Spiritualità , Religione e Salute personale e sociale (wellness) : la visione unitaria dell’Uomo nella PNEI, la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia

«Si sono identificati i collegamenti tra il cervello, il sistema endocrino e il sistema immunitario. Ciò significa che le relazioni tra mente e corpo non sono più solo materia di congettura o di puro psicologismo. Ora, non solo i canali di collegamento tra psiche e soma, ma anche le molecole mediatrici di questa relazione sono state identificate»

La PsicoNeuroEndocrinoImmunologia, comunemente nota come PNEI, è un campo di studio interdisciplinare che esplora le interazioni tra mente, sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario. Questa disciplina si fonda sull’idea che la salute e il benessere di un individuo dipendano dall’integrazione e dalla comunicazione efficace tra questi diversi sistemi del corpo.

Spiritualità e religione nella PNEI

La spiritualità e la religione possono giocare un ruolo significativo nella PNEI, poiché entrambe influenzano profondamente le emozioni e il benessere psicologico di una persona. Diverse ricerche hanno dimostrato che pratiche spirituali come la preghiera, la meditazione e la partecipazione a servizi religiosi possono avere effetti positivi sulla salute mentale e fisica. Questi benefici possono includere una riduzione dello stress, un miglioramento dell’umore e persino un rafforzamento del sistema immunitario.

Salute personale e sociale (wellness)

Il concetto di “wellness” nella PNEI non si limita alla semplice assenza di malattia, ma comprende una piena espressione di salute fisica, mentale e sociale. Questo approccio olistico considera l’individuo nella sua totalità, integrando aspetti fisici, emotivi e spirituali. Attraverso la PNEI, è possibile comprendere come la salute mentale influenzi il sistema endocrino e immunitario e viceversa, promuovendo strategie di vita che ottimizzano il benessere generale.

La visione unitaria dell’Uomo nella PNEI

La PNEI propone una visione unitaria dell’essere umano, che vede mente, corpo e spirito come parti inseparabili di un unico sistema. Questo approccio è in linea con molte tradizioni spirituali e religiose, che vedono la salute come un equilibrio tra diverse dimensioni dell’esistenza. In questa prospettiva, la salute diventa un processo dinamico e integrato, in cui ogni aspetto dell’essere umano contribuisce al benessere dell’intero.

La connessione tra spiritualità, religione e salute è un campo di ricerca che ha cominciato a ricevere attenzione scientifica soltanto recentemente. Nonostante l’esistenza di studi sulle religioni da tempi antichi, discipline come la Teologia, la Sociologia e la Storia delle Religioni hanno dedicato relativamente poca attenzione alle guarigioni o a questioni di rilevanza nella medicina clinica diretta.

Curiosamente, il crescente interesse per il legame tra spiritualità e salute non proviene da queste discipline, che tradizionalmente hanno esplorato le connessioni tra religione e fenomeni sociali. Piuttosto, sono la Medicina e la Psicologia—settori che in passato hanno spesso ignorato o stigmatizzato questa tematica—a promuovere oggi ricerche sistematiche in questo campo. Di conseguenza, sta emergendo un nuovo settore di indagine con una chiara infrastruttura scientifica.

Negli ultimi trent’anni, la ricerca sulle esperienze spirituali profonde, come le esperienze mistiche o quelle legate alla morte imminente, è notevolmente aumentata. Tale ricerca è stata principalmente condotta da figure professionali nel campo medico e psicologico, includendo nomi come Moody, Ring, Sabom, Greyson e van Lommel. Alcuni di questi studi hanno associato tali fenomeni a sintomi psichiatrici, ma la ricerca contemporanea sta iniziando a sfidare questi presupposti tradizionali, mostrando come certe esperienze spirituali possano avere un impatto positivo sul benessere psicofisico.

Queste esperienze sono spesso riportate in contesti medici durante gravi eventi sanitari, come le esperienze di premorte, evidenziando l’effetto benefico sulla salute emotiva. Nel 1974, il sociologo Andrew Greeley ha pubblicato importanti scoperte sulle esperienze spirituali drammatiche nella popolazione americana, evidenziando che l’America potrebbe essere considerata una “nazione di mistici”.

Questi risultati sono stati diffusi attraverso un sondaggio nazionale condotto dal National Opinion Research Center, utilizzando un campione scientificamente selezionato.

