Se con Umanesimo & Tecnologia avevo “acceso il radar” sulla frattura tra pensiero analogico e cultura digitale, con Rebel Alliance Empowering ho provato a fare la cosa più difficile: trasformare quelle intuizioni in un modello di impresa reale, capace di stare sul mercato e, allo stesso tempo, di fare ricerca applicata.
In altre parole: dopo il laboratorio universitario, è arrivata la bottega che lavora sull’Industria dei Contenuti.
Dall’intuizione accademica al modello di impresa olonica
Se guardo indietro, il modello di Rebel Alliance Empowering non nasce da un colpo di genio improvviso, ma da circa dieci anni di sedimentazione fra teoria e pratica.
Il filo parte da:
- il programma Umanesimo & Tecnologia all’Orientale (dal 1995);
- il laboratorio Hypgnosys, dove umanisti e tecnologi cominciano a confrontarsi davvero sui nuovi linguaggi digitali;
- il progetto L.I.N.K.E.D. (Learning and Information Network for Knowledge Enhancement and Development), presentato in Europa nel 1997, che già immagina una rete per l’empowerment delle conoscenze.
Nel laboratorio Hypgnosys questa intuizione comincia a farsi carne attraverso una coppia complementare molto precisa: da una parte la mia regia umanistica e manageriale, la parte teorica, strategica, di lettura dei processi, dall’altra il lavoro di un giovane artista digitale, John Attard, che si forma lì dentro come sperimentatore tecnologico e operatore sul campo.
Io ero, in sostanza, il teorico del modello; lui, il pratico che lo stressava dentro i software, nei flussi di produzione, nelle immagini.
A cavallo degli anni Duemila, da questa dialettica nasce la prima vera sperimentazione pilota di quello che poi diventerà il paradigma Rebel Alliance: Avtoma.
Avtoma è il nome di una piccola alleanza operativa che prova ad applicare in concreto quegli stessi principi. Il banco di prova iniziale non è accademico, è industriale, che si avvia con l’incarico di Attard a Milano – in Chinatown, uno studio digitale – che ottiene da Euphon (al tempo, produttore indipendente italiano) le risorse necessarie per sperimentare la messa in rete di competenze collocate in città diverse, dove erano localizzate le diverse competenze strategiche necessarie all’avvio della start-up.
L’asse di lavoro si allunga subito tra Montréal per lo sviluppo software/Milano per la produzione digitale/Los Angeles per il marketing sul mercato locale.
È lì che si verifica se l’idea di “impresa in rete” regge davvero quando ci sono tempi, budget, clienti e commesse reali.
Avtoma, di fatto, funziona come una start-up distribuita:
- la produzione è distribuita, ma tenuta insieme da una regia unica;
- i team sono già ibridi: umanisti e tecnologi lavorano sullo stesso progetto, non in filiere separate;
- il digitale non è solo l’attrezzo di lavoro, ma diventa infrastruttura organizzativa, il modo stesso in cui il lavoro si coordina;
- la logica non è quella della grande struttura capitalizzata, ma del “fare impresa in rete” con pochi capitali economici e molto capitale cognitivo e relazionale.
In quel momento il nome “Rebel Alliance Empowering” ancora non esiste, ma il suo DNA sì.
Quando, qualche anno dopo, formalizzo il programma e il modello di impresa, non faccio altro che mettere un nome a un percorso già in atto, che ha sperimentato minacce e opportunità.
L’idea di fondo è chiara: re-ingegnerizzare i processi di produzione dei contenuti per poter competere in modo efficiente anche senza i capitali delle major, usando invece:
- reti di competenze al posto delle strutture monolitiche;
- un’organizzazione olonica, fatta di nodi autonomi ma coordinati;
- il marketing strategico come funzione “facilitator” e antenna di sistema sui mercati;
- e una visione di tipo Oceano Blu, che non accetta i confini dati del mercato ma prova a ridisegnarli.
