Olocrazia multipolare. La Russia come ponte tra declino europeo e ascesa asiatica

La Russia è Eurasia per geografia, ma per secoli si è sentita Europa: da Bisanzio a Pietro il Grande, fino all’intellighenzia ottocentesca in conversazione con Parigi e Berlino. Quel riconoscimento, però, non è mai arrivato davvero: per l’UE, Mosca è rimasta soprattutto serbatoio energetico. La guerra in Ucraina e le sanzioni hanno chiuso la partita: Rubicone secolare oltrepassato, ritorno impossibile senza perdere faccia e potere.
A Est la Cina offre pari dignità geopolitica nella rappresentazione, ma una asimmetria economica nella sostanza: Mosca esporta risorse, Pechino tecnologia, mercati, infrastrutture finanziarie. Il fattore demografico e territoriale completa l’incastro: “continente vuoto”, la Russia, e “continente pieno” la Cina, si saldano.
Il tassello che spesso ignoriamo è l’Artico: la Russia controlla lo sbocco più vasto sul futuro corridoio energetico-commerciale del pianeta. Se lo sommi all’asse con Pechino e all’allineamento BRICS, ottieni la vera notizia: si consolida l’Asia intera come polo alternativo, con una probabile governace olocratica.
Forse gli storici non leggeranno questa fase come vittoria o sconfitta militare, ma come l’errore strategico con cui l’Occidente ha consegnato la Russia alla Cina, accelerando la nascita di un ordine multipolare.

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Una Russia “europea” da secoli in cerca di riconoscimento

Dalla Rus’ cristianizzata da Bisanzio a Pietro il Grande, la Russia ha mimato l’Europa (istituzioni, città, élite colte) chiedendo un posto al tavolo dei “grandi”.
Dopo il 1991, il tentativo di integrazione economica non è diventato integrazione politica: nella pratica, per l’UE Mosca è rimasta un fornitore di gas e petrolio.
La diffidenza reciproca ha scavato una frattura identitaria: Europa nell’immaginario, esterna nei fatti.
Così, il sogno di essere Europa si è logorato nel tempo, fino a trasformarsi in una frattura che oggi appare insanabile.

Il “Rubicone” secolare della Russia

Dal 2014 al 2022 si consuma la rottura definitiva. Con l’invasione su larga scala e le sanzioni, la Russia non può più tornare indietro senza implodere: l’intero apparato statale ed economico si regge ormai anche sull’economia di guerra.
Le stime indicano che nel 2023-24, la Russia in economia di guerra gonfiata dalla spesa pubblica,  rispetto al trend storico (1,8% annuo) ha realizzato un surplus di circa 2–2,5 punti percentuali, di cui 1–1,5 punti attribuibili in maniera diretta e indiretta all’economia di guerra. Un motore artificiale, ma vitale per mantenere in piedi il sistema.
Questo però crea dipendenze strutturali difficili da smontare: filiere produttive riconvertite alla difesa, posti di lavoro che dipendono dalle commesse militari, consenso politico costruito sullo sforzo bellico. Ogni passo indietro significherebbe affrontare un costo sociale ed economico enorme.
Ma nessun impero resiste a lungo nella solitudine: a colmare quel vuoto di riconoscimento e sostegno si è presentata la Cina, offrendo a Mosca non solo un mercato, ma la promessa di pari dignità.

La “pari dignità” cinese
forma vs sostanza

La coreografia diplomatica mette Mosca e Pechino sullo stesso palco offrendo pari dignità simbolica.
Sotto il palco, però, l’economia è asimmetrica:

  • Russia → materie prime (energia, metalli, …), una parte di armamenti strategici, corridoi logistici.
  • Cina → tecnologia, macchinari, beni di consumo, pagamenti, piattaforme.
    Per Mosca è migliore dell’essere un “serbatoio” diffidato in Europa; resta però un ruolo da junior partner.

Eppure, dietro la parità messa in scena, resta la sproporzione dei pesi: una recita che regge finché la geografia non entra in gioco, ricordando chi controlla rotte e territori.

Demografia + territorio
l’incastro strategico

La Russia ha pochi abitanti su un territorio sterminato e in parte spopolato, soprattutto nell’Estremo Oriente; la Cina ha molti abitanti e una domanda strutturale di risorse.
La complementarità è evidente: terra e potenza militare da un lato, massa critica economica dall’altro.
È un equilibrio che lega Mosca a Pechino anche oltre le contingenze.

E se la demografia disegna il limite, l’Artico apre invece la promessa: un orizzonte di rotte e risorse che salda ancor più l’alleanza con la Cina

L’Artico
il corridoio del futuro

La Russia possiede il più lungo affaccio sull’Artico e controlla la Northern Sea Route, le rotte più brevi Asia-Europa, oltre alle ingenti risorse: gas, petrolio, minerali critici.
Sta investendo in LNG artico, rompighiaccio nucleari, basi dual-use.
La Cina parla di “Polar Silk Road”: se l’asse russo-cinese si consolida anche qui, l’Artico diventa la cerniera logistica del secolo.

