Parte III – Quando un modello sperimentale entra nel sociale
Se metto in fila questi trent’anni di sperimentazione sul campo, la traiettoria è abbastanza chiara:
- con Umanesimo & Tecnologia ho iniziato a studiare l’impatto culturale della trasformazione digitale;
- con Rebel Alliance Empowering ho spostato quel pensiero dentro l’Industria dei Contenuti, facendone un modello di impresa olonica;
- con il Centro Interdisciplinare di Studi & Ricerche Carabinieri/Difesa Civile 4.0 (e l’ecosistema di APS/ETS collegato) provo a fare il passo successivo: portare quello stesso paradigma nel campo dell’innovazione sociale, della sicurezza sociale e della Difesa non armata.
In altre parole: se Rebel Alliance era la “bottega” per testare il modello nel mercato globale dei contenuti, il Centro Studi è il laboratorio permanente dove lo stesso modello viene applicato a temi molto più sensibili: rischio, fragilità sociali, diritti, digital divide, educazione civica.
Perché un Centro Studi (e perché “4.0”)
Il Centro Studi non nasce per aggiungere un logo al mondo dell’associazionismo, ma per dare corpo operativo a quanto lo Statuto definisce con grande chiarezza:
- un’Associazione volontaria e democratica, espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo;
- orientata a finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
- allineata alle attività di interesse generale del Terzo Settore:
– cooperazione allo sviluppo,
– promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata,
– tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici.
La cornice è quella di una società che si muove in piena logica V.U.C.A. (Volatile, Incerta, Complessa, Ambigua) e che sta entrando nella Società 5.0: una società super-intelligente, interconnessa, dove Information Technology e Intelligenza Artificiale ridisegnano quotidianamente ruoli, mestieri, relazioni, identità.
Se non vogliamo che tutto questo si traduca solo in tensioni, disuguaglianze e nuove forme di esclusione, servono nuovi paradigmi per gestire il cambiamento.
Su questo sfondo ho provato a rileggere la crisi dell’Occidente mettendo in dialogo la fine del XIX secolo e l’epoca contemporanea.
In «Lezioni dal passato. Assonanze tra la fine del XIX secolo e l’epoca contemporanea..?» mostro come, allora come oggi, una rivoluzione tecnologica trasformi produzione, guerra, comunicazione e potere, creando un divario crescente tra la velocità del cambiamento e il livello medio delle competenze cognitive diffuse.
È esattamente dentro questo scarto – tra la macchina del cambiamento che accelera e la nostra capacità di comprenderla – che il Centro Studi Carabinieri 4.0 sceglie di collocarsi.
Il Centro Studi Carabinieri 4.0 nasce esattamente su questo crinale: mettere in dialogo le categorie tradizionali della sicurezza con quelle dell’innovazione sociale e della cultura digitale.
Popolo e Carabinieri
la sicurezza come bene comune
Qui entra in gioco una delle intuizioni per me più delicate: quella che chiamo “Popolo e Carabinieri”.
Non è uno slogan. È il tentativo di dare forma a un dato storico e culturale: per oltre due secoli, i Carabinieri sono stati una cerniera di prossimità tra Stato e popolazione.
Un presidio sul territorio, non solo nelle emergenze, ma nella vita quotidiana.
L’idea che sta dietro “Popolo e Carabinieri” è semplice e radicale:
- la sicurezza sociale non è un servizio che si consegna dall’alto, ma un bene comune che si costruisce insieme;
- il Carabiniere in servizio e il Carabiniere in congedo non sono solo “custodi dell’ordine”, ma possono diventare partner di comunità nei processi di prevenzione, educazione, ascolto, mediazione;
- i cittadini non sono solo “utenti vulnerabili” o “destinatari di misure”, ma soggetti attivi da formare, accompagnare, potenziare.
Molti militari, una volta lasciato il servizio attivo, sentono ancora un bisogno di continuità: la responsabilità verso la comunità non si spegne con la pensione.