Rebel Alliance Empowering, in questo senso, non è un salto nel vuoto: è il punto in cui il lungo ciclo Umanesimo & Tecnologia → Hypgnosys → L.I.N.K.E.D. → Avtoma
si cristallizza in un modello di impresa consapevole, pronto a misurarsi con l’Industria dei Contenuti prima, e molti anni dopo con l’innovazione sociale e la progettazione circolare che stanno alla base del nostro futuro Centro Studi.
A conferma di questo, il modello esce anche dall’ambito puramente professionale ed entra in quello accademico: viene assunto come case history in diverse tesi universitarie.
Alla Bocconi viene analizzato all’interno di un lavoro su lean start-up e business model canvas;
alla Federico II di Napoli diventa oggetto di una tesi sulle nuove forme di comunicazione del brand, sul marketing esperienziale e sull’advertainment.
Non è solo “una storia di impresa”: è un paradigma organizzativo e strategico abbastanza solido da diventare materiale di studio per chi si occupa di management, comunicazione e innovazione.
Un programma, non solo un’azienda
Rebel Alliance Empowering nasce innanzitutto come programma, prima ancora che come azienda: un programma per costruire una rete internazionale di competenze umanistiche e skill tecnologiche, connessa in un progetto interdisciplinare, capace di sviluppare nuove forme di business nell’industria dei contenuti.
L’obiettivo non è semplicemente “aprire una società” in senso tradizionale, ma costruire un sistema intelligente a rete olonica: un’architettura che metta in connessione umanisti e tecnologi, creativi e tecnici, consulenti e produttori, facendo dell’impresa un hub di pensiero per la produzione di contenuti prima ancora che una struttura gerarchica.
Da questo impianto concettuale nasce poi il lato operativo:
Rebel Alliance International Network (RAIN), una virtual company che lavora a livello internazionale nella creative content industry, fornendo:
- consulenza e produzione per cinema digitale, TV, live entertainment e media digitali;
- visual e special effects, CGI;
- format transmediali e contenuti immersivi;
- ricerca e sviluppo su nuovi media, piattaforme e modelli di fruizione.
RAIN è, in pratica, il braccio operativo di Rebel Alliance Empowering: il luogo dove idee come network, olocrazia, open innovation, Oceano Blu vengono messe alla prova con clienti veri, budget veri, concorrenza vera.
Una rete olonica, glocale, orientata all’Oceano Blu
Rebel Alliance Empowering prende forma come Sistema Intelligente a Rete Olonica:
- fatto di oloni: imprese, professionisti, artisti, consulenti autonomi ma interconnessi;
- organizzato per solution-area, che presidiano competenze e segmenti specifici (VFX, eventi, brand entertainment, R&D e auto-formazione, ecc.);
- coordinato da un livello di marketing strategico che legge i segnali deboli del mercato e li traduce in progetti.
Questa struttura serve a tre scopi:
- Aggregare rapidamente competenze diverse attorno a un progetto (film, installazione, evento, format);
- Intercettare opportunità latenti nei mercati tradizionali e in quelli emergenti;
- Competere con costi sostenibili anche su mercati maturi e difficili, come Hollywood o il Medio Oriente.
Da qui la scelta consapevole di una strategia Oceano Blu: invece di fare l’ennesima società di produzione tradizionale, Rebel Alliance:
- attraversa contemporaneamente advertising, entertainment, arte, cultura, ricerca & formazione;
- propone format di brand entertainment e advertainment all’estero, quando nel mercato italiano questi concetti sono ancora quasi sconosciuti;
- si posiziona in uno spazio ibrido, dove i confini di mercato vengono ridisegnati, invece che subiti.
A questa visione corrisponde un’organizzazione glocale di hubwork: Napoli, Roma, Milano, poi Los Angeles, Abu Dhabi, Rio de Janeiro, con puntate a Nairobi e prospettive su Sofia e Leopoli.
Ogni hub presidia un territorio strategico, ma pensa e agisce in raccordo con una regia globale.
