Il colonialismo e la contesa per le risorse

Chi controlla le controlla il

Durante il colonialismo europeo in Africa si verificarono numerose guerre e conflitti. Le guerre tra le potenze non erano semplicemente il risultato di divergenze politiche o ideologiche, ma avevano spesso una radice economica ben precisa: il controllo delle risorse naturali e delle vie commerciali. Le guerre anglo-boere per i giacimenti d’oro e diamanti, la contesa anglo-francese in Sudan per il controllo delle rotte fluviali, l’invasione italiana della Libia per il petrolio: in tutti questi casi, le potenze si contendevano territori non per motivazioni astratte, ma per garantirsi vantaggi economici e strategici.

Un po’ di storia per introdurre un (azzardato..?) parallelismo

Sebbene la Conferenza di Berlino del 1884-85 avesse stabilito delle regole per la spartizione dell’Africa tra le potenze europee, in realtà questa divisione non impedì tensioni e scontri armati.

Ecco alcuni esempi significativi di conflitti tra potenze coloniali europee in Africa:

La guerra anglo-francese di Fashoda (1898)

  • Cause
    Francia e Gran Bretagna si contendevano il controllo del Sudan. La Francia voleva espandere il proprio dominio da ovest a est (dal Senegal al Mar Rosso), mentre la Gran Bretagna puntava a unire i territori dall’Egitto al Sudafrica lungo l’asse nord-sud.
  • Evento
    Nel 1898, forze francesi e britanniche si incontrarono a Fashoda, sul Nilo, e si trovarono in una situazione di stallo.
  • Esito
    La crisi fu risolta diplomaticamente con la vittoria britannica; la Francia si ritirò e accettò il dominio britannico in Sudan.

Le guerre anglo-boere (1880-1881 e 1899-1902)

  • Cause
    Le guerre furono combattute tra l’Impero Britannico e i Boeri (discendenti dei coloni olandesi) nelle regioni del Transvaal e dello Stato Libero d’Orange.
  • Motivazioni
    Il vero obiettivo britannico era il controllo delle ricche miniere d’oro e diamanti scoperte nel Transvaal.
  • Esito
    Nonostante la forte resistenza boera, la Gran Bretagna vinse la seconda guerra (1899-1902) e annesse i territori boeri al suo impero.

Conflitto italo-francese per la Tunisia (1881)

  • Cause
     L’Italia, da poco unificata, aveva interessi sulla Tunisia, una regione ricca di risorse e strategicamente importante nel Mediterraneo.
  • Evento
    La Francia, però, intervenne rapidamente e nel 1881 instaurò un protettorato sulla Tunisia, escludendo l’Italia, che rimase frustrata dal mancato successo (questo contribuì alla successiva alleanza dell’Italia con la Germania e l’Austria-Ungheria nella Triplice Alleanza).
  • Esito
    La Francia mantenne il controllo della Tunisia fino alla decolonizzazione.

Conflitto italo-ottomano per la Libia (1911-1912)

  • Cause
    L’Italia voleva espandere il proprio impero coloniale e puntava sulla Libia, allora sotto il controllo dell’Impero Ottomano.
  • Evento
    L’Italia dichiarò guerra all’Impero Ottomano nel 1911, occupando rapidamente le principali città costiere.
  • Esito
    Con il Trattato di Losanna (1912), l’Impero Ottomano cedette la Libia all’Italia, che la trasformò in colonia.

La rivalità anglo-tedesca in Africa orientale

  • Cause
    La Germania entrò tardi nella competizione coloniale, ma riuscì comunque a ottenere territori come l’Africa Tedesca del Sud-Ovest (Namibia), l’Africa Orientale Tedesca (Tanzania, Ruanda, Burundi) e il Camerun.
  • Tensioni
    La Germania e la Gran Bretagna si contesero diverse aree, in particolare la regione dell’Africa Orientale, ma evitarono scontri diretti grazie ad accordi diplomatici.
  • Esito
    Con la Prima Guerra Mondiale (1914-1918), la Germania perse tutte le sue colonie africane, che furono spartite tra Francia e Gran Bretagna.

