L’hype prevale sulla comprensione, il fattore nascosto dietro le perdite in borsa
Negli ultimi giorni, con l’annuncio dell’introduzione di un nuovo modello di intelligenza artificiale sviluppato dalla start-up cinese DeepSeek AI, i mercati finanziari hanno vissuto momenti di forte agitazione. Il valore di molte grandi aziende tecnologiche ha subito cali improvvisi, spingendo analisti e investitori a interrogarsi sulle implicazioni di questa innovazione. Tuttavia, al di là delle speculazioni sui progressi tecnologici, c’è un altro fattore che raramente viene preso in considerazione: il digital divide culturale degli investitori.
L’intelligenza artificiale è ormai uno dei pilastri della rivoluzione digitale, con applicazioni che spaziano dalla ricerca scientifica alla comunicazione, fino alla creazione artistica. Ma la sua crescente complessità e specializzazione mettono in luce un problema più profondo: la difficoltà di comprendere realmente cosa rappresentano queste tecnologie e come si differenziano tra loro. Questo divario di conoscenza, sebbene meno tangibile rispetto a quello infrastrutturale, può avere conseguenze concrete, come dimostrato dall’andamento volatile dei mercati.
Il crollo delle azioni tra Hype e incomprensioni
L’annuncio di DeepSeek AI ha scatenato una reazione quasi istintiva tra gli investitori, portando a un’ondata di vendite e alla perdita di valore di numerose aziende del settore tecnologico. Questo movimento non è stato guidato da un’analisi approfondita delle caratteristiche del nuovo modello, né da dati oggettivi sulla sua effettiva competitività rispetto alle soluzioni esistenti. Piuttosto, è stato il risultato di una reazione emotiva amplificata dal clamore mediatico e dalla paura che DeepSeek AI potesse rappresentare una minaccia diretta ai colossi come OpenAI.
Questo comportamento riflette una visione distorta dell’intelligenza artificiale, vista troppo spesso come un’entità monolitica e indistinta.
La realtà, invece, è ben diversa: ogni sistema di intelligenza artificiale è progettato con obiettivi specifici e caratteristiche uniche. Non esiste un’unica AI che possa fare tutto, né ogni innovazione nel campo rappresenta una rivoluzione che spazza via ciò che è venuto prima.
Tuttavia, questa mancanza di consapevolezza ha portato a generalizzazioni pericolose, alimentando sia aspettative irrealistiche che timori eccessivi.
Il ruolo dell’Hype e della percezione distorta
La psicologia degli investitori gioca un ruolo cruciale in questi fenomeni di volatilità. Gli studi sulle bolle speculative mostrano come l’effetto gregario (herding behavior) porti gli investitori a seguire la tendenza del momento, spesso senza comprendere i dettagli della tecnologia o della sua reale applicabilità. Questo effetto è amplificato dai media finanziari, che contribuiscono a generare e diffondere hype.
Il fenomeno DeepSeek AI non è un caso isolato. Durante la bolla delle dot-com negli anni ’90, gli investitori credevano che qualsiasi azienda con un sito web fosse destinata al successo. Oggi, molti pensano che qualsiasi nuova AI possa rivoluzionare il settore e sconvolgere i leader di mercato. L’errore di fondo è lo stesso: un entusiasmo ingiustificato, alimentato da una narrazione semplificata che ignora la complessità tecnologica e i reali modelli di business.
La retorica del rischi, come viene manipolata la percezione
La percezione del rischio è modellata dal linguaggio dei media e dagli analisti finanziari. L’uso di termini come “rivoluzione”, “minaccia” o “game-changer” influisce sulla reazione degli investitori, portandoli a valutazioni irrazionali. Il concetto di “rischio invisibile” descritto negli studi sulla retorica mostra come le persone tendano a temere minacce vaghe e non quantificabili, piuttosto che basarsi su dati concreti.
Anche il concetto di “rassicurazione narrativa” è fondamentale: dopo ogni crollo, gli stessi media e analisti che hanno alimentato l’hype trovano nuove giustificazioni per spiegare gli eventi, senza riconoscere il loro ruolo nel generare instabilità.
Questo ciclo si ripete costantemente, dimostrando come la narrazione pubblica influenzi le decisioni di investimento in modo più profondo della realtà economica o della verità dei fatti.
Un’evoluzione, non una rivoluzione
Per comprendere meglio il fenomeno DeepSeek AI, è utile chiarire cosa lo rende diverso dagli altri modelli esistenti. Sebbene condivida con ChatGPT la stessa architettura Transformer, la sua specializzazione è ben distinta.
ChatGPT è pensato per generare testi in modo fluido e articolato, risultando utile in conversazioni generaliste, scrittura creativa e assistenza virtuale.
DeepSeek AI, invece, è ottimizzato per il recupero mirato di informazioni, risultando particolarmente efficace in ambiti come l’analisi scientifica, la finanza e la gestione di database di grandi dimensioni.
Ciò che lo distingue non è solo la destinazione d’uso, ma anche alcune innovazioni strutturali che ne migliorano l’efficienza e ne riducono i costi operativi. L’adozione di tecnologie come il Mixture-of-Experts (MoE) e il Multi-head Latent Attention (MLA) permette al modello di essere più veloce e meno dispendioso in termini di calcolo.
Inoltre, il suo processo di addestramento, che ha richiesto solo 55 giorni e circa 5,58 milioni di dollari, rappresenta un’ottimizzazione significativa rispetto ai costi dei suoi diretti concorrenti.
Tuttavia, questi dettagli tecnici, fondamentali per comprendere la reale portata dell’innovazione, spesso sfuggono agli investitori meno preparati, che tendono a reagire in modo impulsivo piuttosto che basarsi su analisi informate.
La necessità di una maggiore alfabetizzazione tecnologica
Il caso DeepSeek AI dimostra ancora una volta quanto sia urgente colmare il divario culturale che separa il mondo della finanza da quello della tecnologia. Senza una comprensione adeguata delle innovazioni che guidano il settore, gli investitori continueranno a essere vulnerabili a ondate di entusiasmo e panico, con conseguenze potenzialmente disastrose per i mercati.
Divulgare e rendere accessibili le informazioni sulle nuove tecnologie non è solo un’esigenza accademica, ma una necessità economica. Senza una maggiore alfabetizzazione tecnologica, continueremo a vedere valutazioni gonfiate seguite da crolli improvvisi, creando instabilità in un settore che ha invece bisogno di visione strategica e investimenti informati.
La tecnologia è il motore del progresso, ma per guidarla servono conoscenza, analisi e una sana dose di razionalità. Solo così potremo evitare di cadere nelle stesse trappole, ancora e ancora.
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