Due domande poste da Andrew Greeley nel suo studio hanno catturato particolare interesse e rivelano una notevole apertura verso esperienze spirituali significative tra la popolazione americana:

  1. Domanda sulla vicinanza a una forza spirituale: “ti sei mai sentito come se fossi molto vicino ad una potente forza spirituale che sembrava sollevarti fuori di te stesso?” A questa domanda, il 35% dei partecipanti ha risposto affermativamente, suggerendo una prevalenza di esperienze di elevazione spirituale.
  2. Domanda sul contatto con defunti: “hai mai sentito che tu fossi veramente in contatto con qualcuno che fosse morto?” Il 27% degli intervistati ha confermato di aver avuto tale esperienza.

Greeley ha esplorato ulteriormente l’associazione tra queste esperienze spirituali e la salute emotiva, utilizzando la “Scala del benessere psicologico di Bradburn”. I risultati hanno mostrato un forte legame positivo, indicando che tali esperienze possono avere un impatto benefico significativo sulla salute emotiva degli individui.

Parallelamente, già nel 1971, Dewi Rees iniziava una ricerca rivoluzionaria, i cui risultati furono pubblicati sul “British Medical Journal”. Rees propose che le esperienze spirituali, come le visite di defunti, sono considerate normali da molte persone e potrebbero aiutare a elaborare il dolore per la perdita di un coniuge. Queste esperienze non solo sono comuni ma “spesso trasformano chi le vive”, suggerendo un profondo impatto psicologico e spirituale.

Il campo degli studi sulle esperienze spirituali ha visto una svolta significativa con l’introduzione delle tecnologie di neuroimaging e il progresso della ricerca biomedica. L’adozione di queste tecnologie avanzate ha permesso agli scienziati di esplorare in modo più dettagliato i correlati neurali delle esperienze spirituali e di comprendere meglio il loro impatto sul benessere umano. In particolare, l’Italia, insieme ad altre nazioni, ha preso parte a questa avanzata ricerca, segnando progressi notevoli nel comprendere il legame tra neuroscienze, spiritualità e salute.

Riguardo questo tema qui di seguito riporto alcune riflessioni, tratte da alcune pubblicazioni, di sicuro interesse per chi curioso di questi fenomeni.

«Si sono identificati i collegamenti tra il cervello, il sistema endocrino e il sistema immunitario. Ciò significa che le relazioni tra mente e corpo non sono più solo materia di congettura o di puro psicologismo. Ora, non solo i canali di collegamento tra psiche e soma, ma anche le molecole mediatrici di questa relazione sono state identificate»  (P.Pancheri, M.Biondi, Università La Sapienza)

«Noi abbiamo avuto la fortuna di vivere l’avventura scientifica della prima rivoluzione culturale dell’endocrinologia. Sino agli anni Sessanta la cultura medica generale avvolgeva in una nebbia esoterica gli studi sugli ormoni; la diagnostica era ancora largamente basata sull’osservazione descrittiva e l’impressione generale era che le malattie ‘ormonali’, prescindendo dalle tireopatie e dal diabete, fossero rare e, come tali, oggetto di curiosità o poco più. Mancava in sostanza una cultura biologica che recepisse quanto oggi, invece, sembra essere ovvio: l’esistenza di sistemi informativi cellulari integrati e interdipendenti, senza i quali l’organismo non può attuare il proprio programma genetico. Oggi, si sono identificati i collegamenti tra cervello, sistema endocrino e sistema immunitario. Sta sopravvenendo una seconda rivoluzione culturale, che coinvolge l’endocrinologia e, più in generale, i sistemi informativi dell’organismo. Stiamo realizzando che gli ormoni sono in realtà informatori complessi, versatili, pluripotenti, non riconducibili a una singola formula molecolare … né alle sole cellule endocrine; le loro omologie strutturali con prodotti di altri sistemi come le citolinfochine (prodotti del sistema immunitario), i neuropeptidi (prodotti del sistema nervoso), i fattori di crescita e di regolazione tessutale (prodotti ubiquitari), sono tali e tanti da far ritenere l’attività ormonale una sola delle potenziali funzioni.» (P.Marrama, A. Angeli)

In cosa consiste questa Rivoluzione Culturale? Nell’assunto fondamentale che considera l’Uomo come una inscindibile unità psicofisica e che – in una visione olistica del corpo umano, nella consapevolezza che mente e corpo sono strettamente legati in virtù dell’unità psicofisica – esistono interconnessioni non solo nella relazione tra disturbo e la sua causa d’origine psichica (Psicosomatica), ma anche nella regolazione del benessere di una persona.

La Psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI) è un campo scientifico che ha guadagnato notorietà nella seconda metà degli anni Ottanta, quando è stata scoperta la capacità del linfocito, una cellula tipicamente immunologica, di produrre TSH (ormone ipofisario che regola il rilascio degli ormoni tiroidei). Oltre alla TSH, si è scoperto che i linfociti producono diverse altre molecole con attività neuroendocrina e possiedono recettori specifici per i mediatori dei sistemi endocrino e nervoso centrale. Questa scoperta ha rivelato l’inesistenza di una netta suddivisione tra i mediatori dei tre sistemi che compongono la rete integrata, contrariamente a quanto suggerito da una classificazione puramente didattica. Le citokine, i neurotrasmettitori e gli ormoni sono, infatti, mediatori comuni di una unica rete. Le cellule del sistema nervoso centrale, inclusi neuroni, glia e microglia, sono in grado di ricevere e produrre segnali con significato biologico nell’ambito immunitario, dimostrando come mediatori immuni, come le citokine, possano influenzare circuiti encefalici per potenziare la capacità del sistema nervoso centrale di modulare la risposta immunitaria. Inoltre, le molecole tradizionalmente definite come ormoni, e quindi associate a funzioni endocrine, influenzano anche la risposta immunitaria e interagiscono con il sistema nervoso centrale e il sistema immunitario. Questa interazione evidenzia la natura olistica del sistema PNEI, il quale funge da rete integrata di autoregolazione che mira al mantenimento dell’omeostasi, ovvero della costanza chimico-fisica, biologica e psicologica dell’ambiente interno in risposta a stimoli di varia natura, da quelli infettivi a quelli psicosociali. La scienza della PNEI si concentra principalmente sulla comprensione delle basi biologiche della comunicazione bidirezionale tra i sistemi endocrino, immunitario e neuropsicologico. Inoltre, fornisce una solida base teorica e sperimentale per comprendere come l’assetto neuropsicologico e psicoemotivo interagisca con la sfera chimico-fisica e organica della vita biologica, sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Infine, si evidenzia come una efficace prevenzione delle malattie possa essere supportata da un sistema di difesa PNEI reattivo e performante, e come lo stato psicoemotivo ed affettivo di un individuo possa influenzare o modificare il decorso di un evento patologico. La variabilità interindividuale e intraindividuale, influenzata dall’interazione tra fattori genetici e ambientali, è alla base della suscettibilità o resistenza a diverse patologie, confermando l’importanza del sistema PNEI nel determinare l’outcome di salute.


Nel leggere il saggio “PsicoNeuroEndocrinoImmunologia” di Francesco Bottacioli, ci si imbatte in passaggi che hanno suscitato il mio interesse e stimolato una serie di riflessioni, su tematiche interconnesse che riguardano la complessa relazione tra mente, corpo e sistemi biologici, e  come questi legami possono influenzare il nostro benessere e la nostra salute.

Emozioni e Coscienza sono impastate nel bene e nel male ?

Le ricerche condotte da Antonio Damasio dell’Università dell’Iowa e da Joseph LeDoux della New York University hanno evidenziato il ruolo cruciale del circuito limbico nei processi decisionali e di memorizzazione. Queste aree cerebrali, essenziali per l’elaborazione delle emozioni fondamentali, si sono rivelate centrali anche nei meccanismi della neurobiologia delle emozioni. L’adozione di tecnologie avanzate di imaging cerebrale nei primi anni del nuovo secolo ha permesso agli scienziati di tracciare le vie nervose che governano le emozioni, offrendo nuove prospettive sulla profondità e l’universalità dei meccanismi emozionali. Questi studi hanno confermato che le emozioni sono innate, diffondendosi anche ad altre specie animali, e hanno riacceso l’interesse per il lavoro di Charles Darwin sull’espressione delle emozioni negli uomini e negli altri animali. L’opera di Darwin, spesso misconosciuta e travisata, ha gettato le basi per comprendere l’importanza evolutiva delle emozioni. Le emozioni fondamentali non solo rispecchiano la nostra storia evolutiva come mammiferi sociali ma forniscono anche schemi ancestrali di risposta alle sfide ambientali, influenzando direttamente i processi decisionali che guidano i comportamenti. È scientificamente consolidato che la nostra natura sia una fusione di emozioni e coscienza, influenzando sia i nostri benefici che i nostri danni. Questo insight non solleva solo questioni mediche, relative alla salute individuale, ma apre anche interrogativi di ordine sociale e politico. Le implicazioni si estendono alle decisioni nazionali e governative riguardo alle relazioni internazionali e all’interazione tra la nostra specie e gli ecosistemi del pianeta. La comprensione di come le emozioni influenzino la nostra condotta può avere ripercussioni profonde su come affrontiamo i problemi globali, dalla diplomazia alla conservazione ambientale.