Il Centro Studi, e la galassia di APS/ETS collegate nasce per offrire loro uno spazio di impegno volontario in cui questa esperienza possa:
- incontrare professionisti ed esperti civili,
- fertilizzare nuove competenze,
- e contribuire a una nozione di sicurezza sociale che non è solo assenza di crimine, ma qualità del vivere, accesso ai diritti, capacità di orientarsi nella trasformazione digitale.
Un Centro Studi dentro e con l’Associazione Nazionale Carabinieri
Tutto questo, però, non avviene nel vuoto.
L’intuizione “Popolo e Carabinieri” non è un esercizio astratto: vive dentro e con l’Associazione Nazionale Carabinieri.
L’ANC è, di fatto, il grande ecosistema umano in cui questo lavoro può prendere forma:
- migliaia di Carabinieri in congedo,
- una rete capillare di Sezioni sul territorio,
- Nuclei di Protezione Civile,
- protocolli d’intesa nazionali su temi come Sport e Salute e il contrasto al digital divide culturale degli anziani.
Il Centro Interdisciplinare di Studi & Ricerche Carabinieri 4.0 non nasce “a lato” dell’ANC per costruire un sistema parallelo, ma cercano consapevolmente una forma di coinvolgimento osmotico:
- da un lato, attingono all’ANC come bacino di esperienza, competenze, sensibilità maturate in anni di servizio e di volontariato;
- dall’altro, restituiscono all’ANC strumenti, format, progetti, modelli di lettura utili a rafforzare la sua azione sociale e culturale.
Osmotico vuol dire proprio questo:
- non un rapporto gerarchico, ma una circolazione continua di idee, pratiche, persone;
- non “usare” l’ANC come etichetta, ma riconoscerla come ambiente vitale in cui sperimentare nuove forme di impegno su temi che l’Associazione già sente suoi:
– vicinanza agli anziani,
– cura della salute e dello sport come prevenzione,
– promozione della legalità e della cittadinanza,
– educazione dei giovani al digitale e alla sicurezza.
In questo senso, il Centro Studi si propone come:
- laboratorio di ricerca e innovazione al servizio della comunità ANC;
- spazio di traduzione tra linguaggi complessi (tecnologie, VUCA, Società 5.0, IA…) e la pratica quotidiana delle Sezioni, dei Nuclei, dei volontari;
- antenna culturale che intercetta ciò che si muove nel mondo dell’innovazione sociale e digitale e lo riporta dentro l’orizzonte di “Popolo e Carabinieri”.
Il risultato ideale è che:
- i progetti nati dal Centro Studi non restino confinati in una “nicchia sperimentale”,
- ma possano essere adottati, adattati, replicati dentro la rete ANC, laddove c’è un tessuto umano pronto ad accoglierli.
E, al contrario, che:
- i bisogni, le criticità, le intuizioni che emergono dal lavoro quotidiano delle Sezioni e dei Nuclei ANC
- diventino input di ricerca per il Centro Studi, influenzando temi, priorità, ipotesi progettuali.
In questo modo, l’idea di Difesa Civile 4.0 non rimane un titolo, ma diventa una pratica condivisa:
un percorso in cui Popolo, Carabinieri e Associazione Nazionale Carabinieri lavorano insieme per dare contenuto concreto a parole come sicurezza sociale, innovazione, cultura digitale, giustizia sociale.
Dalla “fabbrica dei contenuti” alla “fabbrica dei progetti sociali”
Tutto quello che ho sperimentato con Rebel Alliance Empowering non si butta: si trasforma.
Nel Centro Studi:
- la logica di impresa olonica a rete diventa logica di ecosistema territoriale (APS, ETS, Nuclei di Protezione Civile, istituzioni, scuole, università, enti locali);
- le solution-area diventano aree funzionali e cantieri di progetto (ricerca, formazione, comunicazione, innovazione tecnologica, sperimentazione sul campo);
- le pratiche di advertainment, brand entertainment, experience design, phygital diventano strumenti per progettare esperienze di consapevolezza, non solo di consumo.
La domanda non è più:
“Come creiamo contenuti competitivi per un brand?”
ma:
“Come progettiamo contenuti, percorsi formativi ed esperienze che aiutino le persone a capire il rischio, il territorio, il digitale, prima che arrivi l’emergenza?”
