Il Paradosso della Carta

Come i giornali continuano a scrivere il copione del nostro mondo

Ogni mattina nei TG, nei talk, e anche sui social, è la carta stampata che ancora detta il copione del giorno, nonostante venda meno e sia letta da pochi. È questo il paradosso: la carta ha perso lettori, ma continua a generare agenda simbolica.

In Italia, i numeri lo confermano: la tiratura dei quotidiani è crollata (dagli oltre 6 milioni negli anni ’90 a circa 1,5 milioni nel 2024) ma le prime pagine fanno ancora da “bussola” per cosa verrà trasmesso, scritto o discusso altrove.

La catena è sempre la stessa:

  • le agenzie di stampa producono le notizie grezze;
  • i giornali trasformano le notizie in “prima pagina”;
  • la televisione visualizza il racconto;
  • i social rilanciano, polarizzano, opinano.

Così chi non compra giornali vive in un mondo modellato dalle priorità della carta: temi che passano per le prime pagine finiscono nelle dirette TV, nei talk, nei trending topic.

In sintesi: la carta non è più sovrana, ma rimane potente. Il suo potere invisibile risiede nel definire cosa riteniamo importante, spesso non ciò che è realmente più urgente.

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Ogni mattina, nelle redazioni televisive, accade un rito che ha qualcosa di arcaico e di sacro.
I fogli di carta, paradossalmente sempre più sottili e sempre meno letti, vengono sfogliati, messi in fila, sottolineati.
Sono loro, i giornali, a stabilire le priorità della giornata, anche per chi non li compra più.È questo il cuore del paradosso della carta: meno copie vendute, più potere invisibile.
La carta stampata non domina più il mercato, ma continua a determinare l’agenda simbolica attorno a cui ruotano televisione, radio, siti di news e persino i social network.
In Italia il fenomeno è ancora più evidente: la diffusione dei quotidiani è passata da oltre 6 milioni di copie negli anni ’90 a circa 1,5 milioni nel 2024 (dati ADS). Nonostante il crollo dei lettori, le prime pagine continuano a fare da bussola per la TV e a dettare i temi del giorno.

La catena di montaggio dell’informazione

Il flusso dell’informazione segue una coreografia ormai consolidata:

  1. Agenzie stampa
    sono il primo snodo, producono “mattoni grezzi” di notizia.
  2. Quotidiani
    decidono se quei mattoni diventano “facciata” (prima pagina) o restano nota a piè di pagina.
  3. Televisione
    traduce le parole in immagini, confeziona il prodotto per il grande pubblico.
  4. Social media
    rilanciano, distorcono, polarizzano, generano l’illusione di partecipazione.

Alla fine di questo percorso, anche chi non ha mai aperto un giornale vive in un mondo modellato dalla loro gerarchia editoriale.

Il caso italiano
In Italia il paradosso è ancora più evidente.

  • La tiratura dei quotidiani è crollata: da oltre 6 milioni di copie giornaliere negli anni ’90 a meno di 1,5 milioni oggi (ADS, 2024).
  • Solo il 14% degli italiani legge un quotidiano almeno una volta a settimana, ma le prime pagine continuano a essere mostrate ogni giorno nei TG della sera.
  • Programmi come Rassegna Stampa o Prima Pagina in radio dimostrano che la ritualità della carta è ancora centrale nel racconto dell’attualità.

Un esempio? pensiamo allo scandalo dei bonus edilizi:
Mattina: titoloni su Corriere e Repubblica.
Pomeriggio: radio e siti rilanciano i titoli della carta.
Sera: TG1 e TG5 aprono con servizi dedicati, con le stesse parole chiave.
Notte: diventa trending topic su X.
È l’esempio perfetto della catena: la carta lancia, la TV legittima, i social moltiplicano.


