Lo sapeva già Filangieri, lo spiega oggi Amartya Sen: lo Sviluppo è Libertà
“Essere liberi di vivere la vita che si ha ragione di valutare come degna.”
(Amartya K. Sen)
C’è una domanda che, prima o poi, tutti ci poniamo: che cos’è la felicità?
Ma forse ce n’è una ancora più urgente, che riguarda non solo noi stessi, ma anche la società in cui viviamo: cosa significa davvero vivere bene?
Da economisti e politici ci sentiamo spesso rispondere che vivere bene significa crescita, PIL, occupazione, competitività. Ma se così fosse, dovremmo essere tutti felici.
E invece, nonostante lo sviluppo economico, il disagio sociale cresce, le disuguaglianze si allargano, e la sensazione di vuoto che attraversa il mondo “sviluppato” sembra dire altro.
È in questo spazio, fra la crescita economica e il senso di una vita degna, che si inserisce il pensiero di Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, autore del saggio fondamentale Lo sviluppo è libertà.
Un libro che, più di vent’anni dopo la sua pubblicazione, non ha perso un grammo di attualità.

La rivoluzione silenziosa dell’economia umana
Sen ha compiuto una rivoluzione silenziosa, eppure radicale: ha spostato l’attenzione dall’accumulazione dei beni alla qualità delle vite.
Secondo lui, il vero sviluppo non si misura in base alla ricchezza prodotta, ma alla libertà reale delle persone di vivere la vita che desiderano.
Non libertà astratte o formali, ma concrete capacità di fare, di essere, di scegliere.
Libertà, quindi, non come slogan, ma come strumento di emancipazione.
Non solo diritto di parola, ma accesso alla salute, all’istruzione, alla sicurezza.
Non solo il diritto di votare, ma la possibilità reale di partecipare alla vita sociale.
Non solo reddito, ma tempo, dignità, voce.
E qui arriva la domanda che molti si fanno leggendo Sen per la prima volta:
In parole povere, libertà = felicità?
La risposta è: quasi sì. Ma con una sfumatura importante.
Sen non promette che la libertà porti automaticamente alla felicità.
Dice, però, che senza libertà non si può nemmeno iniziare a esserlo davvero.
Perché se non puoi curarti, mangiare, studiare, parlare, votare o difenderti, non hai nemmeno la possibilità di decidere chi vuoi essere.
Capacitazione
il nuovo nome del benessere
A partire da questa intuizione, Sen elabora quella che chiama teoria delle capacità (capability approach), un paradigma alternativo per valutare il benessere e lo sviluppo umano.
Nel suo modello, non è sufficiente misurare ciò che una persona possiede: occorre guardare a ciò che è realmente in grado di fare e di essere con quelle risorse.
Sen introduce due concetti fondamentali:
- i functionings, ovvero i “funzionamenti effettivi” di una persona: essere nutrito, avere salute, lavorare, partecipare alla vita comunitaria;
- e le capabilities, cioè l’insieme di opportunità reali tra cui una persona può scegliere per realizzare quei funzionamenti.
La differenza è cruciale.
Una persona può possedere un computer e una connessione veloce, ma se non ha le competenze per usarli, quelle risorse restano strumenti inutilizzabili.
Le capabilities rappresentano proprio la libertà sostanziale di trasformare le risorse in vita vissuta.
Nel cuore di questa teoria c’è un principio fondamentale: le persone devono avere la possibilità concreta – non solo formale – di vivere una vita significativa.
Ecco allora che due individui con lo stesso reddito possono avere capacità molto diverse, a seconda del contesto in cui vivono, del loro stato di salute, dell’istruzione ricevuta, del genere, della cultura.
In questo senso, il concetto di povertà si estende dalla sola assenza di denaro anche all’assenza di libertà sostanziale.
E lo sviluppo autentico è ciò che espande le possibilità, non solo i portafogli.
Le cinque libertà che si tengono per mano
Sen elenca cinque libertà strumentali che si rafforzano a vicenda:
- Libertà politiche
il diritto di partecipare, esprimersi, votare. - Opportunità economiche
accesso al lavoro, a un reddito dignitoso. - Opportunità sociali
sanità, scuola, assistenza. - Garanzie di trasparenza
sapere come funzionano le istituzioni. - Sicurezza protettiva
protezione dalla fame, dalla disoccupazione, dalla violenza.
Non è un elenco di buone intenzioni. È una mappa del mondo possibile, dove ogni libertà sostiene le altre.
Una democrazia riduce le carestie. Un’istruzione migliore genera salute. La giustizia crea fiducia.
La libertà, dice Sen, non è un lusso. È la base stessa dello sviluppo.
La felicità come diritto
Un filo che parte da Napoli rileggendo Sen: il pensiero torna a un’altra figura meno nota ma profondamente affine: Gaetano Filangieri, riformatore napoletano del Settecento, che ne
La Scienza della Legislazione scriveva:
“La felicità pubblica consiste nella somma delle felicità individuali, e il dovere delle leggi è di produrre questa felicità.”
Ecco il punto d’incontro: Gaetano Filangieri parlava di felicità come progetto politico, Sen la traduce in capacitazioni come infrastruttura morale dello sviluppo.
Entrambi ci ricordano che non basta che tutti siano formalmente liberi: devono esserlo realmente.
E che la dignità non è una questione individuale, ma una responsabilità collettiva.
Perché leggere Lo sviluppo è libertà oggi?
Perché in un’epoca in cui lo sviluppo è spesso confuso con la performance, in cui la tecnologia corre ma la giustizia arranca, e in cui la crescita si misura più facilmente con un algoritmo che con una storia di vita, abbiamo bisogno di ripensare cosa significhi davvero “progredire”.
Sen ci offre una risposta non ideologica, non utopica, ma umana e possibile. Una bussola etica per chi vuole pensare un mondo dove le persone non solo vivano, ma possano scegliere come farlo.
E se oggi chiedessimo alla politica non più solo:
“Quanto cresceremo quest’anno?”
ma:
“Quanti sono davvero liberi ?”
altri temi/recensioni in questo blog : >>
Lascia un commento