Dalla guerra moderna alla sicurezza civile, una rete vale più di una torre
Nel cuore della trasformazione digitale delle forze armate statunitensi, il First Corps dell’esercito USA, noto come I Corps, sta sperimentando una delle innovazioni più profonde della dottrina operativa moderna: il comando distribuito cognitivo.
In un contesto bellico sempre più frammentato, imprevedibile e iperconnesso, la vecchia struttura piramidale del comando, con ordini che scendono da un vertice centrale, non è più sufficiente.
Oggi, l’efficacia si misura sulla capacità di decidere rapidamente, localmente, e in rete.
I Corps
la nuova frontiera del comando
Dislocato a Joint Base Lewis-McChord (Stato di Washington), I Corps è una formazione chiave per il teatro indo-pacifico. Ma ciò che lo rende esemplare è la sua sperimentazione di una architettura operativa distribuita:
– non più un solo quartier generale fisso,
– ma una costellazione di nodi mobili, digitali, interoperabili,
– connessi attraverso reti resilienti, cloud militari, edge computing.
Questo approccio consente di frammentare il comando, garantendo continuità operativa anche sotto minaccia. Ogni nodo può ricevere informazioni, elaborarle localmente con intelligenza artificiale, e contribuire alla risposta strategica. È un comando che “pensa” sul campo: cognitivo, adattivo, distribuito.
E se questo concetto lo avessimo già sperimentato, in altro modo?
Nel mondo militare, questa evoluzione è recente. Ma nel contesto civile e nazionale italiano, esiste un modello che ne anticipa sorprendentemente la logica di base, pur in una versione analogica: la rete territoriale dell’Arma dei Carabinieri.
Il prodromo Italiano
l’Arma rete intelligente di prossimità
L’Arma dei Carabinieri, con le sue oltre 4.600 stazioni dislocate capillarmente sul territorio italiano, è, a mio avviso, da sempre una rete di comando distribuito locale, capace di:
- raccogliere dati e segnalazioni dalla popolazione,
- leggere i segnali deboli,
- intervenire con tempestività grazie a un’autonomia operativa controllata,
- integrarsi con livelli superiori (compagnie, comandi provinciali, centrali operative).
Si tratta di un modello a nodi, dove ogni stazione non è solo terminale esecutivo, ma centro attivo di percezione, analisi e intervento, in grado di collaborare con altre stazioni e con i comandi superiori in modo flessibile e sinergico.
Pur privo delle tecnologie digitali odierne, questo assetto riflette molti principi oggi propri del mission command distribuito militare: presenza sul campo, capacità decisionali decentrate, orientamento adattivo alla situazione reale.
Dal comando analogico a quello cognitivo
Il valore del parallelo non è nella tecnologia, ma nel modello organizzativo.
La rete territorial dei Carabinieri è, di fatto, una struttura pre-digitale che incarna il concetto di comando distribuito adattivo.
La sfida attuale consiste nel potenziarla digitalmente, rendendola:
- interoperabile tramite reti TETRA o 5G pubblico-sicurezza,
- arricchita da IA e sistemi predittivi,
- collegata a simulatori immersivi e piattaforme di training
- capace di integrarsi con altri attori (Protezione Civile, Polizia Locale, Vigili del Fuoco, sanitari) in un ecosistema cognitivo unificato.
Questo sarebbe il salto verso un comando cognitivo distribuito civile, applicabile a emergenze, sicurezza urbana, monitoraggio ambientale e gestione di grandi eventi.

Una lezione nascosta nella tradizione dell’Arma dei Carabinieri
In un’epoca di innovazioni frenetiche, non sempre serve inventare da zero.
A volte, è la tradizione a contenere già un’intuizione utile.
L’organizzazione dell’Arma può essere riletta non come struttura rigida da riformare, ma come infrastruttura relazionale da potenziare, ispirandosi a quanto sta accadendo nel mondo militare digitale.
Se l’AI, il cloud e la simulazione immersiva possono rendere intelligente una struttura preesistente, allora l’Italia attraverso l’Arma dispone già oggi del telaio umano e territoriale per realizzare un comando distribuito civile del futuro.
Basta volerlo vedere. E connetterlo.
Approfondimento
Connessione al pensiero sistemico e al paradigma olonico
Quanto osservato nell’evoluzione del comando distribuito, sia nella forma avanzata e digitalizzata del First Corps USA, sia nella rete umana di prossimità dell’Arma dei Carabinieri, può essere ulteriormente compreso se collocato all’interno di un paradigma sistemico più ampio: quello della rete olonica.
Già in un mio precedente contributo su questo blog, intitolato “Un sistema olonico nella elaborazione di nuovi paradigmi organizzativi”, avevo analizzato come i modelli organizzativi del futuro non dovessero essere né esclusivamente gerarchici, né puramente reticolari, ma strutturati secondo unità dinamiche – gli holon – che operano sia come parte che come intero, capaci di adattarsi, dialogare tra livelli diversi e generare intelligenza collettiva.
Nel modello olonico:
- ogni nodo possiede autonomia operativa, ma anche capacità integrativa con il sistema superiore;
- la flessibilità, la resilienza e la responsività situazionale emergono come proprietà strutturali;
- l’organizzazione evolve in modo auto-organizzato, orientata da scopi comuni ma non vincolata da centri unici di comando.
Oggi, la trasformazione digitale delle forze armate e l’adozione di tecnologie cognitive nei sistemi di sicurezza ci offrono l’occasione concreta per attuare quelle intuizioni: ripensare il comando come un ecosistema adattivo, e le reti operative come organismi intelligenti.
La vera innovazione, dunque, non è solo tecnica: è ontologica.
Si tratta di ripensare cosa sia un’organizzazione, come apprendano i suoi nodi, e come possano reagire insieme pur restando autonomi.
E forse, senza accorgercene, ci stiamo finalmente avvicinando a quel modello post-gerarchico e post-burocratico che la teoria olonica indicava già da tempo.
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