Gli studi lo dimostrano, ecco una selezione

  • Agenda-setting (McCombs & Shaw, 1972)
    Nello storico studio di Chapel Hill, la correlazione tra ciò che i media consideravano importante e ciò che i cittadini percepivano come tale era di r ≈ 0,97.
    L’informazione non dice alla gente cosa pensare, ma su cosa pensare.
    È la funzione di costruzione dell’agenda pubblica.
  • Intermedia agenda-setting (Cushion et al., 2018)
    Nel Regno Unito, il 31% delle notizie politiche TV era già apparsa sui giornali il giorno prima; oltre il 60% del minutaggio televisivo era occupato da temi selezionati dalla stampa, perlopiù quotidiani conservatori.
    La TV sembra “neutrale”, ma replica l’agenda e le priorità ideologiche della carta stampata.
  • Era digitale e legittimazione (Harder et al., 2017)
    I media “veloci” (siti e social) battono sul tempo i giornali, ma questi ultimi mantengono il potere di legittimare una storia: se finisce in pagina, sopravvive. Se no, scivola nell’oblio digitale.
  • Dimensione internazionale (Mohammed & McCombs, 2021)
    Analizzando NYT, Guardian e Al-Ahram, emerge che le agende si influenzano reciprocamente, ma le notizie sulla “periferia” (Egitto) sono in larga parte negative: crisi, terrorismo, violazioni.
    Il centro detta i temi, la periferia reagisce, cercando di riscrivere la narrazione per difendere la propria immagine.

Il backstage invisibile

La carta stampata è ormai un medium d’élite, letto da pochi ma capace di influenzare tutti.
Ogni mattina i direttori di telegiornale continuano a sfogliare le prime pagine come se cercassero la sceneggiatura del giorno. Quando decidono di aprire un notiziario perché “sta su tutti i giornali”, non stanno solo riportando un fatto: lo consacrano come tema nazionale.

Questo potere invisibile crea un’ombra editoriale che avvolge la sfera pubblica.
La TV non è più autonoma: diventa un amplificatore di scelte già compiute altrove.
E i social, lungi dall’essere indipendenti, rincorrono e amplificano ciò che è stato già legittimato dalla stampa, generando un effetto-eco che si moltiplica.

Il risultato è una progressiva omogeneizzazione del dibattito pubblico: stessi temi, stesse parole, stesse cornici interpretative. Dalla TV ai talk show, dalla radio ai feed personalizzati, il mondo mediatico si ripete, e la complessità della realtà si appiattisce in una narrazione condivisa, rassicurante ma sempre più uniforme.

Nota cognitiva
Questo meccanismo sfrutta il nostro effetto di salienza
L’effetto di salienza è un fenomeno psicologico che ci porta a considerare più importanti i temi che vediamo ripetuti su più canali, perché diventano più “presenti” nella nostra mente.

Il risultato è un vero effetto valanga: un argomento può dominare la conversazione pubblica non perché sia oggettivamente il più rilevante, ma perché lo incontriamo ovunque: nei giornali, nei TG, nei feed social.
È così che funziona l’agenda-setting: i media, decidendo cosa mostrare e quanta attenzione dedicarvi, influenzano ciò che riteniamo prioritario.
Esempio classico: se i telegiornali aprono per giorni parlando di furti, anche se le statistiche mostrano un calo, la percezione diffusa sarà quella di una città meno sicura.

La nuova ecologia dell’agenda

Nell’era digitale il gioco si è fatto più complesso:

  • Un tweet può scatenare un’ondata mediatica globale.
  • Un post virale può costringere un quotidiano a occuparsi di un tema che aveva ignorato.
  • Gli algoritmi di raccomandazione determinano quali contenuti sopravvivono nei feed personalizzati.

Ma, come mostrano gli studi, per diventare davvero “tema del giorno” una notizia ha ancora bisogno di passare per i gatekeeper tradizionali: carta stampata, grandi broadcaster, agenzie stampa.
Sono loro a dare la consacrazione definitiva.

Quando la carta insegue
Tuttavia, non sempre è la carta a guidare.
Il movimento è esploso prima sui social, costringendo i quotidiani a seguirlo.
Nel caso del naufragio di Cutro, i primi video e testimonianze sono circolati su Telegram e TikTok ore prima che i giornali li pubblicassero.
Questi esempi mostrano che l’agenda-setting è oggi un campo di forze dinamico, dove anche il basso può dettare il passo.

Uno scenario futuro

Nei prossimi anni potremmo assistere a una agenda-setting algoritmica, dove le priorità non saranno più decise solo da editori o direttori, ma dai modelli di machine learning che ottimizzano in tempo reale per attenzione, engagement, reazioni emotive.
Questo solleva ulteriori interrogativi etici: chi controllerà questi algoritmi?
Potremo mai sapere “il perché” ci viene mostrata una notizia e non un’altra?
L’alfabetizzazione mediatica del futuro dovrà includere anche la capacità di “leggere” le scelte degli algoritmi: un nuovo tipo di rassegna stampa, questa volta invisibile.

Capire questa catena, e i suoi nuovi attori, è la prima forma di igiene cognitiva.
Sapere che l’agenda esiste ci permette di interrogarla, di rompere l’automatismo e di cercare voci fuori coro.


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