Dalle acque gelate alle steppe infinite, il filo che unisce Mosca a Pechino passa per un patrimonio di risorse che oggi appare più prezioso che mai.

Artico e rotte polari

Artico in tre righe

➡️ Rotte: tempi e costi potenzialmente inferiori rispetto a Suez in alcune stagioni.

➡️ Risorse: idrocarburi e minerali strategici sotto controllo russo.

➡️ Sicurezza: crescente militarizzazione ottimizzata per climi estremi.

BRICS e saldatura asiatica

La narrativa multipolare trova nel BRICS allargato la sua platea.
Funzione dei ruoli: Cina cuore economico, Russia asse militare/nucleare; gli altri, India, Iran, ecc., come amplificatori regionali.
L’effetto è una standardizzazione asiatica di prezzi energetici, supply chain e protocolli tecnologici fuori dallo spazio occidentale.

Così, il mosaico si compone: dall’energia ai protocolli tecnologici, l’Asia si salda in un organismo coerente, proprio mentre l’Occidente si ritrova a guardare dall’esterno

L’errore strategico dell’Occidente

Obiettivo classico realista: separare Russia e Cina.
Esito reale: le politiche occidentali, sommate alle scelte del Cremlino, hanno saldato l’asse.

Due nodi mancati:

  1. Integrazione politica di Mosca quando ancora era possibile, oltre lo scambio energia-tecnologia.
  2. Gestione fine-grained delle sanzioni per evitare una dipendenza monodirezionale da Pechino.
    Risultato: Asia che si compone, Europa che si scompone su energia, industria, coesione.

Ed è qui che la politica si intreccia con la storia: ciò che oggi appare come equilibrio pragmatico, domani potrebbe essere ricordato come il più grave errore strategico dell’Occidente

Rischi e costi per l’UE

  • Energia
    perdita di fornitore vicino e relativamente economico → costi alti, nuova dipendenza da altri hub a caro prezzo
  • Industria
    margini compressi, rilocalizzazioni, vulnerabilità di filiera.
  • Geopolitica
    fratture interne tra Stati membri sulla postura verso Est e Sud globale.
    La strategia “Russia logorata” è a doppio taglio: logora anche l’Europa, se non viene compensata con nuove basi energetiche e industriali.

Perché gli imperi cadono

È una domanda che ritorna spesso nella storia. La parabola dei grandi imperi mostra sempre lo stesso enigma: come potenze al culmine della forza possano improvvisamente perdere la capacità di rinnovarsi.

Saturazione interna
L’apice porta all’inerzia: l’energia creativa si sposta dalla conquista e dall’innovazione alla burocrazia e alla conservazione.

Decadenza culturale
L’educazione si svuota di pensiero critico, domina il conformismo. Le élite difendono il proprio status ma smettono di produrre visione.

Fattori economici
Crisi agricole, risorse finite, perdita di autosufficienza energetica e alimentare.

Shock esterni
Invasioni, epidemie, mutamenti climatici o rivoluzioni tecnologiche sviluppate altrove.

Ciclicità simbolica
Già Polibio con l’anaciclosi e poi Oswald Spengler con Il tramonto dell’Occidente hanno descritto i cicli vitali delle civiltà: nascita, apogeo, decadenza, caduta.

Il nodo più affascinante è che la creatività originaria sembra dissolversi proprio quando l’impero ha più mezzi e risorse. È come se la potenza accumulata producesse un’inerzia che soffoca l’inventiva. Una dinamica che oggi molti osservatori intravedono anche negli Stati Uniti.

L’eccezione cinese

Filo culturale: confucianesimo, lingua scritta, mandarini come classe amministrativa.
Assorbimento degli invasori: mongoli e manciù, da dominatori a sinizzati.
Centro geografico stabile: bacino del Fiume Giallo e dello Yangtze, matrice agricola e idraulica.
Legittimazione: il “mandato celeste” trasforma la caduta in passaggio di mandato.
Adattamento moderno: dall’umiliazione coloniale al trauma maoista, innesto di capitalismo di Stato e tecnologia.

Così, ogni ciclo dinastico non ha segnato la fine, ma un eterno ritorno al centro. È questa la differenza che oggi consente alla Cina di presentarsi come l’unico impero antico tornato a competere da pari con l’Occidente.

Autarchia o resilienza?

Ciò che l’Occidente legge come autarchia regressiva (chiusura, dirigismo, concentrazione del potere in Xi come “moderno imperatore”), in Cina è visto come forza, continuità e resilienza. La prospettiva non è quella della modernità lineare occidentale, ma quella ciclica dell’anaciclosi: l’impero non muore, rinasce, in nuova forma.

