Agenda ONU 2030, la bussola del nostro futuro (parte 1)

Sono il co-fondatore di Difesa Civile 4.0, Associazione di Promozione Sociale per l’Innovazione sociale, guidata dalla trasformazione digitale. La nostra APS è un Centro Studi che ha come riferimento la progettazione di Contenuti correlati ai 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e la loro promozione per un emergente modello di Società che noi vogliamo chiamare 5.0. ,prendendo spunto dal modello di sviluppo sostenibile 2030 elaborato dal governo giapponese.

L’Unione Europea e gli Stati membri hanno intenzione di svolgere un ruolo chiave nell’adozione dell’Agenda ONU 2030 volendo perseguire i suoi  17 SDG’s (obiettivi) insieme a quelli dell’Accordo di Parigi sul clima.

La Commissione europea già nel 2015, sollecitava gli Stati membri a rispondere  all’appello per un’agenda integrata ed universale capace di focalizzarsi sugli obiettivi di sviluppo sostenibile del millennio, sulla povertà estrema, in tutte le sue forme, lavorando su questioni critiche di sostenibilità ambientale, inclusione sociale  e sviluppo economico e rispondere alle sfide di una governance coerente nel risolvere i problemi di un mondo V.U.C.A.   

L’articolo 11 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce che:  “le esigenze di protezione ambientale devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e delle attività dell’Unione, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile (Unione europea, 2007).

Si potrebbero quindi considerare gli SDG’s dell’Agenda ONU 2030 anche come l’Agenda Europea a cui ha aderito il mondo intero, faro guida per lo sviluppo sostenibile a vantaggio delle future generazioni. Gli SDG’s infatti rappresentano almeno in teoria i valori europei, il che potrebbe spiegare l’impegno dell’Unione, e conseguentemente dei singoli Stati membri, nel voler perseguire questi obiettivi.

Da quando si è insediata, presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen sembra dimostrare un notevole impegno nei confronti degli SDG’s. E tutto l’orientamento politico della sua Commissione invita ad integrare pienamente gli obiettivi dell’Agenda 2030 quale meccanismo guida per coordinamento macroeconomico nell’UE. Da allora la Commissione ha pubblicato un documento di riflessione nel 2019 e un documento di lavoro di servizio per la Commissione sugli obiettivi. Nel 2019, l’Europa è diventata il primo continente ad impegnarsi nel raggiungere la neutralità climatica entro la metà del secolo, attraverso il Green Deal europeo.

La strategia annuale di crescita sostenibile 2021 afferma esplicitamente che: “il dispositivo per la ripresa e la resilienza deve guidare e costruire un’Europa più sostenibile, resiliente e più equa per la prossima generazione, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite”.

L’Agenda 2030 è la prima ed unica agenda internazionale globale adottata da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite per coprire tutti gli aspetti dello sviluppo sostenibile: economico, sociale e ambientale. Ed è sempre più chiaro che anche il raggiungimento dell’accordo di Parigi sul clima, il cosiddetto Green Deal,  richieda il raggiungimento dei suoi obiettivi, nell’ambito del compimento di importanti progressi sugli obiettivi socioeconomici entro il 2030. L’Unione Europea, che con il suo aggregato sviluppa il primo PIL globale, ha intenzione di guidare a livello bilaterale e/o globale in modo credibile le sfide del cambiamento, ma lo potrà fare solo se ogni paese europeo adotterà politiche chiaramente orientate e collegate al raggiungimento degli obiettivi.

Tuttavia le linee guida fornite agli Stati membri non fanno esplicito riferimento all’Agenda 2030 e i contenuti dei suoi SDG’s, sebbene il dispositivo per la ripresa e la resilienza varato dall’Unione Europea  abbia molti punti di forza e parallelismi con loro, descrivendo un quadro finanziario pluriennale per NextGenEU che mette a disposizione degli Stati membri circa 2 trilioni di euro di potenza finanziaria per accelerare la trasformazione della Unione Europea nel periodo 2021-2027.

Ciò potrebbe essere a causa della disomogeneità degli indici di riferimento che caratterizzano i suoi Stati Membri. Come si evince dal rapporto indipendente lo Sviluppo dell’Europa Sostenibile 2021, alcuni sono più vicini, come il blocco degli Stati del Nord Europa, altri meno come gli Stati dell’Europa del Sud che vedono il Portogallo in testa.

   

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