Il divario digitale “culturale” ostacola lo sviluppo della Società 5.0

Il Giappone è noto per essere la nazione con la popolazione più anziana al mondo. Secondo l’Ufficio del Gabinetto giapponese, la percentuale di persone di età superiore ai 65 anni è di circa il 28,%, mentre quella dei giovani sotto i 15 anni è solo del 12,6%. Ciò significa che, per ogni 100 persone in Giappone, circa il 28 hanno più di 65 anni, una percentuale che è destinata a crescere negli anni a venire.

Ci sono diverse ragioni per cui il Giappone ha una popolazione così anziana. In primo luogo, l’aspettativa di vita in Giappone è una delle più alte al mondo, con una media di circa 84 anni per le donne e 77 anni per gli uomini. Inoltre, la bassa natalità e l’aumento dell’aspettativa di vita hanno portato a una diminuzione della popolazione giovane.

Ciò ha avuto un impatto significativo sull’economia giapponese e sulla società in generale. Ad esempio, il sistema di previdenza sociale e sanitaria del paese è sotto pressione a causa del numero crescente di anziani che richiedono assistenza sanitaria e servizi di assistenza. Inoltre, la diminuzione della popolazione giovane ha portato a una diminuzione della forza lavoro, con una diminuzione dell’attività economica e una riduzione del tasso di crescita del PIL.

Nonostante le sfide che questo fenomeno presenta, il Giappone sta cercando di affrontare la situazione in modi innovativi, ad esempio con l’introduzione di tecnologie avanzate per l’assistenza agli anziani e la promozione di politiche per la conciliazione vita-lavoro per le famiglie con bambini. Inoltre, il paese sta cercando di attrarre più immigrati per aiutare a colmare il divario nella forza lavoro e ad aumentare la diversità culturale.

Il 5° Programma di Base per la Scienza e la Tecnologia, conosciuto anche come programma “Scienza e Tecnologia per una Società Futura”, è un piano completo di ricerca e sviluppo lanciato dal governo giapponese nel 2016. Il suo obiettivo è promuovere l’avanzamento della scienza e della tecnologia e contribuire alla costruzione di una società sostenibile e resiliente alle sfide future.

Il programma si concentra su una vasta gamma di aree, tra cui le scienze della vita, la robotica, l’intelligenza artificiale, l’energia e la tecnologia ambientale e le scienze dei materiali. Il programma pone anche un forte accento sulla promozione della cooperazione internazionale e della collaborazione con altri paesi per affrontare le sfide globali.

Al centro del programma c’è il concetto di Società 5.0, un modello di società che il Giappone aspira ad implementare per affrontare i cambiamenti in corso nel mondo.

La Società 5.0 immagina un futuro in cui le persone e la tecnologia coesistono armoniosamente, creando una società altamente avanzata e sostenibile. Il programma cerca di realizzare questa visione promuovendo l’innovazione in scienza e tecnologia e favorendo una cultura di collaborazione e creatività tra ricercatori, industria e governo

Uno degli obiettivi chiave del programma è promuovere lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie all’avanguardia come l’intelligenza artificiale, la robotica e l’internet delle cose (IoT) per affrontare le sfide della società. Ad esempio, il programma investe nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie che possono migliorare la fornitura di assistenza sanitaria e promuovere uno stile di vita sano, come la medicina personalizzata e la robotica sanitaria.

Un altro obiettivo importante del programma è promuovere lo sviluppo di nuovi materiali e tecnologie che possano contribuire a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e ridurre l’inquinamento ambientale. Ciò include la ricerca su fonti di energia sostenibili come celle a combustibile a idrogeno e sistemi di energia rinnovabile.

