Cretino Digitale (parte2)
Nell’era digitale, siamo continuamente esposti a informazioni e stimoli, convinti di poter gestire più attività contemporaneamente: rispondere a e-mail, scorrere i social media, ascoltare musica, magari persino partecipare a una riunione virtuale. Tuttavia, le neuscienze ci spiegano che il multitasking umano, specialmente per compiti complessi, non è efficiente come crediamo.
Il mito del Multitasking
Il termine “multitasking” proviene dall’informatica, dove un computer può gestire più processi contemporaneamente grazie alla distribuzione rapida delle risorse. Gli esseri umani, però, non sono “cablati” per operare allo stesso modo. Quando cerchiamo di fare multitasking, il nostro cervello esegue in realtà un task-switching, passando rapidamente da un compito all’altro, con conseguenti perdite di concentrazione ed efficienza.
I costi cognitivi del Multitasking
Le neuroscienze rivelano che ogni volta che cambiamo attività paghiamo un costo di transizione cognitivo. Ogni interruzione richiede tempo per ripristinare la concentrazione, riducendo la qualità del lavoro. Studi (Rubinstein, Meyer, Evans, 2001) mostrano che il multitasking rallenta le prestazioni e aumenta gli errori, specialmente nei compiti che richiedono attenzione e analisi. Inoltre, il multitasking prolungato può generare ansia e sovraccarico mentale, mettendo il cervello sotto una pressione costante che riduce la capacità di pensare criticamente e creativamente.
Il Multitasking e la superficialità digitale
Il concetto di “Cretino Digitale,” esplorato nell’articolo precedente, trova qui una connessione. L’uso superficiale della tecnologia e le continue interruzioni ci portano a diventare “utilizzati” dalla tecnologia, anziché utilizzarla consapevolmente. Il multitasking non solo riduce la produttività, ma alimenta un approccio superficiale, in cui si sacrifica la profondità per la velocità.
L’illusione di connessione continua
La diffusione dei dispositivi mobili ci ha dato un’illusione di connessione continua e di accessibilità immediata, alimentando la convinzione di dover rispondere a ogni notifica, email o messaggio istantaneamente. Questa frammentazione dell’attenzione riduce la nostra capacità di concentrarci su compiti complessi. Allenarsi alla consapevolezza digitale e gestire le distrazioni diventa essenziale per recuperare autonomia e sfuggire alla trappola del multitasking.
Il Task-Switching e i suoi costi
Il task-switching è il processo cognitivo di passaggio tra attività: il cervello interrompe un compito, riattiva le informazioni per il nuovo compito e subisce un costo di transizione che riduce temporaneamente l’efficienza. Questo processo rallenta la produttività e influisce negativamente sulla precisione del lavoro:
- Tempo di Transizione
Ogni passaggio comporta un ritardo che, sommato, incide sulla produttività complessiva - Residuo di Compito
Le tracce del compito precedente interferiscono con il nuovo, aumentando il rischio di errori - Sovraccarico Cognitivo
Passare continuamente tra attività richiede attenzione e memoria di lavoro, portando a stanchezza mentale
Task-Switching nei multitasker intensi
Negli Heavy Media Multitaskers (HMMs), il task-switching è meno efficiente, poiché tendono a mantenere attivi più set di informazioni.
Questo porta a
- Inibizione debole dei set irrilevanti
Gli HMMs faticano a ignorare dettagli superflui del compito precedente, rallentando il passaggio al nuovo. - Interferenza e Disattenzione
Sono più sensibili a stimoli esterni, attivando il task-switching forzato ogni volta che qualcosa cattura la loro attenzione.
Possibili soluzioni per migliorare il Task-Switching
Per limitare i costi cognitivi del task-switching e migliorare la qualità del lavoro, alcune strategie utili potrebbero essere:
- Blocchi di Tempo
Dedicare intervalli a un solo compito riduce la necessità di task-switching. - Pause di “Reset”
Brevi pause tra attività eliminano il “residuo di compito” e favoriscono il riadattamento - Mindfulness
Allenarsi a focalizzarsi riduce la necessità di rispondere a ogni stimolo esterno, migliorando il focus
Effetti a lungo termine e il rischio della superficialità
Il multitasking cronico può avere effetti duraturi sul cervello.
Gli studi indicano che chi pratica frequentemente multitasking è meno capace di filtrare le distrazioni e di concentrarsi su un singolo compito
Con il tempo, si possono sviluppare abitudini cognitive che favoriscono un pensiero dispersivo e frammentato, con impatti sulla capacità di concentrazione e riflessione critica.
Uno studio di Ophir, Nass, e Wagner (2009) mostra che i media multitasker frequenti hanno una capacità ridotta di focalizzarsi su compiti prolungati, mentre diventano più suscettibili alle distrazioni, perdendo abilità nella gestione delle informazioni rilevanti.
In sintesi,
il cosiddetto multitasking (umano) sembra essere una sfida alle risorse cognitive di un individuo, non un miglioramento delle sue capacità

Se continuiamo a sovraccaricare il nostro cervello, rischiamo di perdere la capacità di pensare in modo profondo e riflessivo. Per evitare di diventare “cretini digitali,” dobbiamo ripensare il nostro rapporto con la tecnologia adottando, ad esempio, pratiche di deep work come ci spiega Cal Newport (professore di informatica alla Georgetown University). Ed anche coltivando una nuova forma di educazione digitale che non si limiti alle competenze tecniche, ma abbracci la gestione consapevole dell’attenzione e delle risorse cognitive, restituendo alla tecnologia il ruolo di strumento al nostro servizio, non il contrario.
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