Strategie di cooptazione dei Capi africani

  •  Amministrazione indiretta
    Indirect Rule – Modello britannico
    • I britannici, in particolare, adottarono una strategia di “governo indiretto” (indirect rule), teorizzata da Lord Frederick Lugard, governatore della Nigeria.Il sistema si basava sul mantenimento dei leader locali (re, capi tribali, sultani) al potere, ma sotto il controllo britannico.Questi capi avevano il compito di riscuotere tasse, mantenere l’ordine e implementare le decisioni dell’amministrazione coloniale.
    • Il risultato fu una doppia lealtà: da un lato, i capi africani conservavano un’apparenza di autorità; dall’altro, erano subordinati agli interessi coloniali.
  • Amministrazione diretta
    Direct Rule – Modello francese, belga e portoghese
    • La Francia, il Belgio e il Portogallo preferivano un modello più centralizzato, sostituendo molti leader locali con amministratori coloniali europei.Tuttavia, anche loro sfruttavano capi locali, ma spesso riducendoli a funzionari senza potere reale.
    • Il sistema francese mirava all’assimilazione: i capi africani più fedeli potevano essere francesizzati, ottenere cittadinanza francese e persino servire nel governo.
  • Capi fantoccio e collaborazionisti
    • In alcuni casi, le potenze coloniali sostituivano i leader ostili con capi più fedeli agli interessi europei.
    • Alcuni capi tradizionali accettarono di collaborare con i colonialisti in cambio di privilegi, armi e denaro.
    • Esempio: in Nigeria, i britannici mantennero gli Emiri musulmani nel nord, mentre nel sud imposero capi locali di loro scelta.
  • Strumentalizzazione delle rivalità locali
    • Le potenze coloniali alimentarono divisioni tra gruppi etnici per mantenere il controllo.
    • In Ruanda, i belgi favorirono la minoranza tutsi rispetto agli hutu, consolidando un sistema gerarchico che avrebbe poi portato ai conflitti post-coloniali.
  • Elite educata e burocrati africani
    • Francia e Belgio crearono scuole coloniali per formare un’élite africana “europeizzata” destinata a collaborare con l’amministrazione coloniale.
    • Tuttavia, questa élite fu anche la prima a sviluppare movimenti indipendentisti (es. Leopold Sédar Senghor in Senegal, Félix Houphouët-Boigny in Costa d’Avorio).

Esiti della cooptazione dei capi africani

  • Conflitti interni
    le politiche coloniali di favorire alcuni leader rispetto ad altri generarono divisioni etniche e rivalità che perdurarono anche dopo l’indipendenza.
  • Mancanza di leadership indipendente
    molti capi tradizionali persero autorità reale e si trovarono impreparati a governare dopo la decolonizzazione.


Un (azzardato ?) parallelismo

Ucraina, una nuova frontiera della competizione per le risorse

Se guardiamo alla storia della tragedia in Ucraina, possiamo intravedere una dinamica simile a quanto accadeva in Africa?  
Oltre alle questioni politiche, ideologiche e di sicurezza, l’Ucraina è un paese strategicamente cruciale per le sue risorse naturali e il suo ruolo nei mercati globali:

  • Risorse agricole
    è uno dei maggiori esportatori di grano al mondo, un elemento che la rende fondamentale per la sicurezza alimentare globale.
  • Risorse minerarie
    dispone di grandi giacimenti di ferro, uranio, litio, idrocarburi da scisto (da estrarre con tecnica del fracking, tra l’altro ritenuta causa di enormi danni alla natura e l’uomo) e altre materie prime strategiche.
  • Industria energetica
    oltre ad avere riserve di gas e petrolio, l’Ucraina ospita infrastrutture chiave per il transito del gas russo verso l’Europa.