Complessivamente, il programma Scienza e Tecnologia per una Società Futura è un’iniziativa audace e completa che cerca di promuovere l’avanzamento della scienza e della tecnologia a beneficio dell’intera società. Nonostante le sfide che questo fenomeno presenta, il Giappone sta cercando di affrontare la situazione in modi innovativi, ad esempio con l’introduzione di tecnologie avanzate per l’assistenza agli anziani e la promozione di politiche per la conciliazione vita-lavoro per le famiglie con bambini. Inoltre, il paese sta cercando di attrarre più immigrati per aiutare a colmare il divario nella forza lavoro e ad aumentare la diversità culturale. Favorendo una cultura di innovazione e collaborazione e promuovendo lo sviluppo e l’applicazione di tecnologie all’avanguardia, il Giappone spera di creare una società futura sostenibile e resiliente che possa affrontare le sfide del XXI secolo.

l’Italia e il Giappone condividono alcune sfide simili legate all’invecchiamento della popolazione, come l’aumento della richiesta di assistenza sanitaria e servizi di assistenza e la pressione sui sistemi previdenziali e di sicurezza sociale

Il secondo paese al mondo per tasso di anziani è l’Italia, con una percentuale di anziani pari al 23 % della popolazione totale. Inoltre, la natalità in Italia è al minimo storico. Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila.


Immigrati digitali

Marc Prensky è il creatore dei neologismi immigrati digitali e nativi digitali entrati nell’uso comune per definire le persone nate prima dell’avvento del digitale e quelle nate nell’era digitale.
Comunemente si definiscono immigrati digitali tutti coloro nati prima del 1985. Il 15 marzo 1985 rappresenta infatti una data storica per il mondo della tecnologia e della comunicazione. Fu il giorno in cui venne registrato il primo dominio Internet, simbolo dell’inizio della nuova era digitale. Il dominio in questione era “symbolics.com”, registrato dall’azienda Symbolics Inc., produttrice di computer e software. Da quel momento in poi, la registrazione di domini divenne sempre più diffusa e l’uso di Internet si diffuse rapidamente, portando alla nascita della World Wide Web, delle email e di molte altre tecnologie che oggi consideriamo fondamentali nella nostra vita quotidiana
.

L’idea dell’immigrato digitale – che per contrapposizione al nativo digitale dovremmo forse definire nativo analogico – si determina per indicare la situazione in cui gli insegnanti e altri individui più anziani avevano difficoltà a comprendere e utilizzare le nuove tecnologie, creando una barriera di comunicazione con la nuova generazione di nativi digitali. Gli insegnanti immigrati digitali, come vengono chiamati, non erano cresciuti con l’uso dei computer e di internet come parte integrante della loro vita quotidiana, e quindi avevano bisogno di acquisire nuove competenze per poter comunicare in modo efficace con i loro studenti. Prensky (con una carriera di educatore scolastico e poi di docente universitario) aveva infatti notato la differenza tra coloro che erano cresciuti in un mondo tecnologicamente avanzato e coloro che stavano cercando di adattarsi ad esso in età adulta. Questa differenza si manifestava nella loro incapacità di comprendere ed utilizzare le nuove tecnologie, e nella loro incapacità di comunicare in modo efficace con i giovani.

In sintesi, l’immigrato digitale è una persona che ha vissuto – e formandosi per lavorare – per gran parte della sua vita in un’epoca in cui le tecnologie digitali non erano così diffuse come oggi e che quindi ha bisogno di apprendere nuove competenze per poter comunicare e utilizzare le nuove tecnologie. Questo divario digitale tra generazioni ha creato la necessità di una ulteriore formazione specifica per gli immigrati digitali, in modo che possano adattarsi alle nuove tecnologie e utilizzarle in modo efficace nella loro vita quotidiana oramai pervasa dalla Cultura digitale


Immigrato digitale spesso è sinonimo di analfabeta digitale

Il concetto giapponese di Società 5.0 si rivolge soprattutto ai Cittadini, promuovendo quindi l’idea di una Società Smart: dove l’Information Technology e l’Intelligenza Artificiale andranno a delineare il profilo di una nuova società super-intelligente, e laddove cambieranno ancora una volta molte cose a causa di nuove soggettivazioni generate dal cambiamento delle configurazioni uomo-macchina che sono tra le principali manifestazioni del digitale, che mettono alla prova le capacità disciplinari in termini di metodo.