La meditazione ci è utile per migliorare il nostro stato psico-fisico?

La tradizione vuole che il principe Siddhartha Gautama, nato fra il 558 e il 536 a. C., a Kapilavastu, ai confini con il Nepal, sia rimasto a godersi la vita nel palazzo di famiglia fino a ventinove anni, quando, finalmente fuori dalla sua gabbia d’ oro, incontrò un vecchio, poi un appestato e quindi un corteo funebre. Conobbe così la vecchiaia, la malattia e la morte. Incontrò anche un asceta, un lacero mendicante, ma con una grande e serena calma impressa nella sguardo. Il principe Siddharta capì che quella era la sua strada e lascio il palazzo reale. Praticò l’ascetismo e visse per sei anni, nudo, nei boschi, nutrendosi di bacche. E da questa esperienza che gli derivò l’appellativo Buddha Shakyamuni (Shaky a, ‘asceta’). Buddha, pero, notò che le pratiche ascetiche troppo rigorose generano, in chi le fa, aspettative elevate che, ingigantendo l’io, creano vanità e, talvolta, sete di potere. Cominciò così a elaborare la ‘via del giusto mezzo’, rifiutando ogni esagerazione, giudicandola inutile e, anzi, degna di rimprovero. Buddha non si e mai proclamato dio, ne figlio di dio, ne ha chiesto che venisse venerato come tale.  L’atteggiamento di Buddha verso la religione e stato magistralmente definito da Carl Gustav Jung «la trasformazione degli dei in idee». Il Buddha ebbe discepoli e fondo un sangha, una comunità, ma non faceva miracoli, piuttosto insegnava. Si racconta di una donna a cui era morto il figlio. Chiese al maestro di resuscitarlo. Buddha disse che sarebbe stato possibile se lei, avesse recuperato un seme di senape da una casa che non aveva conosciuto la sofferenza. Ella bussò in tutte le case e trovo la sofferenza dappertutto. Si rassegnò e si fece monaca. Una tradizione vuole che il Buddha sia morto di dissenteria da carne di maiale avariata! In realtà, secondo un’ altra tradizione, quella mahayana cui accennerò tra poco, il Buddha non era mai morto. Il suo corpo era un’ apparizione magica che rientra nell’utilizzo di mezzi adeguati alla diffusione della dottrina. Il Buddha infatti insegna quello che e utile in un dato momento, utilizzando mezzi idonei. Resta il fatto che, anche in questa visione magico- religiosa, il Buddha non è dio. Il buddhismo quindi, anche nel suo aspetto religioso, e una religione non teista, come ha più volte chiarito l’attuale Dalai Lama. Il massimo sviluppo del buddhismo si ebbe alcuni secoli dopo la morte del Buddha, con lo sviluppo di un movimento chiamato mahayana, o grande veicolo, sorto in contrapposizione critica al movimento hinayana, o piccolo veicolo, o veicolo degli anziani. Il punto di differenza più significativo tra le due grandi correnti buddhiste riguarda proprio il veicolo, o sentiero da percorrere. Mentre per il veicolo degli anziani l’obiettivo e la propria personale liberazione, per i mayanisti l’obiettivo e quello di iscrivere la propria liberazione all’interno della liberazione di tutti gli esseri senzienti. L’ideale hinayana è quindi I’ Arhat, il santo, l’asceta. L’ideale mahayana e il Bodhisattva, l’essere illuminato che evita il nirvana fino a quando nel mondo c’è bisogno di lui. La tradizione mahayana, sorta in India più di trecento anni dopo la morte di Buddha, avrà il suo massimo sviluppo non solo nel Paese di origine (nel VII secolo d. C., a Nalanda, India settentrionale, operava un’università mahayana con tremila allievi!), ma anche in Cina, dove prenderà la forma del buddhismo Chan, e successivamente in Giappone, buddhismo Zen e, in Tibet, buddhismo tantrico. Ma il buddhismo, al di là della varietà delle scuole e delle tradizioni in cui si e articolato nel corso dei millenni, articolazione ben più complessa di quella qui brutalmente riassunta, nella sua essenza costituisce un raffinatissimo sistema di pensiero intessuto dall’intreccio tra filosofia e psicologia, introspettiva e comportamentale, per usare un linguaggio moderno.

