Nei giorni scorsi, un attacco cibernetico ha causato numerose vittime e feriti, colpendo non solo i nemici di uno Stato, ma anche la popolazione civile di un altro Stato. Sebbene si tratti di un’azione eclatante – e di un precedente ante-litteram di una potenziale minaccia in grado di colpire indiscriminatamente chiunque ed ovunque – sono convinto che, nel tempo, non avrà la stessa risonanza ed efficacia di altre azioni compiute da Stati per scopi analoghi, quasi a voler sembrare agnotologici
La percezione delle azioni di uno Stato e la sua reputazione internazionale possono essere significativamente modellate dai media e dalle tecniche di manipolazione mediatica, riassumibili nel concetto di mediacrazia. Il mainstream informativo ha la capacità di influenzare l’opinione pubblica, variando la durata e l’efficacia del messaggio a seconda della natura delle azioni compiute e del modo in cui queste vengono raccontate e amplificate. La domanda cruciale, in questo contesto, riguarda l’impatto mediatico delle azioni di Stato nel tempo: un evento eclatante, come un avvelenamento radioattivo, rispetto a un’azione meno spettacolare, come un assassinio con mezzi comuni, quale modalità mette uno Stato in una luce peggiore, mediaticamente parlando, nel lungo termine?
Questa riflessione nasce dall’esigenza di comprendere come la manipolazione mediatica influenzi nel lungo termine la percezione delle azioni di Stato, soprattutto nel contesto della politica internazionale, dove la narrazione degli eventi diventa cruciale per modellare l’immagine pubblica di uno Stato.
L’efficacia duratura delle azioni eclatanti e comuni
Le azioni eclatanti, come un avvelenamento radioattivo, tendono ad avere un impatto mediatico più forte e duraturo perché combinano una narrazione emozionalmente coinvolgente con una copertura costante. L’uso di sostanze radioattive nel caso Litvinenko o di un agente nervino nel caso Skripal suscita un orrore particolare, legato all’invisibilità e letalità delle armi. Questi eventi creano un simbolismo potente che rafforza la percezione di uno Stato come brutale e spregiudicato. La narrazione va oltre l’atto stesso e richiama paure primordiali legate alla contaminazione e all’uso di tecnologie mortali invisibili.
Al contrario, azioni meno drammatiche, come un assassinio con mezzi comuni, pur provocando indignazione immediata, tendono a scomparire più rapidamente dal ciclo delle notizie. La mancanza di unicità e di elementi sensazionalistici rende questi atti meno memorabili nel lungo periodo, spesso interpretati come parte delle ordinarie dinamiche della violenza politica.
L’efficacia narrativa degli attacchi cibernetici
Gli attacchi cibernetici, pur rappresentando una minaccia crescente nelle strategie statali moderne, hanno un impatto narrativo meno duraturo. Anche se possono causare danni su vasta scala e persino vittime, come è accaduto in recenti attacchi contro dispositivi di comunicazione, essi mancano di una componente visiva o simbolica potente. La loro natura invisibile e tecnica li rende meno emotivamente coinvolgenti per il pubblico e meno attraenti per i media. Di conseguenza, la copertura mediatica di questi eventi tende a essere più breve e meno intensa, limitando la persistenza della loro narrazione nel tempo.
La variabilità dell’efficacia del soft power tra Russia, Cina e USA
Quando si analizza il soft power, emerge chiaramente come USA, Cina e Russia adottino strategie diverse per influenzare la percezione internazionale.
Gli Stati Uniti sono maestri nell’uso del soft power, soprattutto attraverso il controllo delle narrazioni globali. Il loro successo si basa sulla diffusione dei propri valori attraverso l’industria dell’entertainment, che include cinema, musica, e serie TV. Questi media hanno il potere di emozionare il pubblico globale e di trasmettere costantemente valori come la libertà e l’individualismo. La forza del soft power statunitense deriva dalla frequenza del messaggio, che, ripetuto attraverso vari canali e piattaforme, diventa parte integrante della cultura globale.