Per raggiungere lo scopo il governo giapponese si propone di abbattere i 5 pilastri che si contrappongono all’Innovazione indotta dalla Trasformazione Digitale:

  • Impedimenti Amministrativi;
  • Impedimenti Legali;
  • Impedimenti di conoscenze tecnologiche e di nuove conoscenze in tema di digitalizzazione;
  • Impedimenti di forza lavoro;
  • Impedimenti di Accettazione da parte della Popolazione

Praticamente il governo si è accorto che tutti e cinque questi impedimenti sono dovuti al divario digitale culturale che affligge ancora gran parte della popolazione giapponese, in particolare quella anziana. Ad attestare il problema, Newsweek Japan, riporta la significativa dichiarazione ai giornalisti di Akinobu Maeda al momento del suo insediamento quale presidente della televisione di Stato NHK: ” … in realtà, non ho Internet o un computer … sono una persona abbastanza anziana, e non so nemmeno cosa sia lo streaming costante. Mi piacerebbe che possa studiare un po’ di più …


E’ oramai conclamato che il divario digitale culturale, l’analfabetismo digitale – e di conseguenza funzionale – hanno un impatto significativo su molteplici aspetti della vita di un Cittadino. Sul lavoro, ad esempio in diversi modi. In primo luogo, i lavoratori che non sono in grado di utilizzare efficacemente la tecnologia digitale possono avere difficoltà ad adattarsi alle nuove modalità di lavoro e comunicazione, che sempre più spesso richiedono l’uso di strumenti digitali. Questo può portare a problemi di comunicazione e a una diminuzione della produttività. In secondo luogo, il divario digitale culturale e l’analfabetismo digitale possono limitare le opportunità di lavoro per le persone che non hanno le competenze digitali richieste per svolgere determinati compiti. In particolare, alcune professioni richiedono conoscenze e competenze informatiche avanzate, e chi non ha queste competenze si trova si escluso dal mercato del lavoro. In terzo luogo, l’analfabetismo digitale può aumentare il rischio di errori e violazioni della sicurezza informatica, il che può portare a conseguenze negative per il datore di lavoro e per l’organizzazione nel suo complesso. E’ importante notare che analfabetismi digitali e funzionali specifici al mondo del lavoro non sono una prerogativa solo degli immigrati digitali, ma anche di molti nativi digitali


In Italia non siamo messi meglio

Di nuovo si rivelano affinità con il Giappone sul tema del digital divide culturale e il conseguente analfabetismo digitale che porta con se i molti analfabetismi funzionali.

Il rapporto DESI 2022 ci rivela che: “la trasformazione digitale sconta ancora varie carenze cui è necessario porre rimedio (…) ancor oggi (…) oltre la metà dei cittadini italiani non dispone neppure di competenze digitali di base. La percentuale degli specialisti digitali nella forza lavoro italiana è inferiore alla media dell’UE e le prospettive per il futuro sono indebolite dai modesti tassi di iscrizione e laurea nel settore delle TIC. Se si desidera che l’UE consegua l’obiettivo del decennio digitale in termini di competenze digitali di base e specialisti TIC, è assolutamente necessario un deciso cambio di passo nella preparazione dell’Italia in materia di competenze digitali.”

Da almeno dieci anni sono ricorrenti gli appelli di esperti e centri di ricerca sull’impellente necessità di attuare adeguate politiche culturali tese a contrastare il divario digitale culturale nei cittadini. Tuttavia le nostre Istituzioni, seppure sembra che abbiano preso consapevolezza del problema, non riescono a mettere in campo adeguate politiche culturali di massa per risolverlo in maniera strutturale.

Il nostro gruppo di ricerca se ne è reso consapevole ed attuato sperimentazioni sul campo ed proposto appositi corsi di formazione post-laurea per formare educatori e mediatori della cultura digitale già oltre venti anni fa.

Corre il pericolo che nella quarta rivoluzione industriale i nostri immigrati digitali (che in Italia tra venti anni saranno oltre il 30% della popolazione) si trasformino definitivamente in emarginati digitali.


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