L’accondiscendenza che ignora gli allarmi, la critica di Michel Desmurget sulla tecnologia digitale
Michel Desmurget, nel suo libro Il Cretino Digitale, si concentra sul ruolo negativo giocato da molti esperti e media nel diffondere una visione troppo ottimistica dell’impatto della tecnologia digitale sui giovani. L’autore critica duramente quella che definisce la visione dorata, sostenuta da divulgatori e figure autorevoli, che descrive i nativi digitali come una generazione dotata di capacità cognitive superiori, grazie all’uso intensivo di smartphone, tablet e computer. Secondo questa narrativa, i giovani cresciuti con la tecnologia possiederebbero abilità avanzate, come una maggiore velocità mentale, il multitasking, la capacità di apprendere meglio e di gestire complessi flussi di informazioni. Tuttavia, Desmurget smonta questa idea, affermando che si tratta di una mistificazione non supportata da evidenze scientifiche solide.

Questa narrativa, alimentata da sedicenti esperti e divulgatori non sempre qualificati, sostiene che l’uso della tecnologia fin dall’infanzia porti a una nuova forma di intelligenza più veloce, multitasking e capace di affrontare complessi flussi di informazioni in parallelo. Secondo questa visione, i giovani di oggi, grazie alla loro esposizione precoce alle tecnologie, svilupperebbero competenze cognitive avanzate, una maggiore creatività, capacità di apprendimento migliorate e una più alta predisposizione al lavoro collaborativo.
Tuttavia, Desmurget smonta sistematicamente queste affermazioni, denunciando la superficialità e la mancanza di basi scientifiche solide che le sostengano. L’autore sostiene che gran parte di queste idee sono state diffuse senza un’attenta valutazione critica, spesso da professionisti che non sono realmente esperti nel campo o che, peggio, hanno interessi economici legati all’industria tecnologica.
Tre punti principali di critica
- Assenza di prove scientifiche solide
Desmurget dimostra che molte delle affermazioni sulla presunta superiorità cognitiva dei nativi digitali non sono supportate da dati scientifici robusti. Numerosi studi smentiscono l’idea che i giovani abbiano sviluppato una maggiore capacità di sintesi, concentrazione o analisi critica grazie all’uso delle tecnologie digitali. Al contrario, le ricerche indicano che l’abuso di schermi porta a una frammentazione dell’attenzione, una riduzione delle abilità linguistiche e della memoria, con effetti negativi anche sul rendimento scolastico. - Mito del multitasking e della velocità
Una delle promesse più diffuse è che i giovani di oggi siano maestri del multitasking, capaci di gestire contemporaneamente diverse attività e di elaborare rapidamente molte informazioni. Desmurget critica duramente questa idea, evidenziando come il multitasking sia in realtà inefficace e porti a una riduzione della qualità dell’apprendimento e della produttività. I giovani non sono più rapidi o efficaci nel processare informazioni, ma piuttosto sviluppano una superficialità nel loro approccio alle informazioni stesse. - L’incompetenza tecnica dei “nativi digitali”
Contrariamente all’idea che i nativi digitali siano intrinsecamente più competenti nell’uso della tecnologia, Desmurget mostra come, al di là dell’uso ludico, la maggior parte dei giovani dimostri una notevole incompetenza tecnica. Molti adolescenti non sanno svolgere operazioni basilari, come configurare la sicurezza dei propri dispositivi o utilizzare strumenti di produttività come i fogli di calcolo. Ciò smonta l’idea che abbiano una naturale dimestichezza con la tecnologia, suggerendo invece che il loro rapporto con la tecnologia è spesso superficiale e limitato a usi passivi o di intrattenimento.
Divulgatori e media
Desmurget punta il dito anche contro i media e gli esperti che hanno contribuito a diffondere questa immagine idilliaca. Spesso si tratta di persone che, pur avendo titoli accademici in settori non direttamente collegati (come psicologi o sociologi), parlano con autorevolezza senza basarsi su evidenze scientifiche attendibili. Questo ha portato a una diffusione di idee che non solo sono infondate, ma anche pericolose, in quanto legittimano un uso smodato della tecnologia da parte delle nuove generazioni, senza che vi sia una consapevolezza dei rischi che comporta.