La Cina, pur avendo costruito una significativa influenza globale attraverso la diplomazia economica, come la Belt and Road Initiative, fatica a eguagliare l’impatto emozionale del soft power americano. Le iniziative cinesi, come i Confucius Institutes, promuovono la cultura e la lingua cinese, ma non riescono ancora a catturare l’immaginario globale come fanno i media statunitensi. Il soft power cinese si basa principalmente su una visione di competenza e cooperazione economica, senza la componente emotiva e narrativa tipica del modello americano.
La Russia, d’altra parte, adotta un approccio diverso meno emozionale, rivolgendosi a un pubblico che probabilmente viene ritenuto più informato, forse più intellettuale e sofisticato (?). Attraverso canali mediatici controllati dal governo, la Russia promuove una narrativa geopolitica alternativa, sfidando un’ordine internazionale che appare dominato dall’Occidente. Sebbene meno efficace tra il pubblico di massa, questo approccio può essere molto persuasivo tra alcune élite culturali e politiche, soprattutto nei Paesi che condividono un sentimento di opposizione all’egemonia occidentale.
La narrazione e il framing nel contesto della mediacrazia
La manipolazione mediatica attraverso il framing – il modo in cui una notizia viene presentata e inquadrata – è un elemento fondamentale per comprendere l’efficacia delle azioni di Stato. Eventi eclatanti, come l’avvelenamento radioattivo, sono spesso inquadrati dai media in modo sensazionalistico, enfatizzando gli aspetti più drammatici e inquietanti. Questo amplifica la percezione di brutalità e spregiudicatezza dello Stato responsabile. Il framing sensazionalistico e la ripetizione costante della narrazione attraverso i media garantiscono che tali eventi rimangano impressi nella memoria collettiva, colpendo in particolare gli avari cognitivi
In contrasto, azioni meno spettacolari, come gli assassinii con mezzi comuni o i cyber-attacchi, mancano della potenza narrativa necessaria per mantenere alta l’attenzione mediatica. La loro frequenza di ripetizione nei media è inferiore, e il framing tende a essere meno drammatico, riducendo la loro capacità di influenzare a lungo termine la percezione pubblica.
L’importanza del sensazionalismo
Il sensazionalismo mediatico è un altro fattore chiave che contribuisce all’impatto duraturo delle azioni di Stato. Le azioni drammatiche, come l’uso di armi chimiche o radioattive, si prestano naturalmente a una copertura sensazionalistica, con titoli drammatici, immagini scioccanti e dettagli macabri che mantengono alta l’attenzione del pubblico. La narrazione che si costruisce attorno a questi eventi non si limita alla violenza fisica, ma si estende a temi più ampi di potere e spregiudicatezza, alimentando l’immaginario collettivo.
Al contrario, gli attacchi cibernetici, pur pericolosi, mancano della stessa capacità di generare sensazionalismo. La loro natura invisibile e tecnica non cattura l’attenzione mediatica allo stesso modo, riducendo la loro efficacia nel modellare l’immaginario pubblico.
In conclusione, la percezione delle azioni di uno Stato nel lungo periodo è fortemente influenzata da fattori come il potere narrativo, il framing e la frequenza del messaggio. Le azioni eclatanti, come l’avvelenamento radioattivo, hanno un impatto mediatico più forte e duraturo perché combinano emozioni potenti con una narrazione drammatica amplificata dai media. Al contrario, azioni meno spettacolari, come gli attacchi cibernetici, pur devastanti nei risultati, non riescono a generare la stessa persistenza narrativa e tendono a scomparire più rapidamente dall’immaginario collettivo. La mediacrazia, attraverso l’uso di tecniche come il sensazionalismo e il framing, amplifica l’impatto delle azioni drammatiche, incidendo significativamente sulla reputazione internazionale degli Stati nel lungo termine.
In prossime riflessioni approfondirò i concetti …
> Articolo pazialmente rettificato nel suo contenuto e nelle immagini, poichè probabilmente qualche passaggio è stato causa di blocco paziale della diffusione del post.
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