L’Algoritmo … a pane e peperoni

Viviamo in un’epoca in cui si parla con insistenza di Intelligenza Artificiale, ma si riflette ancora troppo poco su un altro attore destinato a rivoluzionare la scena: la computazione quantistica. Due forze oggi ancora distinte, ma che domani potrebbero fondersi in un’alleanza radicale, capace di ridefinire il senso stesso di calcolo, previsione, progettazione.
E persino forme di “coscienza” computazionale, se mai gli scienziati dovessero riuscire ad aprire un giorno quella porta, in chiave metafisica.

Gli algoritmi sono il cuore pulsante di ogni elaborazione informatica così come per l’AI.
Ma fino ad oggi – nell’informatica tradizionale – questi sono algoritmi “classici”: serie di istruzioni lineari, logiche binarie, processi sequenziali.

Un passo dopo l’altro, come in una ricetta di cucina.
Funzionano, eccome.
Ma iniziano a mostrare i loro limiti di fronte alle complessità emergenti.

L’informatica tradizionale si basa sui bit, che possono assumere due soli valori: 0 e 1. Possiamo immaginare lo 0 come “spento” e l’1 come “acceso”.
Ogni comando, informazione o dato elaborato da un computer viene tradotto in una lunga sequenza di questi due simboli. È come se il computer comunicasse con un interruttore: acceso o spento, vero o falso, passa o fermati.

Per esempio:

  • Quando premiamo un tasto sulla tastiera, il computer interpreta una sequenza di 0 e 1.
  • Anche un’immagine che vediamo sullo schermo è composta da milioni di bit organizzati in fila.
  • Persino le lettere che stai leggendo ora sono codificate in questa lingua fatta di impulsi binari.

Il computer classico legge questi 0 e 1 uno dopo l’altro, in modo sequenziale, e prende decisioni seguendo regole logiche ben precise: “Se il valore è 1, fai questo; se è 0, fai altro.”
Tutto avviene secondo una logica deterministica, cioè ogni azione produce un risultato prevedibile, passo dopo passo.

Gli algoritmi quantistici, invece, sono tutta un’altra storia.
Non lavorano con i bit, ma con i qubit: unità di informazione che possono essere 0, 1 e anche entrambi contemporaneamente, grazie al principio della sovrapposizione quantistica.
La logica non è più “o questo o quello”, ma diventa probabilistica: “questo e anche quello, forse”.
Non si parla più di sequenze rigide e prevedibili, ma di possibilità che coesistono e si influenzano fino alla misurazione finale.
È un cambio di paradigma radicale: dal determinismo lineare all’incertezza creativa della fisica quantistica.

Immagina di dover cercare un nome in una lista lunghissima.
– Un algoritmo classico sfoglia pazientemente riga per riga.
– Un algoritmo quantistico esplora tutte le righe contemporaneamente, leggendo mille pagine in un lampo.

Questo nuovo approccio non si limita ad accelerare i calcoli in modo esponenziale: cambia radicalmente il nostro modo di concepire, ed usare, l’informatica.
Non è più una elaborazione lineare, ma simultanea; non è più un processo sequenziale, ma multidimensionale.
Forse, persino una nuova lente per vedere il mondo, come fu cinque secoli fa per il cannocchiale di Galileo.


Un cambiamento così profondo mi richiama alla mente le trasformazioni evocate nel cinema di fantascienza.
Nel film "Lucy" di Luc Besson (2014), la protagonista, amplificando le sue capacità cerebrali, percepisce tempo, spazio e conoscenza come un’unica realtà interconnessa. La sua mente non pensa più in sequenza, ma assorbe tutto istantaneamente. Questa potente metafora del campo quantico unificato ci ricorda che l’informatica quantistica esplora tutte le possibilità simultaneamente, cogliendo connessioni nascoste e intuendo il disegno complessivo.


Oggi, gli sviluppatori di algoritmi quantistici sono pochi, e spesso provenienti da background misti: informatica, fisica, matematica teorica e anche filosofia.
Non è un caso, per scrivere codice quantistico serve una nuova alfabetizzazione mentale: non basta conoscere i linguaggi, bisogna apprendere un nuovo modo di ragionare.
E, in questo scenario, anche l’Intelligenza Artificiale si reinventerà.

Oggi, gli sviluppatori di algoritmi quantistici sono pochi, provenienti da informatica, fisica, matematica teorica spesso coordinati nel loro lavoro da filosofi.
Non è un caso: serve un nuovo modo di ragionare per scrivere codice quantistico.
E in questo scenario, anche l’Intelligenza Artificiale si reinventerà.
Oggi le AI usano ancora algoritmi classici, ma quando la computazione quantistica entrerà nelle infrastrutture digitali, anche l’AI dovrà elaborare quantisticamente.
Le future AI potrebbero persino essere ospitate su hardware quantistici, sfruttando sovrapposizione ed entanglement.