La fabbrica dei contenuti diventa così una fabbrica di progetti sociali: stessa grammatica (narrazione, media, tecnologie, reti), ma finalità diversa.
Progettazione circolare
un portafoglio, non una collezione di progetti
Visto dall’esterno, il portafoglio di iniziative può sembrare caotico:
- droni e telemedicina,
- comunicazione del rischio con l’umorismo,
- giovani e scuola,
- violenza di genere e stanze di ascolto,
- digital twin e realtà immersiva,
- sport e salute,
- alfabetizzazione digitale degli anziani.
Se li guardi uno per uno, sembrano mondi paralleli.
Se li guardi con la lente della progettazione circolare, vedi un’altra cosa: un sistema di archi che si toccano.
Per me progettazione circolare significa:
- pensare ai progetti come elementi di un unico disegno, non come iniziative isolate;
- costruire un portafoglio integrato dove ogni progetto genera conoscenza, relazioni, strumenti che altri progetti possono riutilizzare;
- progettare chiedendosi subito: “Come questo intervento si collegherà agli altri? Che pezzo di competenza, fiducia, consapevolezza lascia in eredità?”
Così un progetto sui droni in Protezione Civile, uno sulla cultura del rischio nelle scuole, uno sulle donne vittime di violenza, uno sul digital divide degli anziani e uno su sport & salute non sono cinque rami sparsi, ma cinque modi diversi di lavorare sulla stessa variabile:
➡ il fattore umano in una società VUCA e digitalizzata.
Funzioni chiave
innovatori civici, mediatori della cultura digitale, innovation manager, tutori della potentia multitudinis
Il nostro Statuto questo lo dice in maniera strutturata, definendo alcune funzioni chiave.
- Innovatori civici
Lavorano sul fronte delle istituzioni: studiano come le nuove tecnologie impattano il core business dei soggetti pubblici, come possono essere integrate nelle organizzazioni del lavoro, quali cambiamenti istituzionali servono per adottarle davvero.
In sostanza: aiutano a capire come l’innovazione digitale può diventare leva di sicurezza sociale, e non solo di efficienza amministrativa. - Mediatori della cultura digitale
Non sono “evangelisti del tech”, ma traduttori:
– migliorano la percezione e la credibilità delle tecnologie civiche,
– cercano soluzioni sostenibili per usare meglio il capitale umano con l’ausilio del digitale,
– si occupano di comunicare, spiegare, contestualizzare.
In una parola: aiutano a ridurre il digital divide culturale. - Innovation manager per la sicurezza sociale
Studiano i servizi “nati digitali” per la sicurezza sociale, come renderli sostenibili, quali profili avranno i futuri utenti di tecnologie SMART, quali soluzioni possono trasformare il capitale umano in intelligenza collettiva creativa, capace di generare vera innovazione sociale. - Tutori della potentia multitudinis
Qui lo Statuto è esplicito: le tecnologie contengono il potenziale sia per la schiavitù che per la liberazione.
Questa funzione serve a ricordare che la moltitudine – con le sue differenze, le sue soggettività, le sue fragilità – è anche una risorsa creativa.
Si tratta di orientare i processi tecnologici in senso inclusivo, contrastando ingiustizie e disuguaglianze, promuovendo azioni dal basso.
Tutte queste funzioni si tengono insieme in un’idea di fondo:
riportare l’Uomo al centro del governo dello sviluppo tecnologico, nel perseguimento del benessere personale, lavorativo e sociale.
Sport & Salute, invecchiamento e digital divide culturale
Dentro questo quadro, due linee di lavoro dialogano direttamente con le sensibilità e i protocolli già attivati dal Comando Generale dell’Arma:
- Sport & Salute
Lo sport non è solo performance, ma prevenzione, salute, educazione civica.
In un contesto di trasformazione digitale, sedentarietà, isolamento e stress, i percorsi di sport & salute diventano parte della sicurezza sociale:- aiutano a prevenire fragilità fisiche e psicologiche;
- costruiscono relazioni, fiducia, reti di mutuo sostegno;
- offrono un terreno concreto dove l’intuizione “Popolo e Carabinieri” prende corpo: attività sportive, educative, di prevenzione condivise tra anziani, giovani, famiglie, militari in servizio, militari in congedo.