Gli esperti accondiscendenti e la narrazione fuorviante
Desmurget denuncia il fatto che molte figure autorevoli — medici, psicologi, sociologi e persino giornalisti — hanno contribuito a diffondere una visione distorta e non verificata scientificamente delle tecnologie digitali. Questi esperti, definiti accondiscendenti dall’autore, parlano spesso con autorità e convinzione, nonostante non abbiano competenze specifiche nel campo delle neuroscienze o nello studio del comportamento cognitivo legato alla tecnologia. Molti di loro alimentano la falsa credenza che l’uso massiccio della tecnologia porti benefici cognitivi, ignorando o minimizzando deliberatamente i rischi che la ricerca scientifica ha già dimostrato.
Il problema è che tali figure hanno un accesso privilegiato ai media e influenzano il dibattito pubblico, portando a una diffusione acritica di un messaggio rassicurante, ma pericoloso. Il pubblico, compresi i genitori, è portato a credere che l’uso delle tecnologie sia innocuo, se non addirittura benefico, per lo sviluppo intellettuale dei propri figli. Questo atteggiamento crea un pericoloso divario tra le percezioni comuni e ciò che la ricerca effettivamente mostra.
Il digital divide culturale non affligge solo gli immigrati digitali
Desmurget va oltre l’analisi tradizionale del digital divide, mostrando come la questione non riguardi solo gli immigrati digitali – coloro che si sono avvicinati alla tecnologia in età adulta – ma coinvolga anche i nativi digitali. La sua analisi mette in luce che, sebbene i giovani abbiano accesso illimitato ai dispositivi digitali e sembri che ne facciano un uso avanzato, in realtà molte delle loro competenze tecnologiche sono superficiali.
Il digital divide culturale, secondo Desmurget, non è solo una questione di accesso alla tecnologia, ma di come questa viene utilizzata e compresa. I nativi digitali spesso mancano delle capacità critiche e tecniche necessarie per sfruttare appieno il potenziale della tecnologia. Molti giovani si limitano a un uso passivo e ludico delle tecnologie, senza sviluppare competenze pratiche o produttive che li rendano realmente preparati per il futuro.
Anche i giovani, quindi, soffrono di una forma di digital divide culturale, nonostante siano immersi nelle tecnologie fin dalla nascita. Questo fenomeno dimostra che la digitalizzazione della società non sta automaticamente colmando il divario culturale tra chi è in grado di usare le tecnologie in modo creativo e produttivo e chi invece le usa in modo passivo. Desmurget sottolinea che, senza un’educazione digitale adeguata e un’alfabetizzazione critica, il digital divide rischia di allargarsi ulteriormente, coinvolgendo anche le generazioni apparentemente più “tecnologiche”.
Il CRETINO DIGITALE è ormai un problema sociale in rapida crescita. L’abuso di dispositivi digitali tra i giovani sta compromettendo lo sviluppo cognitivo, emozionale e fisico delle nuove generazioni. Questo fenomeno non è più soltanto una questione tecnologica, ma un vero e proprio allarme sociale che dovrebbe essere divulgato con urgenza a tutti i genitori.
Michel Desmurget è un neuroscienziato e autore francese noto per i suoi studi sugli effetti negativi della tecnologia digitale, in particolare sull’uso eccessivo di dispositivi come smartphone, tablet e computer da parte delle nuove generazioni. Laureato in neuroscienze, ha conseguito un dottorato presso l’Università di Lione e ha svolto ricerche presso istituzioni prestigiose come il MIT e l’INSERM (Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale). Desmurget ha pubblicato numerosi articoli scientifici e libri divulgativi, nei quali analizza criticamente l’impatto delle nuove tecnologie sull’intelligenza e sullo sviluppo cognitivo. Il suo libro più noto, Il Cretino Digitale (2019) qui recensito, denuncia l’abuso delle tecnologie digitali tra i giovani e i suoi effetti devastanti sulla salute mentale, fisica e intellettuale. In quest’opera, Desmurget smonta i miti dei nativi digitali e critica l’eccessiva indulgenza della società verso l’uso smodato degli schermi, presentando invece dati scientifici che mettono in luce i rischi legati a questo fenomeno. Il suo lavoro si concentra principalmente sull’importanza di un’educazione digitale consapevole e sulla necessità di limitare l’esposizione dei più giovani ai dispositivi tecnologici per evitare danni a lungo termine. Desmurget è considerato una delle voci più autorevoli nel dibattito sull’impatto della tecnologia sulle nuove generazioni.
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