Tra coscienza e mondo. Introduzione alla Noetica Applicata

La parola “noetica” è entrata spesso nel lessico pop, talvolta con un alone di sospetto.
Viene associata a mistica, parapsicologia, intuizioni non scientifiche.
Eppure, il suo significato originario è molto diverso.
Deriva da noûs: intelletto, mente, capacità di comprendere.
Nel modo in cui la uso qui, la noetica è lo studio dei processi della mente che costruiscono conoscenza, cioè di come coscienza, informazione e mondo si intrecciano.
Non è una fuga dalla scienza.
È uno spazio intermedio tra neuroscienze, fisica, filosofia della mente, linguaggio e immaginario.
Io la voglio chiamare Noetica Applicata: quella disciplina che potrebbe forse studiare, un giorno, non che cosa è la coscienza (problema ancora aperto), ma come la coscienza influisce sui processi cognitivi, percettivi, sociali e tecnici.
È il ponte tra osservatore e mondo.

E per capire perché una disciplina così serve oggi, basta guardare un esperimento recente e controverso:
in un test di interferenza ottica, la semplice osservazione consapevole delle persone ha prodotto un segnale fisico anomalo.
Non magia.
Non “poteri mentali”.
Un effetto statistico reale, misurato in laboratorio, che però va ancora compreso e sottoposto a critica.
La domanda non è:
“La mente controlla la materia?”
ma una più interessante:
“Come interagiscono osservazione, informazione e fenomeni fisici?”
Ed è tempo, almeno, di smettere di liquidarla con una scrollata di spalle.

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Per cominciare, cos’è davvero la Noetica?

La parola “noetica” deriva da noûs, “intelletto”, “mente”, “capacità di comprendere”.
Nella storia della filosofia indica:

  • la facoltà di cogliere relazioni astratte,
  • la capacità interpretativa della coscienza,
  • l’intelligenza che organizza l’esperienza.

Negli ultimi decenni il termine è stato spesso spostato sul versante “misterico”, usato per parlare di poteri della mente, spiritualità, fenomeni anomali. Questo ha creato confusione, e una reazione di rigetto nel mondo accademico.

Se però torniamo all’impianto serio, possiamo intendere la noetica come un campo di studi che incrocia:

  • scienze cognitive e neuroscienze,
  • fenomenologia e filosofia della mente,
  • epistemologia (come conosciamo e che cosa chiamiamo “vero”),
  • alcuni modelli fisici in cui l’osservatore non è neutrale.

In questo senso, e lo sottolineo: in questo senso operativo che sto proponendo io,  la noetica è una “scienza della relazione” tra coscienza, informazione e mondo.

Se oggi volessimo costruire una tradizione noetica rigorosa, ci potremmo appoggiare a autori come:

  • Varela (enattivismo e neurofenomenologia, la mente come azione incarnata),
  • Husserl (analisi sistematica dell’esperienza cosciente),
  • Chalmers (hard problem e informazione come possibile costituente fondamentale),
  • Tononi (Integrated Information Theory),
  • Barrett (emozioni come costruzioni predittive),
  • Wheeler, Rovelli (relazionalità e informazione nella fisica).

Sei autori per una Noetica (seria)

Francisco Varela
Neuroscienziato e filosofo. Con l’enattivismo e la neurofenomenologia propone una mente incarnata: conoscere non è rappresentare il mondo, è agire in esso.

Edmund Husserl
Padre della fenomenologia. Studia in modo sistematico l’esperienza cosciente in prima persona, mostrando che ogni oggetto è sempre “per una coscienza”.

David Chalmers
Filosofo della mente. Formula l’hard problem della coscienza e apre alla possibilità che l’informazione sia un elemento fondamentale della realtà.

Giulio Tononi
Neuroscienziato. Con la Integrated Information Theory (IIT) descrive la coscienza come integrazione strutturata di informazione all’interno di un sistema.

Lisa Feldman Barrett
Neuroscienziata. Mostra come le emozioni non siano “scariche primitive”, ma costruzioni predittive del cervello basate su memoria, contesto e linguaggio.

John Wheeler & Carlo Rovelli
Fisici teorici. In modi diversi, mettono al centro relazione e informazione: la realtà fisica non è fatta solo di oggetti, ma di relazioni tra osservatori e fenomeni.
Se oggi volessimo immaginare una tradizione rigorosa di Noetica, probabilmente partirebbe anche da loro.


Nessuno di loro si definirebbe “noetico” nel senso popolare del termine, ma tutti lavorano, in modi diversi, sul nodo che qui mi interessa: come la coscienza strutturi il mondo che appare.

Noetica Applicata: un nuovo termine !?

La parte originale, nel mio uso, è l’aggettivo: applicata.
Perché introdurlo?
Per uscire dalla filosofia pura e portare la noetica:

  • nelle pratiche educative,
  • nella progettazione tecnologica,
  • nelle politiche dell’informazione,
  • nella comunicazione e nei media.

La Noetica Applicata si occupa di:

  • come la coscienza organizza ciò che percepisce,
  • come costruisce il tempo, la memoria e il significato,
  • come interagisce con sistemi informativi, tecnologie, ambienti,
  • come l’atto di osservare modifica ciò che osserviamo (almeno a livello di informazione),
  • come le relazioni cognitive influenzano i fenomeni misurati e le decisioni collettive.

Non pretende di “spiegare” definitivamente la coscienza.
Propone piuttosto di studiare gli effetti concreti dei processi coscienti nel mondo.

Un esperimento reale come caso di studio

Per capire cosa intendo, considero un esperimento recente di Dean Radin, svolto all’Institute of Noetic Sciences e pubblicato su Physics Essays nel 2025.

È importante dirlo subito: si tratta di ricerca di frontiera; condotta in un contesto (IONS) che molti scienziati considerano borderline, fringe o parapsicologico.
Lo prendo quindi non come “prova”, ma come esempio di ciò che la Noetica Applicata potrebbe osservare e discutere.

Il setting
Un interferometro laser produce un pattern di interferenza.
A 47 partecipanti viene chiesto di:

  • concentrare l’attenzione consapevole su una parte del pattern,
  • non osservare un’altra parte, usata come controllo.

I dati vengono raccolti con protocolli standard (pre-registrazione, sensori digitali, analisi statistica).

Risultato (in breve)

  • Le ipotesi principali predefinite non vengono confermate in modo robusto.
  • Ma un’analisi esplorativa mostra un effetto statisticamente molto forte:
    • quando i partecipanti osservano intenzionalmente una zona,
      quella zona mostra una leggera ma sistematica diminuzione dell’interferenza;
    • la parte non osservata non mostra lo stesso effetto;
    • quando non ci sono osservatori, l’effetto sparisce.

Gli autori concludono, in estrema sintesi, che:
L’atto di osservare in modo intenzionale sembra correlarsi con una modifica localizzata del pattern di interferenza, non spiegata dai controlli considerati.

È un risultato controverso, che richiede replicazioni indipendenti e può avere spiegazioni alternative. Non dimostra che “la mente plasma la materia”. Ma pone una domanda legittima: in sistemi fisici altamente sensibili, il modo in cui osserviamo può lasciare tracce misurabili?

È esattamente il tipo di domanda che potrebbe costituire il campo di lavoro di una Noetica Applicata.

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