Non è un caso che figure di spicco come Carl Gustav Jung e William James siano stati profondamente influenzati e culturalmente stimolati dal buddhismo. Nel corso degli ultimi decenni, l’Occidente ha mostrato un interesse crescente non solo per il buddhismo ma anche per la tradizione yoga, concentrandosi particolarmente sulle loro applicazioni pratiche nella gestione dello stress. Questo interesse può essere visto in parte come un approccio consumistico e restrittivo, che riflette un interesse più per i benefici immediati che per la comprensione spirituale più profonda, che era più comune nei decenni passati.

Tuttavia, seguendo i principi del Mahayana, una delle principali correnti del buddhismo, è possibile vedere il lato positivo di questo approccio economicista alla meditazione. Infatti, l’adozione crescente delle tecniche meditative in Occidente ha stimolato anche la comunità scientifica a indagare più a fondo i loro effetti. Gli studi condotti hanno iniziato a documentare l’impatto positivo della meditazione sul cervello e sulla salute generale, evidenziando miglioramenti nella riduzione dello stress, nell’attenzione, nella regolazione emozionale e in altri aspetti della salute mentale.

Queste ricerche hanno contribuito a legittimare le pratiche meditative nel contesto medico e psicologico occidentale, promuovendo una maggiore integrazione di queste antiche discipline nelle strategie terapeutiche moderne. La meditazione è stata esaminata attraverso l’uso di tecnologie avanzate come l’IRM funzionale, che ha permesso di osservare in tempo reale i cambiamenti nell’attività cerebrale durante la meditazione, rivelando come queste pratiche influenzino positivamente aree del cervello coinvolte nella consapevolezza, nella concentrazione e nella calma.

In sintesi, mentre l’approccio occidentale alla meditazione può inizialmente sembrare riduttivo, esso ha anche aperto la strada a una comprensione più profonda e scientificamente fondata dei benefici della meditazione, collegando tradizioni antiche con la scienza moderna e migliorando l’accettazione e l’uso di queste pratiche per il benessere complessivo.

Quante volte, di fronte a una guarigione inaspettata, anche i medici hanno gridato al miracolo?

I Miracoli sono fatti inspiegabili?

Il fenomeno delle cosiddette “regressioni spontanee” di tumori, come documentato da vari casi nella letteratura medica, affascina e sfida l’ortodossia medica. Un esempio emblematico è quello riportato dal professore Bottacioli riguardo a Steven A. Rosenberg, noto oncologo, che rimase sorpreso di fronte alla guarigione inspiegata di un paziente, il signor De Angelo, il quale mostrò la scomparsa di masse tumorali avanzate nel fegato, nello stomaco e nei linfonodi senza alcun trattamento medico convenzionale.

Questo fenomeno non è isolato. La letteratura riporta altri casi, come quello di una paziente settantenne di Barcellona, documentato dalla rivista dell’Accademia americana di Dermatologia. La donna, rifiutando la chemioterapia per il trattamento di un melanoma metastatico, scelse di curarsi con un estratto di timo. Sorprendentemente, le metastasi scomparvero, lasciando i medici senza una spiegazione certa se fu l’effetto del timo, la forza psichica della donna, o un insieme di fattori a influenzare tale esito.

Altri casi includono un uomo di 65 anni a Seul, che rifiutò le terapie convenzionali e scelse di assumere un fungo immunostimolante. Dopo un anno e mezzo, mostrò un miglioramento significativo del cancro al fegato e delle metastasi, con una condizione stabile documentata fino al marzo 2005.

Questi casi sollevano questioni importanti sulla possibile influenza di fattori psicologici e immunitari nelle guarigioni inspiegabili di malattie gravi, suggerendo una connessione psico-neuroimmunitaria, tema centrale nella ricerca di David Felten.

Un altro esempio di come la fede e il contesto psicologico possano influenzare la salute è la famosa storia di Lourdes. Qui, dopo le apparizioni mariane a Bernadette Soubirous nel 1858, il sito divenne un luogo di pellegrinaggio per chi cercava guarigioni miracolose. Nonostante la Chiesa cattolica abbia riconosciuto solo 40 casi su 6000 come miracoli autentici, molti pellegrini hanno riferito benefici per la salute, evidenziando il potenziale impatto delle emozioni positive e dell’ambiente carico di suggestione sul benessere.