Quando il modello dimostra di funzionare
tra Hollywood e gli Emirati promuovendo “frigoriferi agli eschimesi”
L’efficacia del modello Rebel Alliance Empowering non si misura solo sulla sua eleganza teorica, ma sul fatto che ha retto alla prova dei contesti più difficili. Proprio perché è pensato come sistema intelligente, flessibile, olonico, il modello si è rivelato applicabile in molteplici campi: dall’advertainment al brand entertainment, dalla comunicazione di marketing alla produzione audiovisiva, fino ai progetti più sperimentali tra arte digitale, realtà immersiva e nuovi media.
La trasformazione digitale, invece di essere una minaccia, è diventata l’ambiente naturale in cui questo paradigma poteva lavorare in mercati diversi, adattando formati e linguaggi ma mantenendo invariata la logica di fondo.
La prova del nove è arrivata proprio dove, in teoria, “non avremmo avuto speranze”: aprire una sede nella patria del cinema, Hollywood, e competere sullo stesso terreno del gotha mondiale delle società di VFX con un investimento iniziale minimo, facendo leva più sul capitale di competenze e sul modello organizzativo che sui capitali finanziari.
È quell’operazione che, con un po’ di ironia, si potrebbe riassumere nel classico “vendere frigoriferi agli eschimesi”: presentarsi da outsider in un mercato saturo, iper-competitivo, e riuscire comunque a trovare spazio perché il mix di qualità, flessibilità e innovazione è credibile.
Allo stesso modo, il modello Rebel Alliance è stato riconosciuto e ingaggiato in contesti che cercano e premiano l’innovazione, come gli Emirati Arabi, dove la domanda di nuovi linguaggi, esperienze immersive e contenuti ad alto tasso tecnologico è strutturale.
Se riesci ad entrare e competere in ecosistemi come Los Angeles o Abu Dhabi e Dubai, non è perché sei “simpatetico”, ma perché il tuo modo di lavorare è in grado di rispondere, in modo competitivo, alle esigenze di sistemi che vivono di sperimentazione continua.
È lì che capisci che il modello non è solo una buona idea, ma un’architettura operativa che funziona e che può essere trasferita – con gli opportuni adattamenti – anche in altri ambiti: dall’innovazione sociale, alla sicurezza partecipata, perfino al militare.
Umanisti + tecnologi, riducendo il digital divide culturale dall’interno
Un elemento chiave del modello è la volontà esplicita di ridurre il digital divide culturale tra:
- chi viene da formazione umanistica (sociologia, antropologia, comunicazione, arte);
- e chi viene da formazione tecnologica (CGI & computer vision, software, sistemi, ingegneria).
La trasformazione digitale, infatti, non è solo una questione di “tool”, ma di immaginario, linguaggi, sistemi di senso.
Per questo:
- ogni membro del sistema ha due dimensioni:
– la skill con cui lavora nel proprio mercato “di origine” (fuori dal Sistema);
– la conoscenza che porta dentro Rebel Alliance, dove diventa tassello di una solution-area; - umanisti e tecnologi vengono messi in dialogo continuo – e, non raramente, anche conflittuale – per generare nuovi linguaggi, nuovi format, nuovi modi di usare le tecnologie travasando le soluzioni tra diversi ambiti.
Da qui nascono:
- l’advertainment, come fusione di advertising ed entertainment;
- il lavoro sul brand entertainment e sul marketing esperienziale nell’experience design e nel phygital;
- format come “La Cultura sviluppa il tuo Business… ArtExperience”, dove arte, antropologia culturale e marketing dialogano davvero, non solo a parole.
Il synthespian, Cazuza e la questione delle emozioni reali
Uno dei passaggi simbolicamente più forti di questo percorso, continuamente sperimentale dopo l’esperienza esperita nel tour mondiale Aussi-Pink Floyd , è il progetto #VoltaCazuza in Brasile: la ricostruzione olografica di Cazuza, rock star morta da oltre vent’anni, riportata sul palco come synthespian olografico in un concerto live.
Qui si incrociano:
- ricerca tecnologica (Pepper’s Ghost evoluto, CGI, regia live);
- marketing esperienziale e brand entertainment;
- e una domanda profondamente umanistica:
come può un’illusione tecnologica generare emozioni autentiche in chi guarda?