- Contrasto al digital divide culturale degli anziani
Il Centro Studi assume come prioritaria la fascia over 50, spesso esclusa per motivi culturali e di linguaggio, più che per mancanza di dispositivi.
Qui la progettazione circolare si vede benissimo:- corsi di alfabetizzazione digitale pensati per chi ha formazione analogica;
- uso delle tecnologie non solo per “insegnare a usare il telefono”, ma per mantenere legami sociali, accedere a servizi, evitare truffe, gestire meglio la propria salute;
- percorsi che integrano Corpi intermedi, Nuclei, associazioni, scuole, parrocchie, in continuità con le linee di intervento già sperimentate dall’Arma sul fronte del digital divide e della protezione degli anziani.
Sport & salute e riduzione del digital divide culturale, letti così, non sono “progettini collaterali”, ma due pilastri concreti della sicurezza sociale in una società 4.0., prossima alla 5.0
VUCA, CIMIC, dual-use, per usare il linguaggio giusto
In parallelo, il Centro Studi porta dentro il sociale concetti tipicamente legati alla sfera militare:
- V.U.C.A. come lente per leggere la complessità del presente;
- CIMIC (cooperazione civile-militare) come spazio di incontro tra mondi che condividono lo stesso teatro operativo;
- dual-use come opportunità per ripensare le tecnologie nate per la difesa (droni, telemedicina, simulazione, realtà immersiva) in funzione di Protezione Civile, prevenzione, formazione, educazione al rischio.
Non si tratta di “militarizzare il sociale”, ma di civilizzare il linguaggio dell’innovazione: usare quello che l’ambito militare ha sviluppato in termini di pianificazione, logistica, gestione di scenari complessi, mettendolo al servizio della Difesa non-armata e non-violenta prevista nello Statuto.
Il Centro Studi come “regia” e “rete”
Dentro tutto questo, il Centro Studi Carabinieri 4.0 non è:
- una semplice scuola,
- né solo un ufficio progetti,
- né un think tank teorico.
È una regia che:
- osserva i trend (tecnologici, sociali, culturali);
- li traduce in studi, ricerche, sperimentazioni;
- attiva collaborazioni con soggetti pubblici e privati, in Italia e all’estero;
- costruisce una rete di partnership (anche mediante contratti di rete, fondazioni di partecipazione, protocolli d’intesa, comitati scientifici).
In questo senso, il Centro Studi è la cerniera tra:
- il programma di ricerca ventennale Rebel Alliance Empowering,
- e la sua traduzione in innovazione sociale, formazione, comunicazione, progetti di territorio.
Dal caso Rebel Alliance al “Centro Studi diffuso”
Se devo chiudere il cerchio tra Parte I, II e III, posso dirlo così:

- Umanesimo & Tecnologia ha dato il lessico e le mappe concettuali per leggere l’impatto della trasformazione digitale;
- Rebel Alliance Empowering ha dimostrato, sul terreno dell’Industria dei Contenuti, che un sistema olonico, glocale, reticolare, può competere con player più grandi;
- il Centro Studi Carabinieri 4.0 è il tentativo di mettere questo modello al servizio della collettività, lavorando su sicurezza sociale, cultura digitale, innovazione, protezione dei più fragili.
La intuizione “Popolo e Carabinieri” diventa la bussola etica,
la progettazione circolare lo schema mentale,
l’ecosistema APS/ETS e le partnership gli strumenti operativi.
Tutto quello che ho sperimentato in questi trent’anni non è un capitolo chiuso, ma il capitale di partenza di un Centro Studi che non si accontenta di descrivere il cambiamento: vuole progettarlo insieme a chi ogni giorno lo vive sulla propria pelle, nella Società 5.0.
Questa è la terza parte di una storia che dura da trent’anni e che, se tutto va bene, è solo all’inizio.
Qui la seconda parte: Rebel Alliance Empowering. Dal laboratorio all’impresa olonica
Qui la prima parte: Umanesimo & Tecnologia
Riflessioni sul tema:
Digital Divide Culturale
Industria dei Contenuti
Management



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