Oggi mi sto dedicando a pubblicare delle recensioni che avevo abbozzato e concludo la giornata con quest’ultima per una pellicola che ho visto ieri su Sky.
Michael Keaton tra memoria e redenzione
Negli ultimi anni, il filone del killer in declino cognitivo ha trovato spazio nel cinema contemporaneo con diverse declinazioni, tra cui La memoria dell’assassino di Erik Van Looye il suo remake Memory di Michel Franco.
Tuttavia, Knox Goes Away, diretto e interpretato da Michael Keaton, si distingue da queste opere non solo per una sceneggiatura originale firmata da Gregory Poirier, ma anche per un approccio più intimo e riflessivo.
Il killer che perde se stesso
Michael Keaton interpreta John Knox ex militare, colto e molto intelligente, che dopo un lungo corso di sicario scopre improvvisamente di essere affetto da una forma aggressiva di demenza.
Consapevole di avere poco tempo prima che la malattia gli sottragga ogni ricordo, vorrebbe intraprendere una corsa contro il tempo per rimediare agli errori del passato.
L’occasione gli si prospetta accidentalmente nell’improvviso incontro con suo figlio che non vedeva da anni.
La narrazione si sviluppa in un crescendo di tensione, dove l’azione e il dramma psicologico si fondono in un intreccio che esplora il senso della colpa, dell’identità e della perdita.
La redenzione attraverso il legame padre-figlio
L’elemento chiave della storia è il rapporto tra Knox e suo figlio, il quale, pur conoscendo la vita oscura del padre, si trova costretto a chiedere il suo aiuto.
Questo evento innesca nel protagonista un senso di responsabilità che va oltre la semplice responsabilità di padre: è l’ultima occasione per fare qualcosa di giusto, per lasciare un segno positivo prima che la sua mente svanisca del tutto.
Il loro rapporto, teso e complesso, diventa il vero motore della redenzione di Knox, un uomo che ha vissuto nell’ombra e che ora, nel momento più fragile della sua esistenza, cerca un ultimo spiraglio di luce attraverso il ritrovato legame con il figlio.
Lontano dai canoni dell’action, a differenza del remake Memory e della precedente pellicola belga del 2003, Knox Goes Away si allontana dalla struttura dell’action thriller puro per abbracciare una dimensione più introspettiva.
La regia di Keaton enfatizza il senso di smarrimento del protagonista, utilizzando inquadrature soggettive, giochi di luce e sequenze che restituiscono la frammentazione della memoria.
Questo non è solo un film su un assassino che si vuole redimere, ma su un uomo che combatte con il deteriorarsi della propria coscienza, rendendo la storia un thriller atipico, più vicino al noir esistenziale che al semplice genere crime.
Il cultural placement di questo film, nel panorama cinematografico attuale, inserisce Knox Goes Away i in un filone che rilegge il crime movie attraverso il filtro della fragilità umana.
La scelta di affrontare il tema della demenza in un contesto di thriller non è casuale: il film riflette sull’identità in un’epoca in cui il controllo e la memoria digitale sembrano garantire utopisticamente l’immutabilità del sé.
In un periodo in cui la percezione del tempo è sempre più alterata dalla tecnologia e dalla velocità dell’informazione, la condizione di Knox diventa una metafora potente sulla perdita del controllo personale e sull’ineluttabilità del declino.
Knox Goes Away si distingue per la sua unicità stilistica e tematica. Il film di Michael Keaton non è solo un thriller, ma un viaggio nella mente di un uomo che si sgretola, tra luci e ombre della propria coscienza. Ma soprattutto, è una storia di redenzione, in cui il protagonista trova un ultimo appiglio alla propria umanità attraverso il rapporto con il figlio.
Un’opera che, nel panorama odierno, si afferma come un noir moderno capace di coniugare tensione e introspezione, confermando Keaton come un autore capace di esplorare nuove profondità cinematografiche.
altri temi/recensioni in questo blog : >>
Lascia un commento