Neo-anaciclosi globale

Occidente in fase di stanchezza (energia, demografia, politica).
Cina in fase ascendente, forte della continuità storica.
India, mondo islamico, Africa come possibili nuovi protagonisti del ciclo.
Nel destino russo si riflette questo schema: un impero europeo mancato, spinto a Est, che trova nella Cina la possibilità di inserirsi in una nuova rotazione delle potenze globali.

E forse, quando gli storici del futuro guarderanno indietro, vedranno in questo intreccio la saldatura più profonda: l’errore dell’Occidente, l’ascesa cinese e la Russia costretta a oltrepassare il suo Rubicone secolare.

➡️ Per comprendere come questo ciclo storico stia generando (?) un nuovo ordine senza vertice apparente, un reticolo di cerchi interconnessi, rimando al mio approfondimento sulla governance olocratica.

Previsione 2035

Guardando avanti, il quadro appare chiaro:
Nel 2035 la Russia non sarà più percepita come europea, ma come colonna militare ed energetica dell’Asia.
Sarà lo  junior partner della Cina, ma manterrà rilevanza grazie a tre leve decisive:
Artico
rotte commerciali e risorse energetiche.
Materie prime e grano
asset vitali per l’economia asiatica.
Potenza nucleare e militare
garanzia di rango superpotenza, anche se subordinata economicamente.
In questo senso, il suo arsenale non è soltanto un ombrello esistenziale, ma anche un ombrello narrativo che conferisce al blocco asiatico la profondità di una sfida storica. Potremmo quasi affermare che qui si intraveda la costruzione in pectore di un impero olocratico, dove il potere si legittima non solo attraverso la forza economica o militare, ma attraverso la capacità di dare copertura, materiale e simbolica, a un ordine multipolare emergente.

Che cos’è una governance olocratica

Una governance olocratica è un modello in cui il potere non si concentra in un unico vertice, ma si distribuisce in cerchi interconnessi (dal greco hólos, “tutto, intero”). Ogni parte mantiene autonomia decisionale, ma resta integrata in una totalità organica.

Applicata al sistema multipolare, significa che il nuovo blocco globale non si fonda su un comando centralizzato, ma su una copertura integrata:

  • Cina come cuore economico e tecnologico,
  • India come mercato demografico e cerniera geopolitica,
  • Russia come spina dorsale militare, energetica e simbolica,
  • BRICS allargati come rete di Paesi emergenti che guardano a Est più che a Ovest.

In questo senso, la Russia non è soltanto junior partner, ma parte di una struttura che si legittima tanto con la forza esistenziale (deterrenza nucleare, risorse) quanto con la copertura simbolica di un impero olocratico che si compone.

Il Focus geografico

Asia

  • È un continente senza soluzione di continuità: dalla Siberia artica all’Oceano Indiano, dalla Cina all’Iran, esiste un tessuto geografico quasi ininterrotto.
  • Le grandi potenze asiatiche sono confinanti o contigue: Russia, Cina, India, Iran, Turchia.
  • Ciò riduce i costi di connessione terrestre (oleodotti, ferrovie, corridoi energetici e digitali) e permette reti di scambio integrate che si consolidano anche senza rotte marittime globali.
  • Le rotte terrestri della Belt and Road Initiative e le vie artiche accentuano questa continuità.

Occidente

  • È un arcipelago geopolitico: Stati Uniti separati dall’Europa dall’Atlantico, Europa frammentata e dipendente dal Mediterraneo, partner “occidentali” sparsi (Australia, Canada, Giappone) legati più da valori che da continuità geografica.
  • La cooperazione avviene attraverso rotte marittime e finanziarie, più vulnerabili a interruzioni, blocchi o rialzi dei costi energetici.
  • Le distanze e le differenze interne rendono più difficile creare una massa critica unitaria: ogni crisi, energetica, migratoria, politica, produce fratture.

Occidente nel 2035

Un arcipelago forte di innovazione e finanza, capace di influenzare la cultura globale e di guidare la ricerca tecnologica. Ma più vulnerabile per:

  • costi energetici elevati, legati a importazioni da lontano e a rotte esposte;
  • crisi demografica in Europa e Giappone, che riduce la forza-lavoro;
  • fratture interne tra Stati con interessi divergenti e tra continenti separati da oceani.

 Al contrario, l’Asia nel 2035 avrà consolidato la sua forza proprio nella prossimità geografica: continuità territoriale, integrazione infrastrutturale, complementarità demografica e risorse.