Il pubblico sa che quello sul palco è un artista virtuale. Eppure piange, canta, si commuove davvero.
È esattamente il tipo di cortocircuito – un’esperienza disegnata tra percezione, identità, memoria, lutto, spettacolo – che era al centro delle riflessioni di Umanesimo & Tecnologia… e che qui diventa case history concreta, con effetti misurabili per brand, sponsor, media.
Non è un “giocattolo digitale”: è materiale di ricerca su:
- come cambiano i confini tra reale e virtuale;
- come si riconfigura il patto tra pubblico, artista e marca;
- come l’Industria dei Contenuti diventa laboratorio di nuove forme di comunicazione sociale e politica.
Olocrazia, nuove forme di brand communication e antropologia d’impresa
Su questo impianto si innestano altre dimensioni:
- la riflessione sull’olocrazia e i sistemi olonici come nuovi paradigmi organizzativi;
- le nuove forme di comunicazione del brand, in cui l’advertainment non è un trucco creativo ma un modo diverso di costruire relazione;
- l’uso della business anthropology per leggere mercati complessi, pubblici ibridi, comunità in trasformazione.
Rebel Alliance, in questo quadro, non è solo un fornitore di servizi, né solo un’agenzia di comunicazione o una casa di produzione: è una piattaforma di sperimentazione dove:
- si testano nuovi format;
- si ridefiniscono i confini tra spazi culturali e spazi commerciali;
- si usano linguaggi dell’arte per fare marketing… e linguaggi del marketing per sostenere cultura e ricerca.
Il dilemma dell’innovatore (e il ponte verso il Centro Studi)
Tutto questo ha avuto un costo:
essere quasi sempre in anticipo, soprattutto rispetto alla capacità del mercato italiano di comprendere certi modelli.
Da qui nasce, molti anni dopo, la mia riflessione sul dilemma dell’innovatore e del changemaker: la condizione di chi prova a introdurre un paradigma nuovo dentro sistemi che, strutturalmente, tendono a difendersi dal cambiamento.
Rebel Alliance Empowering ha vissuto esattamente in questa frattura:
- abbastanza strutturata per lavorare a progetti di alto profilo (vincitore di David di Donatello, ingaggio di governi del Golfo, grandi progetti culturali);
- ma troppo sperimentale per essere tranquillamente catalogata nelle griglie rassicuranti del mercato italiano tradizionale.
Ed è proprio per questo che oggi, quando parlo di Centro Studi, non sto inventando qualcosa da zero, ma sto costruendo il naturale epilogo di questo percorso:
- l’idea di sistema olonico torna nel modo in cui immagino una rete di APS, ETS, Nuclei di Protezione Civile, università, enti locali;
- l’esperienza di advertainment e brand entertainment diventa competenza chiave per la comunicazione del rischio, la cultura della sicurezza, l’educazione civica;
- il lavoro su Umanesimo & Tecnologia e sulla business anthropology rientra nelle riflessioni su società, vulnerabilità, digital divide culturale;
- la visione oceano blu e l’esperienza glocale maturata in RAIN diventano base per ragionare su hub territoriali, progetti pilota e replicabilità internazionale.
Tutto ciò che ho sperimentato con Rebel Alliance Empowering è, in fondo, la fase applicativa di un paradigma che ora si prepara a entrare in una nuova scena: quella del Centro Studi APS/ETS Carabinieri – Difesa Civile 4.0.
Gli stessi principi non verranno più utilizzati solo nell’Industria dei Contenuti, ma saranno orientati anche alla proposta di soluzioni tecnologiche per la Difesa e la Protezione Civile, alla cooperazione civile–militare (CIMIC) nella prospettiva della difesa non armata e alla declinazione del concetto di dual use per competenze e tecnologie, fino alla comunicazione del rischio e alla progettazione circolare per l’innovazione sociale sul territorio.
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Questo sarà l’argomento della terza parte.
Qui la prima parte: Umanesimo & Tecnologia
Riflessioni sul tema:
Digital Divide Culturale
Industria dei Contenuti
Management
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