Una diatriba tra due miei cinquetennali amici, oggi in corso sulla mia bacheca facebook mi spinge a questa riflessione.
La comunicazione è una scienza complessa che si occupa dello studio dei processi di trasmissione, ricezione e interpretazione dei messaggi tra individui, gruppi e società. Attraverso la comunicazione, le persone scambiano informazioni, esprimono emozioni, trasmettono valori e influenzano reciprocamente il proprio modo di pensare e agire. Tuttavia, nonostante il suo ruolo fondamentale nella società, la comunicazione non è immune da sfide e rischi, tra cui l’uso di iperboli e messaggi negativi.

Quando si parla di messaggi provocatoriamente negativi, ci si riferisce a comunicazioni che utilizzano toni forti, esagerazioni o presentano aspetti negativi in modo accentuato al fine di suscitare una forte reazione emotiva o di attirare l’attenzione del pubblico. Questi messaggi possono essere utilizzati per mettere in evidenza problemi sociali, politici o ambientali, ma spesso tendono a semplificare la realtà, enfatizzando gli aspetti negativi e creando una polarizzazione delle opinioni. Ad esempio, un messaggio provocatorio potrebbe presentare una situazione complessa e delicata in modo estremamente negativo, amplificando gli aspetti più drammatici o minacciosi. Questo può essere fatto attraverso l’utilizzo di slogan forti, immagini scioccanti o dichiarazioni controverse, come ad esempio impiegate dall’attore Grillo durante le campagne di comunicazione politica del movimento 5 stelle.

L’obiettivo è catturare l’attenzione del pubblico in modo immediato, ma a volte a scapito della completezza e dell’equilibrio dell’informazione. I messaggi provocatoriamente negativi possono essere efficaci nel generare un impatto emotivo sul pubblico e nel suscitare dibattiti accesi. Tuttavia, possono anche portare a fraintendimenti, semplificazioni e divisioni. Questi messaggi tendono a polarizzare le opinioni, accentuando le differenze anziché favorire una comprensione approfondita e un dialogo costruttivo. Inoltre, possono influenzare le persone con un senso critico limitato o predisporle a giudicare precipitosamente senza considerare il contesto più ampio. È importante sottolineare che i messaggi provocatoriamente negativi non rappresentano l’unico approccio alla comunicazione. Esistono molte altre strategie comunicative che mirano a informare, educare e promuovere una visione più completa e articolata della realtà. L’utilizzo di messaggi equilibrati, basati su fatti verificabili e presentati in modo obiettivo, può favorire una comprensione più accurata e una partecipazione costruttiva da parte del pubblico.
Spesso, per attirare l’attenzione del pubblico e sensibilizzare su tematiche importanti, si ricorre all’utilizzo di messaggi provocatori. Questi messaggi, caratterizzati dall’uso di esagerazioni e toni forti, mirano a suscitare una reazione emotiva nel destinatario e a stimolare il dibattito pubblico. Tuttavia, l’effetto sui processi percettivi di tali messaggi può essere ambiguo e portare a interpretazioni errate, soprattutto da parte di persone con poco senso critico o affette da un pensiero polarizzato.
La percezione forma la nostra Mappa
Il processo percettivo si riferisce alla serie di passaggi che il nostro cervello compie per interpretare e dare un senso alle informazioni sensoriali provenienti dall’ambiente circostante. Esso coinvolge il modo in cui percepiamo, riconosciamo e interpretiamo stimoli come immagini visive, suoni, gusti, odori e sensazioni tattili. Il processo percettivo può essere suddiviso in diverse fasi:
- Sensazione: questa è la fase iniziale in cui gli organi sensoriali (come gli occhi, le orecchie, il naso, la lingua e la pelle) rilevano e ricevono gli stimoli provenienti dall’ambiente. Ad esempio, gli occhi rilevano le onde luminose e le orecchie rilevano le onde sonore.
- Trasduzione: in questa fase, le informazioni sensoriali vengono convertite in segnali neurali che possono essere elaborati dal sistema nervoso centrale. Ad esempio, la luce che colpisce la retina dell’occhio viene tradotta in impulsi elettrici che vengono inviati al cervello.
