in atto una politica.

RAND e la preoccupazione internazionale

  • L’inevitabile requisito è che Stati Uniti, Russia e Cina concordino una politica di non proliferazione.
  • La Francia potrebbe svolgere un ruolo chiave nel portare altri governi ad un accordo su una politica di controllo più ampia.
  • Le barriere tecniche ed economiche allo sviluppo della tecnologia ipersonica sono abbastanza grandi da aumentare l’efficacia di una politica di non proliferazione.

Il risvolto oscuro della comicità: il pericolo reale di una guerra nucleare

Oggi ho incontrato una persona che, ridendo e scherzando sul lancio di missili nucleari, non sembrava affatto percepire il rischio associato, considerandolo un evento distante e irrilevante per la nostra Realtà.

In un mondo segnato da crescenti tensioni geopolitiche, dove il conflitto tra Russia e Ucraina persiste e la situazione tra Israele e Palestina sulla striscia di Gaza si aggrava, la minaccia di una guerra su vasta scala, potenzialmente nucleare, diventa un pericolo tangibile. Mentre alcuni possano trattare l’argomento con leggerezza, scherzando sul lancio di missili nucleari, la realtà è che ci troviamo di fronte a una situazione globale estremamente precaria, che richiede una riflessione profonda e un’azione consapevole.

Attualmente, assistiamo a ciò che potrebbe essere definito come una guerra ibrida, una miscela di conflitti convenzionali, cyber attacchi, disinformazione e guerre economiche che, se non gestiti con saggezza, potrebbero degenerare in un confronto totale. Il rischio di escalation in una Terza Guerra Mondiale, con l’impiego di armi nucleari, rappresenta uno scenario in cui non ci sarebbero né vincitori né vinti, solo una devastazione inimmaginabile su scala globale.

L’idea che una guerra nucleare possa essere distante dalla realtà quotidiana della maggior parte delle persone è un pericoloso equivoco. Il potenziale per un disastro nucleare, accidentalmente innescato da miscalcoli o incomprensioni, rimane un rischio costante, come dimostrato da numerosi incidenti sfiorati durante la Guerra Fredda e da recenti tensioni internazionali.

La comunità internazionale si trova di fronte alla necessità urgente di riconoscere la gravità di questa situazione e di agire per prevenire un tale esito. Ciò richiede un impegno collettivo verso la diplomazia, il dialogo e il rafforzamento delle istituzioni internazionali incaricate della non proliferazione nucleare e del controllo degli armamenti.

Il pensiero polarizzato, che porta le persone a schierarsi acriticamente con una parte piuttosto che con l’altra, ignora il fatto che in una guerra nucleare non ci sono “lati” risparmiati. La distruzione e le conseguenze umanitarie e ambientali di tali conflitti trascendono i confini nazionali e politici. È pertanto cruciale promuovere un’educazione alla pace che superi queste divisioni e riconosca l’interdipendenza globale nell’era nucleare.

Riconoscere l’umorismo come meccanismo di difesa di fronte alle paure profonde può essere comprensibile, ma non dovrebbe distoglierci dall’affrontare seriamente le minacce che incombono sul nostro futuro condiviso. È tempo di lasciare da parte la comicità superficiale su argomenti di tale gravità e lavorare insieme per costruire un mondo più sicuro, in cui la minaccia di una guerra nucleare venga eliminata una volta per tutte.

Lo storico, antropologo, premio pulitzer Jared Diamond ci spiega nel suo celebre saggio Collasso: come le società scelgono di fallire o di avere successo”  che in passato i popoli si sono trovati di fronte a degli scenari analoghi a quelli in cui oggi l’intera Umanità si trova. Diamond descrive i seguenti scenari: ” .. molte popolazioni che si sono trovate nel corso della loro Storia in una delle seguenti condizioni, hanno visto la loro Civiltà estinguersi collassando per la loro inettitudine.  

  1. Il gruppo non riesce a prevedere il sopraggiungere del problema;
  2. Non si accorge che il problema esiste;
  3. Se ne accorge, ma non prova a risolverlo;
  4. Cerca di risolverlo, ma non ci riesce.

In questo momento, chiediamoci: in quale condizione ci troviamo?

La Libertà è poter vivere in Pace

Da cittadino di una nazione occidentale, non ho specifiche preferenze geopolitiche; ciò che mi sta veramente a cuore è l’aspirazione a un futuro sostenibile dominato dalla Pace. Questo profondo desiderio mi guida nel sostenere un dialogo aperto e costruttivo, nell’appoggiare iniziative di pace e educazione, e nel promuovere la diplomazia e il disarmo come passi fondamentali che ognuno di noi dovrebbe intraprendere.
La Storia, anche se purtroppo raramente, ci ha dimostrato che è possibile superare le tensioni e costruire la Pace attraverso un impegno collettivo, senza cadere nella trappola di etichettare chi sia il buono o il cattivo a causa di un pensiero polarizzato che troppo spesso sta prevalendo.

Il futuro nostro e delle prossime generazioni dipende dalla nostra capacità di abbracciare questa Realtà e di agire di conseguenza, rendendo la pace globale non un semplice ideale, ma una necessità urgente e una responsabilità che tutti condividiamo.


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