Episodio 3. Quando il vicolo sa che ore sono

L’orologio parlante di Napoli
(Raccontato dallo scrittore Maurizio de Giovanni)

Qualche tempo fa, mentre passeggiava per i vicoli di Napoli, Maurizio de Giovanni si imbatte in una scena che sembrava uscita da un suo romanzo.

Una donna distinta, dall’aria elegante e il passo svelto, cammina con decisione sul marciapiede. A un tratto si ferma davanti alla finestra aperta di un basso napoletano. Sul davanzale si affaccia una donna dai tratti inconfondibili: una popolana verace, con quello sguardo fiero e ironico che solo certe napoletane sanno avere.

La signora elegante si rivolge a lei:
«Signò, sapete l’ora?»

Senza scomporsi, e soprattutto senza nemmeno guardare un orologio, la popolana risponde:
«Certo. È l’una.»

La signora, sorpresa dalla prontezza, chiede di nuovo:
«Siete sicura?»

E la donna, con tono secco e definitivo, replica:
«Sicurissima. O verrit sta arrivando chella stronza di mia nuora. Nun tene voglia ’e cucinà, e ogni giorno vene a piglià ’o pranzo pe tutta ’a famiglia.»

De Giovanni, napoletano doc e non certo ingenuo, rimane comunque colpito. Guarda in direzione della porta e, puntuale come un segnale orario, vede arrivare una giovane donna con dei contenitori di plastica.

Controlla l’orologio.
Sono le 13:00 in punto.


Il tempo, a Napoli, non lo segnano gli orologi.

È fatto di gesti che si ripetono, di abitudini che si trasmettono, di relazioni che scandiscono il ritmo del quotidiano.
Il tempo non è un’entità astratta: ha carne, voce, memoria.

La città sa.
Non perché ha visto, ma perché ha già vissuto.
E quando ti risponde, non lo fa mai con precisione meccanica, ma con quella precisione profonda che nasce dall’esperienza.
Napoli non misura il tempo: lo riconosce.

Per questo, a volte, basta una finestra e una battuta per sapere che ore sono.
E capire che, qui, nulla è mai solo ciò che sembra.


Episodio zero – Topografie dell’invisibile
Viaggio narrativo attraverso i codici nascosti di Napoli: un portale d’accesso a una città che si legge come un metaverso, si ascolta come una foresta, si vive come una soglia.

Episodio 1 – Napoli, foresta antropologica
La città come rizoma culturale: ecosistemi urbani autonomi, estetiche endogame, periferie relazionali, zone di attrito tra sistemi. Napoli come organismo vivo che resiste alla mappa.

Episodio 2 – Napoli, il metaverso reale
Napoli come città-avatar, sistema immersivo. Dove ogni quartiere è una land, ogni nome un protocollo di accesso, e il corpo stesso è un visore. La realtà qui è più complessa della simulazione.

Episodio 4 – Il napoletano che domò gli afghani
Dall’organismo urbano ai confini del mondo. Un racconto che attraversa la geografia e torna alla radice: il Mediterraneo come codice genetico. Perché Napoli non è solo un luogo: è una mentalità capace di governare anche l’inconoscibile.

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