Un aspetto fondamentale, che si ritrova sia nel colonialismo africano che nelle dinamiche geopolitiche contemporanee, è l’uso delle differenze identitarie ed etnografiche come strumento di dominio e controllo.
Le potenze coloniali europee, quando si spartirono l’Africa, non si limitarono a occupare territori e a sfruttarne le risorse, ma agirono attivamente per dividere le popolazioni locali e consolidare il proprio potere attraverso strategie di “divide et impera“.
La stessa logica si può ritrovare oggi nel conflitto in Ucraina, dove le differenze etniche, linguistiche e culturali vengono sfruttate per alimentare tensioni e giustificare interventi geopolitici.

Colonialismo e manipolazione delle Identità

Durante il dominio coloniale, gli europei alimentarono e talvolta crearono artificialmente divisioni tra gruppi etnici per impedire la formazione di una resistenza unitaria contro il potere coloniale.
Il caso del Ruanda e Burundi, dove i belgi favorirono i Tutsi rispetto agli Hutu, è emblematico: un sistema di gerarchizzazione etnica imposto dall’esterno servì a consolidare il controllo coloniale, ma gettò le basi per conflitti futuri. Lo stesso accadde in Nigeria, dove il governo britannico privilegiò l’élite musulmana del Nord rispetto ai gruppi del Sud, o in Sudan, dove le tensioni tra arabi e neri africani furono amplificate dal colonialismo anglo-egiziano.

L’idea alla base di queste strategie era semplice ma efficace: sfruttare le fratture identitarie per governare con meno resistenza. Favorendo una minoranza o esacerbando le rivalità etniche, i colonizzatori potevano mantenere il controllo senza dover impiegare un eccessivo numero di risorse militari e amministrative.

L’Ucraina e la frattura tra Est e Ovest

Se guardiamo all’Ucraina, possiamo osservare una dinamica simile. Il paese presenta una divisione storica e culturale tra l’Ucraina occidentale, più orientata verso l’Europa, e l’Ucraina orientale, più legata alla Russia. Questa frattura non è solo il risultato di processi naturali, ma è stata alimentata e sfruttata nel corso del tempo per scopi politici e strategici.

Linguistica e cultura
 La popolazione dell’est è in gran parte russofona e ha forti legami storici con Mosca, mentre l’ovest è ucrainofono e ha una tradizione più legata all’Europa centrale.

Economia e industria
Il Donbass, regione chiave della guerra, è storicamente il cuore industriale dell’Ucraina, con risorse minerarie ( tra cui le famose terre rare ) e industriali che hanno reso l’area economicamente strategica.

Manipolazione politica
L’Occidente ha enfatizzato la narrativa di una lotta tra democrazia e autoritarismo, mentre il Cremlino ha sfruttato queste divisioni (alimentate artificialmente ..?)  per giustificare il proprio intervento, sostenendo di proteggere le popolazioni russofone dall’“oppressione” di Kiev, creando una dicotomia altrettanto strumentale.

Paralleli con il colonialismo

Così come le potenze coloniali europee in Africa sfruttarono le divisioni etniche per mantenere il controllo sui territori conquistati, oggi le grandi potenze giocano sulle differenze identitarie per rafforzare le loro posizioni geopolitiche. L’Ucraina, proprio come molte ex colonie africane, è diventata un terreno di scontro in cui le divisioni interne sono amplificate da attori esterni con precisi interessi strategici.

L’analogia non significa che la situazione ucraina sia identica a quella africana durante il colonialismo, ma dimostra come, ancora oggi, le fratture identitarie siano strumenti potenti nelle mani di chi vuole consolidare il proprio dominio su una regione strategica.
L’identità, anziché essere un fattore di coesione e autodeterminazione, diventa una leva per manipolare, dividere e, in ultima istanza, controllare.

Imperialismo vecchio e nuovo

Un altro elemento che accomuna questi contesti è il concetto di imperialismo economico. Nel colonialismo tradizionale, gli imperi europei imponevano il loro dominio politico per sfruttare le risorse locali.
Oggi, la competizione tra potenze avviene con strumenti più sofisticati: alleanze economiche, sanzioni, investimenti strategici e guerre ibride.
Tuttavia, la logica di fondo rimane la stessa: chi controlla le risorse controlla il potere.

“Nihil est sine ratione” (Cicerone, De Divinatione, II, 15)


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