Leone contro i Leoni

Un Papa agostiniano nell’era delle eresie suprematiste

Roma, 8 maggio 2025. La fumata bianca avvolge il cielo sereno di Piazza San Pietro.
I volti si alzano, le campane suonano, la storia riprende fiato. Dalla Loggia delle Benedizioni arriva l’annuncio che rompe l’attesa: Habemus Papam. E poi, il nome: Leone XIV.

Robert Francis Prevost, agostiniano, statunitense di nascita, peruviano per vocazione, è il primo Papa americano della storia. Ma la sua elezione non è un trionfo dell’America sul mondo: è semmai un messaggio della Chiesa al cuore ferito dell’Occidente.
Un Papa che viene da Chicago ma che ha imparato a vivere il Vangelo tra le strade polverose dell’America Latina, tra i poveri, tra le tensioni di un Sud globale ignorato e profetico.

Il nome scelto, Leone, non è casuale. È un nome che ruggisce. Evoca la fermezza dottrinale di Leone I, che fronteggiò Attila e difese Roma, e la lungimiranza sociale di Leone XIII, che nel 1891 scrisse la Rerum Novarum per denunciare l’ingiustizia del capitalismo selvaggio.

E oggi?

Oggi il mondo non è più diviso da un Muro, ma da ideologie liquide che penetrano anche le religioni, svuotandole dall’interno. Negli Stati Uniti,ma non solo, proliferano chiese settarie, gruppi suprematisti che usano la croce come clava, predicatori che confondono il Vangelo con la propaganda.
È il volto moderno dell’eresia: un cristianesimo idolatrico, piegato al dominio, fondato sull’orgoglio e non sulla carità.

E qui il parallelo si fa inevitabile.

Come nel 1978 fu eletto Giovanni Paolo II, il Papa venuto da un’Europa oppressa dal comunismo ateo, oggi la Chiesa sceglie un Papa che rappresenta un’altra resistenza:
quella contro le nuove eresie suprematiste del capitalismo dell’Ovest,
contro l’adorazione del mercato, la confusione tra fede e ideologia, la trasformazione del messaggio cristiano in uno strumento identitario e politico.

Così come Wojtyła indicò una via d’uscita dall’oppressione atea del comunismo dell’Est,
Leone XIV potrebbe essere oggi il contraltare profetico alle nuove eresie suprematiste del capitalismo dell’Ovest.

Non sarà un Papa che grida, ma uno che pensa. Non parlerà in nome di poteri mondani, ma dalla profondità della coscienza agostiniana, là dove si annida la verità.
Come Agostino, potrebbe indicare una “Città di Dio” da ricostruire non con le armi, ma con la conversione dell’anima.

Leone XIV non è solo un pontefice. È un segno dei tempi.
Una risposta spirituale a un’epoca che ha smarrito il confine tra salvezza e successo, tra Vangelo e algoritmo, tra Dio e nazione.

Se saprà ascoltare il rumore sotterraneo della storia, come fece Wojtyła, potrà non salvare un impero, ma risvegliare le coscienze.
E questo, oggi, potrebbe essere il miracolo più necessario.


#PopeLeoXIV

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