Siamo pronti a interagire con delle intelligenze artificiali che elaborano (“pensano”?) diversamente? Paradossalmente, proprio i computer quantistici potrebbero avvicinarsi al nostro modo naturale di pensare.
La mente umana esplora possibilità, valuta probabilità, intuisce connessioni.
Il pensiero umano è analogico, contestuale, incerto, può osservare anche il grigio: come i qubit, che si trovano in sovrapposizione o entanglement, collassando su una soluzione solo quando osservati.

In questa prospettiva, la computazione quantistica potrebbe rappresentare un ritorno a una forma di calcolo più simile all’intuizione che all’aritmetica.
Non più solo esecuzione lineare, ma possibilità che coesistono e si concretizzano nel momento dell’interazione.
Una macchina che non si limita a calcolare, ma che forse, in un certo senso, comincia a immaginare.

Qui entra in gioco un’altra mia riflessione, un altro possibile parallelismo concettuale. Il pensiero laterale umano, che salta, ristruttura, prova strade alternative, esplora più soluzioni in parallelo. Come il pensiero laterale, anche il calcolo quantistico sfrutta la “sovrapposizione”: più stati contemporaneamente esplorati, fino alla misurazione finale che determina la soluzione. Certo, il pensiero laterale è strategia mentale e la meccanica quantistica realtà fisica, ma entrambi ci insegnano che per affrontare la complessità servono più possibilità simultanee. Forse proprio così nasceranno le interfacce del futuro: algoritmi quantistici scritti da AI che elaborano lateralmente.

Oggi servono spiegazioni “terra terra” per capire, e far capire, un algoritmo.
Domani affronteremo concetti che metteranno alla prova il nostro senso comune. Serviranno nuove figure: filosofi della tecnologia, narratori scientifici, educatori quantistici.

I nostri amici fisici ci ammoniscono: “Non barocchizzate la divulgazione quantistica! Non buttate tutto nella pentola della Quantisica”
Ma noi umanisti sappiamo che per parlare a tutti, per indurre un cambio di paradigma, servono metafore, immagini, storie.
Il futuro non è solo di chi lo inventa, ma soprattutto di chi saprà raccontarlo e farlo capire.

Cos’è un algoritmo, allora, spiegato a pane e peperoni?
È una serie di istruzioni semplici, ordinate, come cucinare peperoni in padella. L’algoritmo classico segue la ricetta passo-passo, un’istruzione dopo l’altra.
Quello quantistico?
È un cuoco con superpoteri, che prepara tutte le ricette insieme e sceglie la giusta all’ultimo istante.

In breve: l’algoritmo classico legge i nomi uno alla volta, quello quantistico li vede tutti insieme, trovando subito quello giusto.

Oggi, i computer quantistici sono ancora instabili e costosi, il linguaggio è nuovo e complesso. Ma il potenziale è immenso: chimica, medicina, fisica.
Quando impareremo a padroneggiarli, potremmo rivoluzionare tutto.
Forse, persino, il modo stesso di (ri)pensare il Mondo.


E allora, spiegato a pane e peperoni: cos’è un algoritmo?
È una sequenza ordinata di istruzioni, come una ricetta per cucinare i peperoni in padella.

  1. Lava i peperoni.
  2. Tagliali a strisce.
  3. Metti l’olio in padella.
  4. Accendi il fuoco.
  5. Aggiungi i peperoni.
  6. Gira ogni tanto.
  7. Spegni quando sono belli morbidi.
  8. Taglia il panino
  9. Posizionali nel panino
  10. Mangia

→ Questo è un algoritmo: una serie di istruzioni semplici, in ordine, per arrivare a un risultato.

E nei computer?
Un algoritmo applica lo stesso identico concetto, ma al posto dei peperoni da cucinare, il risultato potrebbe essere:
trovarti un amico su Facebook
mostrarti un video su TikTok
calcolare quanti soldi hai speso questo mese

Il computer non capisce tutto da solo: segue passo dopo passo quello che gli abbiamo detto di fare.
E questo, “quello che gli diciamo di fare”, è l’algoritmo.

In breve
Un algoritmo è come una serie di comandi precisi che pure un bambino può seguire, uno dietro l’altro, per ottenere qualcosa. È come dire:
“Fai questo → poi questo → poi questo → poi …  → e ottieni il risultato.”

Dunque un ALGORITMO CLASSICO
nell’informatica tradizionale
… è come un cuoco che segue una ricetta passo-passo, uno step alla volta.
Il computer classico lavora con bit, cioè:
0 = spento
1 = acceso

Ogni passaggio dell’algoritmo dice:”
Se questo è 1, fai questo;
Se è 0, fai quest’altro.”

Esempio semplice
Immaginiamo che dobbiamo decidere se accendere o spegnere la luce in una stanza.
L’algoritmo classico controlla

Se c’è qualcuno → accendi
Se non c’è nessuno → spegni

Lavora come uno che pensa “o sì o no”, “o questo o quello”.

