Raramente pensiamo ai chip, eppure sono loro che hanno creato il mondo moderno. Al centro dell’informatica c’è la necessità di elaborare molti milioni di 1 e 0. L’intero universo digitale è costituito da questi due numeri
Ogni pulsante del tuo smartphone, ogni email, fotografia e video di youtube: tutti questi sono codificati, in definitiva, in grandi stringhe di 1 e 0. Ma questi numeri in realtà non esistono.
Queste sono le espressioni di correnti elettriche, che sono accese (1) o spente (0). Un chip è una griglia di milioni o miliardi di transistor, minuscoli componenti elettrici interruttori che si accendono e si spengono per elaborare queste cifre, per memorizzarle e per convertire le sensazioni del mondo reale come immagini, suoni, e le onde radio in milioni e milioni di 0 e 1
Gli Stati Uniti mantengono ancora una stretta mortale sui chip di silicio che ha dato il nome alla Silicon Valley, anche se la sua posizione si è indebolita pericolosamente. La Cina sta spendendo più soldi ogni anno importando chip rispetto a quanto spende in petrolio.
Questi semiconduttori, i chips, sono collegati a tutti i tipi di dispositivi, dagli smartphone ai frigoriferi, che la Cina consuma in patria o esporta in tutto il mondo. Sebbene gli strateghi da poltrona – riferendosi al principale canale di navigazione tra il Pacifico e l’Oceano Indiano – teorizzino che il dilemma della Cina sia lo “stretto di Malacca” – e la conseguente capacità della Cina di poter accedere alle forniture di petrolio e altre materie prime nel mezzo di una crisi – in effetti sembra però che Pechino sia molto più preoccupata per un blocco misurato in byte anziché in barili.
Il primato militare americano deriva in gran parte dalla sua capacità di produrre i semiconduttori più avanzati ed applicare i chips alle armi e gli usi militari
Allo scopo di risolvere il dilemma, la Cina sta dedicando miliardi di dollari e le sue menti migliori per sviluppare la propria tecnologia di produzione avanzata di semiconduttori nel tentativo di liberare se stessa dal chip-choke dell’America, una situazione in cui un paese o un’azienda dipende fortemente dalle forniture di semiconduttori o chip da parte di altri paesi o aziende, e questa dipendenza può diventare un punto critico che mette a rischio la continuità delle attività industriali, commerciali o militari. Secondo Science & Technology, una pubblicazione della National Science Foundation statunitense, la Cina è diventata, o è sul punto di diventare, una superpotenza tecnica in termini di spesa in ricerca e sviluppo, documenti tecnici e forza lavoro tecnica.
Se Pechino avrà successo, rimodellerà l’economia globale e il paese ripristinerà l’equilibrio del potere militare
La Seconda Guerra Mondiale fu decisa dall’acciaio e l’alluminio, e seguita poco dopo dalla Guerra Fredda, che fu definita dal regime di equilibrio delle armi atomiche tra le due superpotenze nucleari .
L’attuale rivalità tra gli Stati Uniti e la Cina sembra essere invece determinata dalla energia del potere dell’informatica
Gli strateghi di Pechino e di Washington si stanno rendendo conto di cosa significhi tutta questa tecnologia avanzata: dall’apprendimento automatico ai sistemi missilistici, dai veicoli automatizzati ai droni armati: tutto ciò richiede chip all’avanguardia, conosciuti più formalmente come semiconduttori o circuiti integrati.
Raramente pensiamo alla funzione dei chips, eppure sono loro che hanno creato il mondo moderno. Ma un esiguo numero di aziende controlla la produzione di chips all’avanguardia
Il destino delle nazioni dipende dalla loro capacità di sfruttare la potenza di calcolo. La globalizzazione, come la conosciamo, non esisterebbe senza che il commercio dei semiconduttori e dei prodotti elettronici la rendano possibile.
