Quando il Tempo si spezza …

nelle decisioni in emergenza

Negli episodi precedenti abbiamo visto il tempo che deraglia nei laboratori e quello che si allarga nella mente. Qui entriamo nel tempo stretto della decisione: amigdala, attenzione che si chiude, un gesto che fa la differenza.

A volte il tempo non si allarga: si spezza.
L’istante si stringe come una cerniera e devi passarci di taglio. Chi c’è stato lo racconta allo stesso modo: tutto rallenta come in moviola, oppure esplode in un lampo. Non è poesia: è fisiologia. L’amigdala alza la bandiera del rischio, salgono adrenalina e noradrenalina, il corpo prepara i muscoli e la vista si restringe a tunnel.
La corteccia analizza mille variabili in un istante, per farsi da parte quel tanto che basta per far passare programmi rapidi: ciò che hai già visto, addestrato, riconosciuto.

Qui il tempo soggettivo imbroglia le carte. Alcuni secondi si allungano perché li registri a grana fine; altri scompaiono. È anche per questo che in una emergenza, in un momento di pericolo, la decisione buona è spesso riconosciuta, non calcolata: il cervello pesca in archivio un pattern familiare e lo mette in atto. Se non esiste, si aggrappa ad un protocollo semplice, breve.

Ho già sviluppato una fotografia dei comportamenti in momenti di crisi nel mio pezzo “Quando conta ogni secondo” dove ho messo a terra la regola 10–80–10: una piccola quota di persone agisce subito con razionalità, la maggioranza esita, una minoranza va in panico. Non è una legge, ma è abbastanza vera da guidare il design dell’agire nel pericolo che spostano persone dall’inerzia all’azione: una parola-chiave per fermarsi, un respiro che abbassa il rumore, un gesto sicuro da fare subito.


Quando il tempo si spezza

Scenario 1 – In uno spazio pubblico
Un boato improvviso, la folla che si blocca, il silenzio che precede il panico.

È lì che serve SRVD: Stop – Respiro – Vedo – Decido.
Ti fermi, respiri, guardi intorno, scegli la via di fuga e ti muovi.
Scenario 2 – In spiaggia
Il mare si ritira all’improvviso, un rombo lontano annuncia ciò che sta arrivando. Non è curiosità: è allarme.

SRVD: fermati, respira, osserva l’orizzonte, decidi di correre verso l’alto.

Questi sono solo due esempi tra i più immediati. Ma SRVD funziona anche in molti altri contesti: in un parcheggio sotterraneo durante un’alluvione, su una nave, in un blackout improvviso, in un ufficio o in una scuola. Qui sotto trovi altri scenari raccontati integralmente, per vedere come la stessa formula può salvare tempo, lucidità e, a volte, la vita.


Sotto stress non esistono solo fight, flight e freeze: ci sono anche fright (stordimento/dissociazione) e faint (collasso): sono le 5F.
Sono automatismi antichi, forgiati dall’evoluzione: utili nella foresta, non sempre adeguati alle emergenze moderne. Nominarli aiuta a riconoscersi senza colpa — “sto congelando”, “sto scappando”, “sto andando in blackout” …  e a fare il passo successivo: Stop–Respiro–Vedo–Decido.

Il passo essenziale è questo, lo chiamiamo SRVD: non è un acronimo freddo, è un gesto in quattro battiti:
Stop – metti un freno all’istinto;
Respiro – fai entrare ossigeno nel cervello;
Vedo – sposta l’attenzione fuori, dal caos dentro;
Decido – agisci sul concreto, adesso

In squadra funziona uguale: parola-chiave comune (“Stop”), ruoli brevi (“tu chiami, io isolo, lei guida”), check-back (“ripeti cosa fai”). Questo sposta l’80% che esita verso il 10% che guida, e riduce il 10% disordinato.


Quando il tempo si stringe

Tutto si gioca in istanti. L’amigdala alza il volume, il gruppo cerca conferme: fermarsi un secondo è già troppo. Qui servono protocolli corti per agire in istanti: riconosci il segnale, Stop–Respiro–Vedo–Decido, fai una mossa sicura adesso. Il resto si sistema dopo.