Questi fenomeni sottolineano l’importanza di considerare gli aspetti psicologici e ambientali nel trattamento delle malattie, soprattutto quelle gravi come i tumori e le malattie autoimmuni. Essi indicano che la mente può avere un ruolo significativo nel processo di guarigione, anche in casi apparentemente disperati, aprendo nuove frontiere per la ricerca medica e offrendo speranza per approcci terapeutici più olistici.

La Grande Connesione,  esiste la Coscienza Globale?

La ricerca scientifica sta progressivamente dimostrando che l’organismo umano funziona come una rete integrata, in cui i vari organi e sistemi sono connessi tra loro attraverso un linguaggio comune. Come spiegato da Bottaccioli, “l’organismo umano funziona come un network, una rete integrata che unifica i vari organi e sistemi. I codici sono gli stessi, il linguaggio della rete è comune a tutto il sistema. Sia che siano circuiti cerebrali attivati da emozioni, pensieri, oppure circuiti nervosi vegetativi attivati da sollecitazioni o da feedback di organi o sistemi, sia che siano organi endocrini o immunitari a emettere messaggi, questi, nella loro parte fondamentale, verranno riconosciuti da tutte le componenti della rete. Il linguaggio è unico, il collegamento è stringente ed è a doppio senso di marcia.”

Questa visione di un’interconnettività profonda non è del tutto nuova. Carl Gustav Jung, uno dei pionieri della psicologia profonda, evidenziava che al di là della nostra psiche individuale esiste una psiche collettiva, l’inconscio collettivo, che contiene elementi universali condivisi tra gli esseri umani. Jung affermava: “Come oltre l’individuo esiste una società, così oltre la nostra psiche personale esiste una psiche collettiva, l’inconscio collettivo, che cela parimenti in sé grandi attrattive”. Questo concetto si riflette nell’idea che non solo la psiche, ma anche il corpo opera su principi di interconnessione e comunicazione universali, suggerendo una sorta di coscienza globale che pervade tutti gli esseri viventi.

Tale concezione trova radici anche nelle filosofie antiche, dove il concetto di una connessione universale tra gli esseri era frequentemente esplorato e discusso. La moderna scienza biologica e medica, attraverso lo studio di sistemi come il sistema nervoso, endocrino e immunitario, conferma e amplia questa visione, riconoscendo che il nostro benessere dipende da una rete complessa e dinamica di interazioni che trascendono i confini dell’individuo. Questa grande connessione, quindi, non è solo un fenomeno biologico ma anche un principio fondamentale della nostra esistenza, che lega la nostra salute fisica alla nostra vita emotiva e sociale in modi ancora da esplorare completamente.

... queste convinzioni sono il  frutto di pensieri mistici, esoterici o scientifici?

La parapsicologia, talvolta denominata metapsichica, è una disciplina che studia, con metodi che aspirano alla scientificità, tre principali categorie di fenomeni anomali: le capacità psichiche, l’interazione tra mente e materia, e la sopravvivenza post-morte. Differente dallo studio di tutti i fenomeni paranormali, la parapsicologia esplora specificamente quegli aspetti che, pur non rientrando nelle comuni leggi della fisica o dell’esperienza sensoriale, si suppone siano radicati nelle capacità psichiche umane.

Nonostante i risultati degli studi parapsicologici siano spesso oggetto di critiche da parte di altre discipline accademiche, a causa della mancanza di riscontri scientifici rigorosi, l’uso di un approccio multidisciplinare che incorpora le tecnologie avanzate per esplorare i misteri del cervello umano sta iniziando a produrre dati sempre più convincenti. Queste ricerche stanno aprendo la strada a nuove interpretazioni scientifiche riguardo fenomeni un tempo considerati di pura fantascienza, come per esempio le guarigioni considerate miracolose o l’origine di certe patologie, che potrebbero essere influenzate dalla mente sul corpo.

Un campo particolarmente intrigante nello studio della parapsicologia è la ‘Coscienza Globale’, che esplora l’ipotesi dell’esistenza di una mente collettiva umana.