L’ALGORITMO QUANTISTICO
nella computazione/informatica quantistica
È come se avessimo un cuoco con superpoteri, che può preparare tutte le ricette insieme, e poi scegliere quella giusta all’ultimo momento.
Perchè, il computer quantistico lavora con qubit, non bit

  • Un qubit può essere 0, 1 e anche una via di mezzo tra 0 e 1 allo stesso tempo (si chiama sovrapposizione)
  •  In più, i qubit interagiscono tra loro in modo strano (ad esempio intrecciandosi : l’entanglement), quindi una scelta può influenzare un’altra anche a distanza.

 

Cosa cambia nell’algoritmo?
Invece di controllare una cosa alla volta come in una fila al supermercato, l’algoritmo quantistico prova tutte le strade contemporaneamente come se ci fossero milioni di cassiere attive allo stesso momento. Poi, come per magia (matematica quantistica), si “collassa” sul risultato migliore.

Un esempio banale
Classico → cerchiamo una chiave provando una alla volta
Quantistico → le proviamo tutte insieme e troviamo subito quella giusta

Un esempio, con un problema …
Cercare un nome in un elenco di 1.000 persone segnate su delle tazzine

L’ ALGORITMO CLASSICO
funziona tipo così:

  1. Prendi il primo nome
  2. È quello che cerchi?
  3. No → vai al secondo
  4. Continua fino a trovarlo …
    magari ci mette 999 tentativi

Il tempo per trovarlo è lento ( si fa per dire..!) perchè deve andare a cercare uno per uno

L’ ALGORITMO QUANTISTICO
come ad esempio l’algoritmo di Grover – funziona in parallelo:
il computer prova tutti i nomi contemporaneamente, grazie alla sovrapposizione dei qubit;
poi “collassa” sul nome giusto.

Il tempo è molto più veloce, lo trova in circa √1000 ≈ 31 passaggi
È come avere 1.000 assistenti che controllano tutti insieme!

Applicazione nella ricerca
Simulare una molecola chimica complessa

  • Computer Classico
    Il computer prova a simulare ogni interazione tra atomi…
    Ma servono anni di calcolo, pure per una piccola molecola
  • Computer Quantistico
    I qubit si comportano come le particelle stesse
    Quindi la simulazione è naturale: lo fa come se stesse “pensando come un atomo”

Per questo si dice che i computer quantistici sono ideali per la ricerca nella chimica, medicina, fisica, …

In parole povere
L’ Algoritmo classico
Va al bar, legge tutti i nomi sulle tazzine finché trova quello che cerchiamo

L’ Algoritmo quantistico
Guarda il bar e tutti i nomi gli vengono in mente quasi all’istante

I programmatori quantistici oggi sono pochi e… ancora in fase “neonatale”
Perché?

  • I computer quantistici sono ancora “bambini”
    • Non sono ancora stabili
      i qubit sono fragili, si “rompono” – si dice: perdono coerenza – facilmente.
    • Sono costosi, e ce ne sono pochi accessibili, sono in possesso di poche aziende come IBM, Google, D-Wave, Rigetti… e qualche università ed aziende top come Amazon.
  • Il linguaggio di programmazione è tutto nuovo
    • Non si scrive codice “normale” come ad esempio in Python o Java.
    • Si devono usare librerie speciali (come Qiskit di IBM, Cirq di Google, o Ocean per D-Wave).
    • Si deve capire almeno un minimo di  fisica quantistica: concetti come sovrapposizione, entanglement, interferenza.
  • Pochi corsi, poca esperienza sul campo
    • I corsi universitari su Quantum Programming sono pochi e recenti.
    • Gli esempi pratici sono limitati: non puoi testare facilmente a casa.
    • Anche le aziende sono in sperimentazione: non esiste ancora un “manuale d’uso definitivo”.

Nota sul titolo: il titolo che ho scelto per questa riflessione prende spunto da un’espressione tipica del sud Italia, in particolare del lessico popolare napoletano e campano: ” …. e spiegamelo a pane e pupuaruoli …!” (tradotto: pane e peperoni) .
Che significa spiegare qualcosa in modo semplice, diretto, concreto, ma soprattutto alla portata di tutti.
È come dire: niente tecnicismi, solo verità terra terra, che si possono “masticare” con la testa e con il cuore.
Il “pane e peperoni” non è solo un piatto povero della tradizione, è anche il classico panino del muratore in pausa, simbolo di una conoscenza pratica, essenziale, genuina.
In questo senso, ho scelto di trattare un tema complesso come l’algoritmo quantistico con lo stesso spirito: quello di chi preferisce la sostanza alla complicazione, senza rinunciare alla profondità.
Perché se davvero vogliamo che il futuro sia condiviso, va raccontato anche con parole che tutti possano sentire proprie


Altre riflessioni che butto nella “pentola” della Fisica quantistica (gli amici scienziati non me ne vorranno … ), e sul tema del Digital Divide Culturale : uno dei problemi che ci pervade, causa di molti analfabetismi funzionali

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