Scenario 2035
la Russia oltre il Rubicone

Nel 2035 la Russia non sarà più percepita come “europea”. Avrà consolidato un ruolo di junior partner della Cina, ma con carte decisive che ne manterranno la rilevanza:

  • Artico
    Le rotte polari diventeranno corridoi logistici strategici, e la Russia, con la flotta di rompighiaccio nucleari, controllerà i passaggi più sensibili. La Polar Silk Road sarà una realtà integrata con la Belt and Road cinese.
  • Energia e risorse
    Idrocarburi artici, terre rare siberiane, acqua dolce e grano diventeranno asset geostrategici: Pechino investirà pesantemente per estrarli, in cambio di tecnologie e infrastrutture.
  • Demografia, scienza e antropologia incrociate
    Alla complementarità economica si aggiungerà quella demografica: una Russia che si svuota e una Cina che straripa. I flussi silenziosi di popolazione cinese verso la Siberia e l’Estremo Oriente potrebbero diventare, nel medio periodo, il collante umano di un asse che non è più solo strategico, ma antropologico.
  • Potenza nucleare
    Anche se subordinata economicamente alla Cina, Mosca resterà indispensabile militarmente: deterrente nucleare, capacità spaziali e know-how bellico manterranno il suo status di superpotenza.
    Ma non solo. La Russia è anche una superpotenza di copertura simbolica: la sua presenza bilancia la scena geopolitica, offrendo a Pechino la legittimazione di un alleato che incarna la storica contrapposizione all’Occidente.
    In questo senso, il suo arsenale non è soltanto un ombrello esistenziale, ma anche un ombrello narrativo che conferisce al blocco asiatico la profondità di una sfida storica.

Demografia, scienza e antropologia incrociate

Alla complementarità economica e militare tra Russia e Cina si aggiunge un intreccio meno visibile ma ancora più strutturale: quello demografico, scientifico e antropologico.

La Russia, con i suoi 145 milioni di abitanti in calo e un territorio sterminato che si svuota, specialmente in Siberia e nell’Estremo Oriente, rappresenta un “vuoto” che la Cina, con il suo miliardo e quattrocento milioni di persone, non può ignorare. Qui, la pressione sugli spazi e sulle risorse spinge comunità di commercianti e lavoratori a oltrepassare il confine, insediandosi progressivamente in città russe come Blagoveščensk, Vladivostok e Chabarovsk. È una migrazione silenziosa, che non assume i tratti di un’invasione ma di un radicamento graduale: la Cina porta forza lavoro, reti di scambio e nuove forme di presenza culturale.

Parallelamente, gli scambi scientifici e tecnologici consolidano un’ulteriore saldatura: co-pubblicazioni crescenti in fisica e scienze applicate, accordi tra università aerospaziali, progetti spaziali congiunti e collaborazioni sull’intelligenza artificiale. È un flusso cognitivo che riequilibra l’isolamento russo dall’Occidente, offrendo a Mosca non solo capitale umano, ma anche capitale intellettuale.

In questo intreccio prende forma una dimensione antropologica: la Siberia come frontiera condivisa, non solo geoeconomica ma anche simbolica, dove le due civiltà si toccano e si trasformano a vicenda. Così, nel medio periodo, l’asse Mosca–Pechino non sarà soltanto strategico, ma anche umano e culturale, un collante che supera le alleanze diplomatiche per diventare convivenza storica e progetto comune di futuro.

Il quadro globale

  • L’Asia sarà il polo trainante del sistema multipolare: Cina cuore economico, India mercato demografico, Russia spina dorsale militare ed energetica.
  • L’Occidente rischia di apparire come arcipelago frammentato, forte di innovazione e finanza ma vulnerabile sul piano energetico e politico.
  • L’Africa e l’America Latina, attratte da investimenti e credito BRICS, entreranno sempre più nell’orbita asiatica.

In sintesi

Gli storici del futuro probabilmente leggeranno gli anni 2020 come il decennio in cui l’Occidente ha “spinto” la Russia fuori dall’Europa e l’ha consegnata alla Cina. Un errore strategico che non solo ha accelerato la nascita di un blocco asiatico consolidato, ma ha lasciato l’Europa impantanata tra crisi energetiche, demografiche e politiche.
In questo abbraccio prende forma la più grande saldatura geopolitica del XXI secolo: l’Asia come blocco alternativo, capace di sfidare l’ordine occidentale.
Forse gli storici, un giorno, non leggeranno la guerra in Ucraina come vittoria o sconfitta di un esercito, ma come l’errore fatale con cui l’Occidente ha consegnato la Russia alla Cina: ignorando l’Artico, sottovalutando l’anima europea di Mosca e dimenticando che essa resta pur sempre una superpotenza nucleare di deterrenza e di copertura simbolica, capace di offrire al nuovo ordine multipolare una forma di governance olocratica, rappresentata tanto dalla sua forza esistenziale quanto dalla sua legittimazione storica.

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