La Borsa del Gregge

Come i bias cognitivi guidano i mercati più delle leggi economiche

Quando si annuncia l’introduzione di nuovi dazi commerciali, la reazione immediata delle borse è spesso repentina e drammatica: indici che crollano, titoli che perdono valore, investitori in fuga. A prima vista, sembrerebbe un riflesso dell’economia reale, una risposta razionale a un cambiamento concreto. Ma è davvero così? Oppure, dietro queste reazioni, si cela qualcosa di molto più umano e meno razionale?

In realtà, l’andamento dei mercati finanziari, soprattutto in contesti di incertezza geopolitica, non è sempre guidato dalla logica. Piuttosto, assomiglia spesso a un comportamento tribale, una reazione collettiva influenzata da paure, narrazioni dominanti e meccanismi cognitivi che agiscono al di sotto della soglia della consapevolezza.

Uno dei fenomeni più evidenti è il cosiddetto effetto gregge: di fronte all’idea che il mercato possa subire perdite, molti investitori si precipitano a vendere, semplicemente perché anche gli altri lo stanno facendo. Il timore di “restare indietro” o di “perdere tutto” prevale su qualsiasi analisi razionale dei fondamentali economici. In questo scenario, il pensiero critico si sospende. Il mercato diventa una folla in panico.

Ma il gregge non è l’unico colpevole. In gioco ci troviamo euristiche ed anche diversi bias cognitivi ben noti agli psicologi comportamentali. L’euristica della disponibilità, ad esempio, spinge le persone a dare più peso alle informazioni recenti o facilmente accessibili: un tweet incendiario, un titolo allarmante, un’analisi pessimista. Tutto ciò contribuisce a creare una percezione distorta, amplificando la sensazione di pericolo.

Allo stesso modo, il bias della conferma porta ciascuno a cercare solo le notizie che rafforzano le proprie convinzioni o paure, ignorando dati più complessi o discordanti. E poi c’è il framing, ovvero il modo in cui una notizia viene presentata: se i media parlano di “guerra commerciale”, la reazione emotiva sarà inevitabilmente più forte che se si parlasse di “riequilibrio tariffario”.

Ciò che sorprende è la distanza tra economia reale e finanza emozionale. I dazi, nella maggior parte dei casi, impattano in modo differito e settoriale sull’economia reale, mentre la finanza reagisce in tempo reale, spesso senza fondamento. In altre parole, la borsa non misura ciò che accade, ma ciò che si crede stia per accadere. E quando le credenze sono dettate dalla paura, il risultato è una spirale emotiva autoalimentata.

In conclusione, osservare la reazione dei mercati all’introduzione dei dazi ci offre una lezione preziosa: l’economia, quando passa attraverso la lente dei media e della psicologia collettiva, si trasforma in un fenomeno culturale, narrativo, quasi teatrale. Le borse non reagiscono tanto ai fatti, quanto alle storie che ci raccontiamo su quei fatti — storie spesso fondate su emozioni primarie come la paura.

Così come la paura di essere invasi può spingere intere società a chiudersi, a costruire muri e barriere, anche nei mercati finanziari il timore dell’altro, del futuro, del cambiamento, produce comportamenti collettivi automatici, regressivi, quasi istintivi. In entrambi i casi, ciò che guida le scelte non è la razionalità, ma un bisogno inconscio di sicurezza e controllo.

È in questa zona grigia tra percezione e realtà che si gioca la vera partita del nostro tempo: non solo nei mercati, ma nella società intera.


Per chi crede ancora che i mercati siano razionali

Se pensi che la finanza segua solo modelli matematici, che gli investitori si comportino come freddi analisti e che la Borsa sia una nobile espressione della razionalità umana… ti conviene leggere qualcos’altro. Oppure dare un’occhiata ai classici dell’economia comportamentale, dove si racconta un’altra verità: i mercati non pensano — reagiscono, esagerano, imitano, si spaventano. In una parola, si comportano come un gregge sotto stress.
Ecco allora una selezione di autori che hanno avuto l’ardire di dire l’ovvio (ma con rigore scientifico): che dietro ai grafici ci sono esseri umani, pieni di bias, paure e credenze.
Buona lettura… e occhio agli allarmi sui dazi.

Robert J. Shiller – Euforia Irrazionale
Shiller ha analizzato come bolle speculative e crolli di mercato siano spesso generati da narrazioni collettive, mode e paure diffuse, piuttosto che da cambiamenti nei fondamentali economici. È uno dei teorici principali dell’economia comportamentale applicata ai mercati finanziari.
Daniel Kahneman – Pensieri Lenti e Veloci
Premio Nobel per l’economia, Kahneman ha dimostrato come il pensiero umano sia dominato da due sistemi: uno veloce, intuitivo ed emotivo (Sistema 1), e uno lento, razionale e analitico (Sistema 2). Le reazioni impulsive dei mercati sono attribuibili al predominio del Sistema 1, specialmente in condizioni di incertezza
Richard H. Thaler – Misbehaving. La Nascita dell’Economia Comportamentale
Thaler ha ampliato gli studi di Kahneman e Tversky, dimostrando come le decisioni economiche siano regolarmente distorte da fattori psicologici. È noto per aver introdotto il concetto di nudge (spinta gentile), utile per comprendere come piccoli segnali influenzino decisioni anche in contesti finanziari
Didier Sornette – Why Stock Markets Crash
Fisico e matematico, Sornette studia i mercati come sistemi complessi non lineari. Mostra come eventi apparentemente casuali (come l’annuncio di dazi) possano innescare reazioni a catena dovute alla struttura fragile dei sistemi finanziari e alle interazioni sociali tra gli agenti economici
Amos Tversky & Daniel Kahneman – Decidere nell’Incertezza: Euristiche e Bias
Studio fondativo che introduce formalmente i concetti di euristiche cognitive e bias sistematici nelle decisioni sotto incertezza. È alla base di gran parte dell’economia comportamentale moderna
Hersh Shefrin – Beyond Greed and Fear
Uno dei primi testi che applica in modo sistematico l’economia comportamentale alla gestione degli investimenti, spiegando come emozioni come l’avidità e la paura condizionino profondamente i mercati

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