Murphy, Diamond e il Vesuvio in fiamme: quando la paranoia potrebbe salvare il territorio

Da giorni il Parco Nazionale del Vesuvio brucia. Non è la prima volta. Anzi, sembra quasi un appuntamento fisso dell’estate. Lo avevamo visto accadere anni fa, lo abbiamo visto di nuovo. Promesse di piani di prevenzione, dichiarazioni di intenti, proclami di “mai più”… eppure eccoci qui, a respirare lo stesso odore acre e a guardare le stesse colline annerite.
È la Legge di Murphy nella sua versione più amara: ciò che può andare storto, andrà storto. Ma è anche la prova che senza una “paranoia costruttiva”, quella di cui parla Jared Diamond, restiamo immobili fino a quando il disastro non è già compiuto, e chiamiamo l’emergenza nazionale.

Il copione che si ripete

Le cause cambiano, incuria, dolo, siccità, ma lo schema è identico: estate torrida, vegetazione secca, vento favorevole, fiamme incontrollabili. Ogni volta sappiamo cosa può accadere, eppure ci comportiamo come se fosse un’eccezione imprevedibile.

È il normalcy bias allo stato puro: credere che il futuro non si ripeterà come il passato, sarà tranquillo ignorando i segnali di allarme.
A questo si aggiunge la mancata volontà di pensare in termini di innovazione: l’assenza di programmi di ricerca che impieghino le nuove tecnologie. Droni per il monitoraggio a bassa quota, sensori termici e infrarossi, modelli predittivi basati sull’intelligenza artificiale, analisi satellitare in tempo reale: per tentare di anticipare l’innesco e bloccare il fuoco quando è ancora una scintilla. Non è solo mancanza di risorse: è il riflesso di una resistenza culturale che vede la prevenzione come un costo invisibile, privo di ritorni immediati da esibire.

Murphy non è fatalismo, è progetto

Quando Edward Murphy formulò la sua legge, non invitava alla rassegnazione. Invitava a progettare partendo dal presupposto che il peggio può accadere, e quindi va neutralizzato prima. Se applicata al Vesuvio, ome ovunque, piani di prevenzione attivi tutto l’anno, manutenzione delle aree verdi, sorveglianza capillare e una rete di intervento immediata.

Diamond e la paranoia che protegge

Jared Diamond lo ha imparato osservando comunità in contesti estremi: sopravvive chi vive come se il pericolo fosse sempre dietro l’angolo. Non è vivere nella paura, è allenare la mente alla possibilità del peggio. È chiedersi: cosa potrebbe andare storto oggi, e come lo evito? Nella prevenzione antincendio questo si traduce in un cambio di mentalità: non aspettare che il primo fumo si alzi per agire, ma trattare ogni momento dell’anno, piuttosto che la sola stagione estiva, come potenzialmente la più rischiosa.

La scienza dei bias ci dice perché falliamo

Korteling et al. (2023) elencano almeno cinque trappole cognitive che ci portano a fallire nella prevenzione: dall’hyperbolic time discounting che ci fa rinviare azioni a lungo termine, al neglect of probability che ci porta a ignorare eventi rari ma devastanti. La paranoia costruttiva, invece, li aggira: mette al centro il rischio, lo normalizza e lo trasforma in routine operativa.


I 5 bias cognitivi al Vesuvio (e come la paranoia costruttiva li neutralizza)

  1. Normalcy bias
    • Il rischio è reale, ma trattato come un’eccezione.
    • Paranoia costruttiva: considera ogni estate come potenzialmente pericolosa, non come un’anomalia.
  2. Hyperbolic time discounting
    • Posticipiamo l’azione perché sembra che ci sia sempre domani.
    • Paranoia costruttiva: agisce subito, come se la scintilla potesse essere già il disastro.
  3. Optimism bias
    • “Andrà tutto bene” è una frase che rallenta qualunque progetto concreto.
    • Paranoia costruttiva: pianifica anche per il peggio, se è peggio che può succedere.
  4. Neglect of probability
    • Ignoriamo “eventi rari” ma devastanti.
    • Paranoia costruttiva: inserisce sempre i “black swans” nella pianificazione operativa.
  5. Status quo bias
    • Facciamo “sempre così” perché cambiare costa.
    • Paranoia costruttiva: aggiorna procedure e protocolli ogni stagione, in base ai segnali nuovi.

In sintesi, doloso o naturale, l’incendio sul Vesuvio non brucia per fatalismo, ma perché i bias cognitivi non vengono sfidati. La «paranoia costruttiva» non è paura: è lo scudo mentale che spegne il fuoco prima che arrivi.

Cosa sono i Black Swans

Il termine Black Swan (cigno nero), reso famoso da Nassim Nicholas Taleb, indica eventi rari, imprevisti e ad alto impatto, che cambiano drasticamente la situazione e che, a posteriori, tendiamo a razionalizzare come se fossero stati prevedibili.

Tre caratteristiche chiave:

  1. Raccontati come “ovvi” dopo
    a posteriori creiamo narrazioni che li rendono “logici”.
  2. Imprevedibili
    fuori dagli schemi e non previsti dai modelli abituali.
  3. Ad alto impatto
    conseguenze enormi, positive o negative.

Nel caso del Vesuvio, un black swan potrebbe essere un incendio con velocità e potenza mai registrate prima, generato da una combinazione estrema di vento, calore e inneschi multipli. La paranoia costruttiva significa pianificare anche per scenari così improbabili.


Dal singolo alla collettività

Prevenire gli incendi devstanti come quello in atto sul Vesuvio non è solo questione di coscienza civica. È una scelta strategica che deve diventare politica pubblica:

  • Monitoraggio continuo con sistemi integrati aria–terra e nuovi sistemi tecnologici.
  • Formazione e premi per chi partecipa attivamente alla sorveglianza.
  • Campagne immersive che rendano percepibile il rischio nella cittadinanza.
  • Aggiornamento costante dei piani di intervento con scenari peggiori già modellati.

Una Protezione Civile dovrebbe vivere di paranoia costruttiva, quella che non paralizza ma illumina. È lucidità preventiva, la capacità di far divampare il fuoco nella mente prima che possa correre tra le pinete. Solo così si pianifica quando il pericolo è ancora invisibile, e lo si spegne prima che abbia un nome e una fiamma.

Appendice, la conferma dalla ricerca scientifica

La mia riflessione su “paranoia costruttiva” e prevenzione trova un’eco diretta in diversi studi tra cui Cognitive bias and how to improve sustainable decision making pubblicato nel 2023 su Frontiers in Psicology da Korteling, Paradies e Sassen-van Meer.
I ricercatori mostrano come la mente umana sia predisposta a sottovalutare minacce a lungo termine: il cervello privilegia segnali immediati e tangibili, ignorando quelli lenti e cumulativi.
Il lavoro sottolinea che la preparazione efficace richiede scenari mentali “esagerati” e azioni pianificate prima che il pericolo sia evidente. Non si tratta di catastrofismo, ma di progettare con lucidità.
Gli autori propongono strumenti di nudge design per aiutare le comunità a superare la trappola della passività: interfacce visive, incentivi rapidi, simulazioni immersive. In altre parole, tecnologie e strategie che possano tenere acceso il fuoco nella mente: quello che salva le pinete prima che inizino a bruciare.


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