- Percezione: questa fase coinvolge l’interpretazione e l’organizzazione delle informazioni sensoriali da parte del cervello per creare una rappresentazione soggettiva della realtà. La percezione può essere influenzata da fattori come l’attenzione, l’esperienza passata, le aspettative e le emozioni.
- Riconoscimento: in questa fase, il cervello confronta le informazioni sensoriali attuali con schemi e memorie preesistenti per identificare e riconoscere gli oggetti, i suoni o le esperienze. Ad esempio, riconosciamo un viso familiare confrontandolo con le memorie di volti che abbiamo accumulato nel tempo.
- Interpretazione: questa è la fase in cui assegniamo un significato alle informazioni sensoriali sulla base delle nostre conoscenze, delle nostre convinzioni e delle nostre esperienze. L’interpretazione può variare da individuo a individuo a causa delle differenze nella percezione soggettiva e nell’elaborazione cognitiva.

Ma la mappa non è il territorio
Il processo percettivo è un processo complesso e soggettivo che può essere influenzato da molti fattori, come la cultura, l’ambiente, le emozioni e le aspettative personali. La nostra percezione del mondo è il risultato di questa elaborazione cognitiva che avviene continuamente nel nostro cervello.
L’affermazione “la mappa non è il territorio” è un concetto fondamentale nell’ambito della psicologia e della teoria della comunicazione. Essa indica che la nostra percezione della realtà non è la realtà stessa, ma piuttosto una rappresentazione soggettiva e interpretata di essa.
La mappa può essere intesa come la nostra interpretazione personale del territorio, cioè della realtà esterna. Ognuno di noi ha la propria mappa basata su esperienze, conoscenze, credenze e filtri mentali individuali. Questi fattori influenzano la nostra percezione e interpretazione del mondo.
Tuttavia, è importante ricordare che la mappa non è la realtà stessa. Essa è solo una rappresentazione soggettiva, che può differire da persona a persona. Ciò significa che due individui possono percepire e interpretare lo stesso evento in modi completamente diversi.
Questo concetto ha implicazioni significative nella comunicazione, poiché ciò che diciamo o facciamo può essere interpretato in modi diversi da diverse persone, in base alle loro mappe individuali. Ciò può portare a fraintendimenti, disaccordi e conflitti.
Riconoscere che la mappa non è il territorio ci aiuta a sviluppare una maggiore consapevolezza e apertura mentale nella comunicazione. Ciò implica l’ascolto attivo, la considerazione di diverse prospettive e la volontà di comprendere le mappe degli altri. Questa consapevolezza può favorire una comunicazione più efficace e una migliore comprensione reciproca.
Le persone con un senso critico limitato possono prendere alla lettera le iperboli o i messaggi negativi senza considerare il contesto o le sfumature. Questo può portare a fraintendimenti e semplificazioni e influenzare negativamente la comprensione del problema affrontato. Un esempio eclatante di questa dinamica è rappresentato dai discorsi politici che, attraverso la semplificazione e l’utilizzo di slogan provocatori spesso basati sulla fascinazione del male, possono spingere le persone a formulare giudizi precipitosi senza approfondire le questioni.
Dal punto di vista cognitivo, l’emozione negativa può suscitare una reazione immediata nello spettatore per diversi motivi. La nostra mente è predisposta a dare maggiore attenzione agli stimoli negativi rispetto a quelli positivi, un fenomeno noto come “bias negativo”. Questo bias è radicato nelle nostre esperienze evolutive, in quanto gli esseri umani hanno sviluppato una maggiore sensibilità verso le situazioni pericolose o minacciose al fine di garantire la sopravvivenza. Inoltre, le emozioni negative tendono ad essere più intense e coinvolgenti rispetto alle emozioni positive. Studi scientifici hanno dimostrato che le emozioni negative, come la paura o la rabbia, attivano regioni cerebrali associate all’attenzione e alla memoria in modo più significativo rispetto alle emozioni positive, come la gioia o la felicità. Questo meccanismo di attivazione neuronale favorisce la conservazione delle informazioni legate alle emozioni negative nella nostra memoria a lungo termine. Inoltre, l’emozione negativa può avere un impatto più immediato perché può violare le nostre aspettative o le nostre schematizzazioni cognitive preesistenti. Quando siamo esposti a situazioni o informazioni che contrastano con le nostre aspettative, la nostra mente viene stimolata a elaborare l’informazione in modo più attento e profondo. Ciò può portare a una maggiore reattività emotiva e a una risposta immediata per cercare di comprendere e affrontare la situazione inaspettata. Infine, l’emozione negativa può generare un senso di urgenza e di imminenza rispetto alla necessità di agire o di reagire. Questo può essere dovuto alla percezione di una minaccia immediata o di una situazione di pericolo imminente. La nostra mente è programmata per reagire prontamente alle situazioni di pericolo per garantire la sopravvivenza e il benessere. Pertanto, quando siamo esposti a messaggi o stimoli che evocano emozioni negative, la nostra mente può essere spinta a una risposta immediata e a una maggiore attivazione cognitiva.