Per Apple circa un quarto delle sue entrate provengono dai telefoni che produce, gran parte del prezzo di un nuovo telefono paga i semiconduttori al suo interno. Per il passato decennio, ogni generazione di iPhone è stata alimentato da uno dei chip per processori tra i più avanzati al mondo. In totale, subentrano a dozzine i semiconduttori per far funzionare uno smartphone, con diversi chip che gestiscono la batteria, Bluetooth, Wi-Fi, rete cellulare connessioni, audio, fotocamera e altro ancora. Ma Apple non produce proprio nessuno di questi chip, ne acquista la maggior parte: chip di memoria della giapponese Kioxia, per la radiofrequenza chip della Skyworks californiana, per chip audio della Cirrus Logic, con sede ad Austin, Texas. Apple progetta internamente gli ultra complessi processori che eseguono il sistema operativo di un iPhone. Ma il il colosso di Cupertino, in California, non è in grado di produrre questi chip.
Né può farlo qualsiasi altra azienda in Europa, in Giappone, in Cina continentale o attualmente negli stessi Stati Uniti. Oggi, i processori più avanzati di Apple, che sono probabilmente tra i semiconduttori più avanzati al mondo, possono essere prodotti solo da un’unica azienda in un unico edificio, la fabbrica più costosa nella storia umana.
La fabbricazione e la miniaturizzazione dei semiconduttori è stata l’obiettivo della più grande sfida ingegneristica del nostro tempo. Oggi nessuna azienda fabbrica chip con maggiore precisione rispetto ad una azienda di Taiwan produttrice di semiconduttori, meglio conosciuta come TSMC
Nel 2020, mentre il mondo barcollava tra i lockdown indotti da un virus il cui diametro misurava circa cento nanometri (miliardesimi di metro), Fab 18, la linea di produzione più avanzata di TSMC, stava scolpendo labirinti microscopici di minuscoli transistor, incidendo forme più piccole della metà di un coronavirus, un centesimo di quello che è un mitocondrio di cellula.
TSMC ha replicato questo processo su larga scala, un fenomeno senza precedenti nella storia umana
Apple ha venduto oltre 100 milioni iPhone 12, ciascuno alimentato da un chip processore A14 con 11.8 miliardi di minuscoli transistor scolpiti nel suo silicio. Nel giro di mesi, in altre parole, solo per una delle dozzine di fiches in un iPhone, i Fab 18 di TSMC ne hanno fabbricati ben oltre 1 quintilione transistor, ovvero un numero con diciotto zeri.qualche anno fa, l’industria dei chip ha prodotto più transistor rispetto alla quantità combinata di tutti i beni prodotti da tutte le altre società, in tutti gli altri settori, in tutta la storia umana. Niente altro in campo industriale arriva vicino a quanto ha realizzato la fabbrica taiwanese.
Sono passati solo sessant’anni da quando il numero di transistor contenuti su un chip era 4, mentre oggi è di 11,8 miliardi
Nel 1961, a sud di San Francisco, una piccola azienda chiamata Fairchild Semiconductor annunciò un nuovo prodotto chiamato Micrologic, un chip di silicio con quattro transistor incorporati in esso. Ben presto l’azienda escogitò dei modi per mettere una dozzina di transistor su un chip, poi un centinaio. Il cofondatore della Fairchild, Gordon Moore, nel 1965, notò che il numero di i componenti che potevano essere inseriti su ciascun chip raddoppiavano ogni anno, e gli ingegneri imparavano a fabbricare transistor sempre più piccoli. Questa previsione di Moore venne chiamata “Legge di Moore” che definiva la potenza di calcolo dei chip che sarebbe cresciuta in modo esponenziale. Il che portò Moore a prevedere la prossima invenzione di dispositivi che, nel 1965, sembravano impossibili da realizzare: come l“orologio da polso elettronico”, “computer per il controllo della domotica” e anche “apparecchiature di comunicazione portatili e personali”, i nostri smartphone. Moore predisse solo un decennio di crescita esponenziale, ma questo sconcertante ritmo di crescita e progresso è continuata per oltre mezzo secolo. Nel 1970, la seconda società fondata da Moore, Intel, ha presentato al mercato un chip di memoria che poteva immagazzinare 1.024 pezzi di informazioni (i Bits). Costava circa 20 dollari amerivani, circa due centesimi per ogni Bit. Oggi, con 20 dollari è possibile acquistare una chiavetta USB in grado di immagazzinare ben oltre un miliardo di bit.
(continua)
Per l’introduzione a questa mia riflessione su questo tema mi sono aiutato con alcuni passaggi tratti da: CHIP WAR di Chris Miller