Molto forte, incredibilmente vicino

In una New York ancora ferita dall’11 settembre, un ragazzino di nove anni, Oskar Schell, vaga per la città con un tamburello a tracolla e un cuore carico di domande. “Molto forte, incredibilmente vicino” di Jonathan Safran Foer è una storia che non si limita a raccontare il dolore: lo abbraccia, lo amplifica, e lo lascia risuonare tra le pagine, proprio come i pensieri incessanti di Oskar.

Il padre di Oskar, Thomas Schell, era un uomo che amava le sfide e i giochi di enigmi, e per Oskar, lui rappresentava il centro del proprio universo. Quando Thomas muore durante l’attentato alle Torri Gemelle, il mondo di Oskar si sgretola. Un giorno, rovistando nell’armadio del padre, Oskar trova una misteriosa chiave all’interno di un vaso. Non c’è alcun indizio, solo la parola “Black” scritta sulla busta che custodisce la chiave. Così ha inizio la sua odissea.

La chiave diventa per Oskar il simbolo di una connessione con il padre, un ultimo legame che potrebbe portarlo a scoprire qualcosa di più su chi era quell’uomo straordinario che tanto ammirava. Incontra persone di ogni genere durante la sua ricerca, ognuna con una storia da raccontare, ognuna con una ferita nascosta. Ed è proprio qui che il romanzo trova la sua forza più autentica: nella rappresentazione della vulnerabilità umana.

Attraverso gli occhi di Oskar, Foer ci porta a riflettere sul lutto e sul modo in cui affrontiamo la perdita. Oskar è un bambino, ma il suo dolore è così vasto e complesso da sembrare senza età. Le domande che si pone non hanno risposte semplici, proprio come quelle che ci perseguitano quando ci troviamo di fronte all’incomprensibile.

Il romanzo non si limita a seguire la prospettiva di Oskar. Con una narrazione che si snoda tra le voci della nonna e di un nonno assente, Foer intreccia storie di generazioni, mostrando come il dolore si tramandi e si trasformi. La storia del nonno, che ha smesso di parlare dopo aver perso la sua amata durante il bombardamento di Dresda, riflette un dolore che si accumula come un eco nel tempo.

“Molto forte, incredibilmente vicino” non è solo una storia di lutto, è un inno all’amore che sopravvive, anche quando chi amiamo non c’è più. Oskar non cerca solo risposte, cerca di mantenere vivo il ricordo del padre. La sua avventura diventa una metafora del modo in cui ognuno di noi, in un modo o nell’altro, affronta le perdite: attraverso la memoria, i ricordi e la volontà di dare un senso all’assenza. È anche un monito per chi all’improvviso può perdere un suo caro senza avere l’occasione di un ultimo saluto.

Il romanzo di Foer è straordinario non solo per la storia che racconta, ma per il modo in cui la racconta. Le pagine sono impreziosite da fotografie, disegni e giochi tipografici che trasformano la lettura in un’esperienza visiva e sensoriale.

Nel 2011, il romanzo è stato adattato in un film omonimo diretto da Stephen Daldry e interpretato da Tom Hanks, Sandra Bullock e Thomas Horn. La trasposizione cinematografica è stata nominata agli Oscar per il Miglior Film e per la Migliore Interpretazione di un Attore Non Protagonista: Max von Sydow, confermando la potenza emotiva e universale della storia.

“Molto forte, incredibilmente vicino” è una storia che resta con il lettore e lo spettatore a lungo, proprio come un ricordo caro che non vogliamo lasciar andare. È la prova che, anche di fronte alle tragedie più grandi, possiamo trovare un modo per restare incredibilmente vicini a chi abbiamo amato.


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