Bioinformatica quantistica, pensiero evolutivo e l’intelligenza non-umana

La sinfonia nascosta della Vita

“Se un albero cade in una foresta e nessuno è lì a sentirlo, fa rumore?”
O, meglio …
se un fungo risolve un problema, è intelligenza?

E se lo fa più velocemente di un supercomputer, senza un cervello, né sinapsi, né algoritmi?
Siamo proprio sicuri che l’informatica sia una nostra invenzione?

Dopo aver esplorato nel mio articolo “Pando, il gigante verde” la straordinaria coerenza sistemica di una foresta clonale millenaria che si comporta come un organismo unico e interconnesso — un superorganismo — e aver riflettuto su come le biotecnologie stiano riscrivendo l’idea stessa di “computazione”, oggi ci troviamo di fronte a una scoperta che potrebbe ridefinire non solo la biologia, ma la nostra idea di mente, calcolo e vita.

Effetti quantistici e intelligenza diffusa

Il fisico Philip Kurian, della Howard University, ha indagato ciò che fino a ieri sembrava impossibile: l’esistenza di effetti quantistici all’interno delle cellule viventi.
Non stiamo parlando di biocomputer futuribili o metafore da romanzo cyberpunk: parliamo di fenomeni fisici osservabili che coinvolgono molecole come il triptofano — un comune amminoacido presente nel nostro corpo e in quasi tutte le forme di vita eucariotiche.


Kurian ha dimostrato che quando molte molecole di triptofano agiscono all’unisono, emergono comportamenti di superradianza quantistica.
Una sorta di “cooperazione luminosa” che amplifica la risposta alla luce come se l’intero sistema biologico vibrasse in sintonia.
Una sinfonia molecolare, invisibile ma potentissima.

Questo suggerisce che le cellule potrebbero comunicare, elaborare informazioni e prendere decisioni complesse utilizzando una logica non-lineare e non-classica,  una logica che la fisica quantistica, e non la biochimica tradizionale, può aiutare a descrivere.

I calcolatori della natura

Questa visione richiama alla mente la provocazione contenuta in un altro mio contributo: l’idea che l’informatica non convenzionale – quella che osserva e imita i sistemi biologici – sia in realtà un tentativo umano di decifrare un linguaggio preesistente, quello della natura.

Come ho sottolineato nel mio articolo sull’ingegneria biomedica, la vita probabilmente calcola da sempre, e noi, semplicemente, abbiamo iniziato da poco a comprenderlo. L’intelligenza delle piante, l’orientamento miceliare dei funghi, la cooperazione genetica dei batteri: tutto questo non è solo adattamento, è forse computazione distribuita?

Lo scienziato Philip Kurian con la sua recente scoperta ci spinge oltre: non solo i sistemi biologici calcolano, ma lo fanno miliardi di volte più velocemente di quanto la biochimica classica ci aveva concesso di pensare.
E lo fanno sfruttando effetti quantistici a temperatura ambiente, là dove le nostre macchine quantistiche artificiali faticano a sopravvivere.


Superradianza quantistica
la luce nascosta che potrebbe rivoluzionare la biologia

Il fisico Philip Kurian, direttore del Quantum Biology Laboratory alla Howard University, ha guidato uno studio sorprendente che mostra come una molecola comunissima nel nostro corpo — il triptofano — possa produrre un fenomeno quantistico noto come superradianza all’interno di ambienti biologici complessi, come il cervello umano. Quando molte molecole di triptofano sono organizzate in reti simmetriche, come nei centrioli dei neuroni, emettono luce non in modo casuale, ma in modo sincronizzato e amplificato, come un coro molecolare perfettamente accordato. Questo comportamento, tipico dei sistemi quantistici, emerge in tempi infinitesimali (picosecondi) e suggerisce che il nostro cervello possa trasmettere informazioni a velocità incredibilmente superiori rispetto a quanto previsto dai modelli chimici tradizionali. Ma c’è di più: questa luce quantistica coordinata potrebbe anche avere un effetto protettivo contro i danni da stress ossidativo, uno dei fattori principali nelle malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.
Le reti di triptofano, infatti, riescono ad assorbire la dannosa luce UV generata dai radicali liberi e a riemetterla a energia più bassa, innocua per le cellule. In altre parole, Kurian e il suo team hanno individuato un sistema di comunicazione e difesa quantistica già attivo nelle cellule viventi, capace di operare là dove nessuno pensava che la fisica quantistica potesse sopravvivere: a temperatura ambiente, dentro l’organismo umano.
Una scoperta che, oltre a rivoluzionare la nostra comprensione della biologia, potrebbe ispirare nuove tecnologie quantistiche e nuove terapie neurologiche.
Forse, il segreto della mente si nasconde… in un lampo di luce.


Computazione naturale, spiritualità scientifica

C’è qualcosa di profondamente poetico, quasi spirituale, in questa convergenza tra fisica quantistica, biologia e coscienza naturale.
Schrödinger, nel suo What is Life?, lo aveva intuito con coraggio: forse la vita custodisce un ordine quantistico nascosto, un codice ancestrale che tiene insieme coerenza genetica e consapevolezza molecolare.

Queste intuizioni gettano luce nuova anche sulla narrazione mitico-scientifica proposta da opere come Avatar o dalle visioni della “Rete della Vita” di James Lovelock e Lynn Margulis. La vita non come gerarchia, ma come rete di reti, dove ogni nodo, anche il più umile fungo del sottobosco, è un nodo computazionale avanzatissimo, connesso a tutto.

Oltre l’Uomo, oltre il silicio

Kurian ci invita a rivedere la nostra posizione antropocentrica: l’intelligenza non è solo sinaptica, non si misura in IQ, né in teraflops. L’intelligenza può essere fotosensibile, distribuita, mimetica, mutagena.
E soprattutto, può essere non umana.

In un’epoca in cui inseguiamo il sogno del computer quantistico, la natura ci sussurra che lei c’è arrivata molto prima.
E mentre i nostri circuiti di silicio faticano a rimanere stabili a -273°C, un albero, un batterio o una cellula possono elaborare a temperatura ambiente grazie a quella strana magia chiamata superradianza.

Forse è tempo di riscrivere la storia della computazione.
Non inizia con Turing, né con Von Neumann.
Forse, comincia con la vita stessa.
Con una molecola. Con un fungo. Con una luce.


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