Uno studio notevole in questo ambito è stato promosso da alcuni scienziati dell’Università di Princeton e sviluppato dall’Istituto di Noetica. Questo studio, attivo per oltre un decennio, ha impiegato computer distribuiti in tutto il mondo per monitorare gli effetti di eventi globali significativi che hanno generato emozioni intense, coinvolgimento collettivo o turbamento a livello mondiale. I risultati di questo monitoraggio suggeriscono che eventi di grande impatto possano influenzare, o addirittura modificare, i pattern di dati, suggerendo così l’interazione tra la coscienza collettiva umana e i sistemi fisici

Secondo questi studi sulla  ‘Coscienza Globale’,  gli esseri umani potrebbero essere interconnessi su scala globale e che il loro ‘sentire collettivo’ sarebbe in grado di influenzare e deviare perfino le risposte dei computer

Il “Global Consciousness Project” è un’ambiziosa iniziativa scientifica che esplora l’ipotesi della Coscienza Globale, teorizzando che eventi di grande rilevanza emotiva possano influenzare o essere correlati a variazioni misurabili nei sistemi fisici. Gli scienziati coinvolti in questo progetto hanno distribuito dispositivi informatici in varie parti del mondo — tra cui Europa, Stati Uniti, Canada, India, Isole Fiji, Nuova Zelanda, Giappone, Cina, Russia, Brasile, Africa, Thailandia, Sud America e Australia. Questi dispositivi sono stati progettati per rilevare variazioni secondo la Teoria della “Casualità prevista”.

I risultati ottenuti dal progetto sono stati notevoli. Si è osservato che in concomitanza con eventi globali di grande impatto — come gli attacchi dell’11 settembre 2001, disastri aerei, eruzioni vulcaniche, tsunami, la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, o la morte di Lady Diana — i dispositivi registravano un’insolita frequenza di anomalie, deviando significativamente dal range di attendibilità statistica previsto. In totale, 426 eventi sono stati analizzati durante il progetto, con le corrispondenze registrate che hanno superato il 50% di “significatività”, mentre la restante metà degli eventi è stata classificata come “estremamente significativa”.

Questi risultati suggeriscono che, durante eventi di vasta risonanza emotiva o sociale, possono verificarsi correlazioni non casuali tra la coscienza collettiva e variabili fisiche misurate, sfidando le convenzionali nozioni di causalità e isolamento dei sistemi fisici. Ciò apre la porta a ulteriori ricerche sul possibile impatto della coscienza umana collettiva sul mondo fisico, un campo che potrebbe avere profonde implicazioni filosofiche e scientifiche.

Il Global Consciousness Project si colloca all’intersezione tra scienza e speculazione, fornendo dati che invitano a considerare nuove dimensioni dell’interazione umana e del nostro impatto collettivo sulla realtà. Se confermati e approfonditi, questi risultati potrebbero rivoluzionare il nostro approccio alle scienze umane e naturali, suggerendo che il legame tra la coscienza collettiva e l’ambiente fisico sia più profondo e interconnesso di quanto precedentemente ritenuto.

Potrebbe essere, quindi, che il cosiddetto “Effetto Maharishi” non sia limitato solamente alla sfera del misticismo?

L’Effetto Maharishi è considerato una “influenza peculiare di armonia e progresso sociale” che deriva dalla pratica della Tecnologia Maharishi del Campo Unificato. Questo fenomeno si verifica quando una piccola percentuale di cittadini partecipa alla pratica della Meditazione Trascendentale (MT). È descritto come una fase di transizione verso uno stato di vita più ordinato ed armonioso, evidenziato dalla diminuzione di crimini, violenze, incidenti e malattie, oltre che dal miglioramento delle condizioni economiche e di altri indicatori sociali.

Il nome “Effetto Maharishi” è stato scelto in onore di Maharishi Mahesh Yogi, il fondatore di questa pratica, che trent’anni fa teorizzò che la partecipazione anche solo di una piccola frazione della popolazione a un programma di Meditazione Trascendentale sarebbe stata sufficiente per migliorare la qualità della vita nella società in generale. Nel corso degli ultimi diciotto anni, la validità di questa trasformazione sociale è stata documentata a livello scientifico, dapprima a livello cittadino, poi regionale e nazionale, e infine globale.

Si è scoperto che per generare l’Effetto Maharishi è necessaria la partecipazione di almeno l’1% della popolazione alla pratica della Meditazione Trascendentale. Questa percentuale è considerata sorprendentemente piccola, il che rende difficile spiegare gli effetti benefici osservati sulla società semplicemente in termini di interazioni comportamentali tra i partecipanti e gli altri membri della comunità o della società.

Gli studi e le ricerche sull’Effetto Maharishi hanno aperto un dibattito significativo sui potenziali legami tra pratiche meditative collettive e benessere sociale, suggerendo che queste pratiche potrebbero avere implicazioni più ampie e profonde di quanto si ritenesse inizialmente, estendendosi oltre la semplice sfera del misticismo a quella dell’influenza tangibile e misurabile sul tessuto sociale.