  • Allerta meteo e parcheggi sotterranei. Valencia insegna, la notifica arriva nel tardo pomeriggio: “piogge intense, piena notturna”. Sembra tutto normale e molti pensano: “più tardi passo in garage”. Ma è lì che il tempo si stringe: scoppia la bomba d’acqua, i piani sotterranei si riempiono in fretta, l’acqua porta fango e corrente, le porte si bloccano per la pressione, l’aria si fa pesante. È la trappola che a Valencia è costata tante vite.
    La regola non è il coraggio: è cogliere l’attimo di decidere, in fretta.
    Solo alla prima allerta sposta l’auto in superficie, fuori dalle zone a rischio; ma se non puoi, lasciala: con pioggia forte o acqua già a terra non scendere nei garage perchè i minuti “per dare un’occhiata” sono quelli che ci mettono nei guai. Se sei già sotto e l’acqua entra, risali subito, niente ascensori, tira le porte verso di te, avvisa chi è sopra; non tornare per recuperare oggetti.
    Se sei in auto e l’acqua sale: via le cinture ed abbandona subito il veicolo esci e cerca quota in alto; con acqua in movimento non attraversare la strada: aggira e sali.
  • Su una Nave. Odore di plastica bruciata nel corridoio, un filo di fumo che striscia sotto una porta. La gente resta a guardare il mare dai finestrini; qualcuno filma. Un membro dell’equipaggio alza la voce: “Incendio a bordo! Via dal fumo, seguite le frecce verdi”. Di corsa, chi è vicino alle cabine chiude le porte dietro di sé (mai aprire porte calde); molto fumo ci si copre naso e bocca con un fazzoletto bagnato, niente ascensori. Si cammina verso la muster station indicata (i cartelli verdi), senza bagagli; chi può aiuta bambini e persone fragili. L’equipaggio gestisce l’estinzione con i presidi di bordo; i passeggeri non devono improvvisare. Raggiunto il punto di raccolta: giubbotti salvagente solo su istruzione, l’appello, attesa ordini dal ponte.
    Riconoscimento – percorso chiaro – movimento ordinato.
  • In Ufficio/Scuola. Un tremito, poi la scossa. La voce spezza l’attesa: “Terremoto!”.
    I corpi reagiscono: sotto i banchi, testa coperta, lontani dai vetri. Non c’è corsa cieca alle scale, né ascensore: chi è al pian terreno apre la porta e la blocca; chi guida conta le persone.
    Finita la scossa: si esce in fila, vie di fuga note verso il punto di raccolta. Appello, segnalazione di crepe e perdite, 112 solo per feriti. Chi può, aiuta i più fragili.
    La catena si avvia, l’inerzia si scioglie. L’istante che si restringe trova una via: basta una parola-chiave, un respiro, un gesto sicuro. Sposti anche solo una persona dall’attesa all’azione, e il tempo torna utilizzabi
    le.
  • In uno spazio pubblico. Un boato, urla, poi altri rumori secchi. é un attacco terroristico. La folla resta sospesa a cercare conferme, ma tu in un istante realizzi, perchè quando il tempo si stringe, un secondo è già troppo. Se hai una via sicura: vai. Lascia gli oggetti, abbassati, muoviti veloce lontano dalla minaccia e verso uscite note. Evita colli di bottiglia, non voltarti indietro per filmare o raccogliere cose. Se non puoi uscire: nasconditi. Chiudi e blocca una porta, luci spente, telefono silenzioso (niente vibrazione), lontano da vetri e ingressi. Non aprire finché non sei certo; quando arrivano le forze dell’ordine, mani ben visibili, segui le istruzioni senza correre verso di loro. Appena al sicuro: 112. Indica cosa è accaduto, dove, quante persone circa, e segnala solo informazioni chiare e semplici sui sospetti. Se ci sono feriti e sai come intervenire, controlla subito le emorragie con pressione diretta finché arrivano i soccorsi. In gruppo conta una voce chiara: “di qui l’uscita laterale, di corsa!”. Due compiti brevi: chi apre e tiene la porta, chi aiuta chi resta indietro. Poche parole, movimento ordinato.
  • In Spiaggia. Il mare si ritira di colpo, restano pesci a vista; in lontananza un rombo come un treno. È il segnale naturale: quando il tempo si stringe, non aspettare conferme.
    Stop–Respira–Guarda–Decidi: vai subito in alto e verso l’interno, lascia gli oggetti, prendi bambini e persone fragili. Evita foci, canali, ponti e strade basse; se non c’è una collina, cerca un edificio solido e sali ai piani alti.
    Non tornare a filmare: le onde arrivano a pacchetti in più riprese.
    Se sei già al largo, resta al largo; se sei vicino alla costa, esci dall’acqua e sali in alto.
    Solo quando arriva l’all clear delle autorità si rientra.

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