Ed ecco che la fascinazione del male può talvolta attirare l’attenzione di uno spettatore distratto più di un messaggio positivo o buonista. Questo fenomeno può essere attribuito a diversi fattori psicologici e sociali che influenzano la nostra percezione e la nostra risposta agli stimoli comunicativi. Innanzitutto, il male o gli aspetti negativi della vita possono suscitare un senso di curiosità morbosa o di fascinazione. Siamo inclini ad essere attratti da ciò che ci spaventa o ci inquieta, perché ciò attiva le nostre emozioni e ci stimola a indagare ulteriormente. La natura umana è talvolta attratta da storie drammatiche, controverse o sensazionali, che ci fanno riflettere su questioni complesse o ci mettono di fronte a situazioni estreme. Inoltre, viviamo in un’era in cui i media e l’intrattenimento sono abbondanti e competitivi, quindi per catturare l’attenzione di un pubblico sempre più distratto e saturato di informazioni, spesso si ricorre a strategie che puntano sull’impatto emotivo immediato. I messaggi negativi, provocatori o scandalistici possono sembrare più intensi e coinvolgenti rispetto a quelli positivi o incentrati sul bene comune. Questo perché l’emozione negativa può essere più facilmente suscitata e può generare una reazione immediata nello spettatore.
Inoltre, le persone affette da pensiero polarizzato tendono ad aderire a posizioni estreme e a percepire le questioni in termini di “noi contro di loro”. Questo atteggiamento rende più facile per loro accettare e amplificare i messaggi provocatori senza cercare fonti di informazione alternative o considerare punti di vista diversi. La conseguenza è una maggiore polarizzazione e una riduzione del dialogo costruttivo, che a sua volta può ostacolare la comprensione e la ricerca di soluzioni comuni.
Eppure, è importante riconoscere che la comunicazione efficace dovrebbe andare al di là delle semplici provocazioni. Dovrebbe cercare di promuovere una comprensione approfondita, una riflessione critica e una partecipazione attiva. Ciò significa che l’utilizzo di messaggi provocatori dovrebbe essere bilanciato con un contesto informativo più ampio e una presentazione equilibrata dei fatti. Inoltre, incoraggiare il pensiero critico e la ricerca di fonti affidabili può aiutare le persone a sviluppare una comprensione più completa e articolata delle problematiche affrontate.
La sfida per i comunicatori è quella di creare messaggi che siano accattivanti e coinvolgenti senza compromettere l’integrità delle informazioni trasmesse. Questo richiede una responsabilità etica nell’utilizzo delle strategie comunicative e la consapevolezza dei possibili effetti che i messaggi possono avere sul pubblico. La comunicazione dovrebbe essere uno strumento per educare, informare e incoraggiare una visione più ampia e complessa della realtà, anziché alimentare divisioni e fraintendimenti.
Concludendo
I messaggi provocatori possono essere un’arma a doppio taglio. Se da un lato possono essere utilizzati per sensibilizzare e attirare l’attenzione del pubblico su tematiche importanti, dall’altro possono essere male interpretati da persone con poco senso critico o affette da pensiero polarizzato. Pertanto, è fondamentale che la comunicazione sia basata su informazioni complete, contestualizzate e presentate in modo equilibrato, al fine di favorire una comprensione più accurata e una partecipazione costruttiva da parte del pubblico. Solo attraverso una comunicazione responsabile e consapevole possiamo contribuire a una società più informata, consapevole e inclusiva , …
evitando di cadere nella Tana del coniglio

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