… stati d’intuizione delle profondità della verità scoperte dall’intelletto discorsivo. Questi stati sono illuminazioni, rivelazioni piene di significato e importanza. Pur rimanendo inarticolate, spesso portano con sé un curioso senso di autorità

  •  – L’Istituto di Noetica, dal greco noēsis / noētikos, che significa saggezza interiore, conoscenza diretta o comprensione soggettiva, è stato cofondato da Edgar Mitchell, il sesto uomo a camminare sulla Luna durante la missione Apollo 14 nel 1971. Mitchell ha avuto un’esperienza mistica nello spazio, dichiarando di aver vissuto un incontro ravvicinato del terzo tipo, che gli ha profondamente cambiato la percezione della realtà. Egli ha descritto la sua esperienza come un momento in cui “la presenza della divinità è diventata quasi palpabile” e attraverso il quale “la conoscenza mi è venuta direttamente”, portandolo a realizzare che “la vita nell’universo non era solo un incidente basato su processi casuali”. La visione di Mitchell riguardo alla realtà è stata influenzata da concetti storici di conoscenza noetica, che filosofi come Platone hanno esplorato e che il psicologo pionieristico William James nel 1902 descrisse come “stati d’intuizione delle profondità della verità scoperte dall’intelletto discorsivo” che sono “illuminazioni, rivelazioni, piene di significato e importanza”. Dopo la sua esperienza, Mitchell concluse che “la realtà è più complessa, sottile e misteriosa, di quanto la scienza convenzionale mi avesse portato a credere”. Questa comprensione l’ha ispirato a fondare l’Istituto di Noetica, un campo multidisciplinare che combina strumenti e tecniche scientifiche oggettive con la conoscenza interiore soggettiva per studiare la vasta gamma delle esperienze umane. Questa intersezione tra diversi sistemi di conoscenza riflette l’idea che la comprensione della coscienza, o spazio interiore, potrebbe portare a una nuova e più ampia comprensione della realtà, dove oggetto e soggetto, esterno e interno, sono visti come aspetti co-uguali del miracolo dell’essere.

La spiegazione dell’Effetto Maharishi potrebbe essere attribuita ad un “effetto di campo”, in cui un’influenza di coerenza generata dai partecipanti si propaga attraverso la società. John Hagelin, un fisico di spicco specializzato nelle teorie quantistiche del campo unificato, sostiene che l’ampio raggio di influenze dell’Effetto Maharishi può essere compreso solo se considerato come un fenomeno che si manifesta a livello del campo unificato di tutte le leggi della natura, un concetto recentemente identificato dalla fisica moderna, in particolare dalla meccanica quantistica

  •  – La storia della scienza è ricca di episodi in cui nuove scoperte, tesi o ipotesi che sfidano le concezioni stabilite sono state accolte con intense critiche, spesso mosse non solo contro l’idea stessa ma anche contro i suoi ideatori, nel tentativo di delegittimarne la fonte creativa. Questo è particolarmente vero per le idee che si distaccano significativamente dal pensiero convenzionale, o “outside-of-the-box”. John Hagelin è un esempio di tale fenomeno. Fisico che ha lavorato presso l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN) e il Stanford Linear Accelerator Center (SLAC) nei primi anni ’80, Hagelin ha contribuito allo sviluppo delle estensioni super-simmetriche del modello standard e delle grandi teorie di unificazione. Il suo lavoro sulla teoria super-simmetrica eterotica SU(5) è considerato uno dei tentativi più riusciti di formulare una “teoria di tutto”, ed è stato riconosciuto nel 1991 con una copertina sulla rivista Discover, che ha anche presentato contributi di scienziati riconosciuti come Stephen Jay Gould, Jared Diamond e Stephen Hawking. Hagelin ha proposto che il ‘modello Supersimmetrico SU(5)’, una teoria campione unificata da lui sviluppata, corrisponderebbe a quello che Maharishi Mahesh Yogi ha definito come “Campo di coscienza unificato”. Questa interpretazione è stata apertamente respinta da altri fisici, rivelando una divisione tra le interpretazioni tradizionali della fisica e le proposte che cercano di integrare elementi di spiritualità e coscienza. Di seguito, una intervista con Hagelin ci offre ulteriori spiegazioni sulle sue tesi. Ci troviamo di fronte alla possibilità di dover riconsiderare e, forse, rivoluzionare le nostre stesse credenze in futuro. Questo solleva una questione fondamentale: possiamo credere che Hagelin abbia ragione, e saremo pronti a stravolgere anche le nostre convinzioni a fronte di nuove evidenze?
 http://www.hagelin.org/

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