Una riflessione del critico d’Arte Donald Kuspit
Introduzione: cos’è l’Innovazione?
“L’innovazione può essere sinteticamente definita come lo “sfruttamento con successo di nuove idee” (Steward et al. 2009)
In altre parole, l’innovazione non è solo un’invenzione, ma una nuova idea che viene messa in pratica. L’innovazione quando è intesa in termini commerciali si attua spesso attraverso processi “top-down” tecnologici, mentre nel caso dell’Innovazione Sociale si delineano cambiamenti nelle attitudini della società attraverso processi bottom-up, che sostengono un ruolo importante nel giocare il contrasto alla resistenza ai cambiamenti operata da portatori di interessi particolari, a tutto vantaggio dell’Interesse Collettivo.
Tuttavia anche l’innovazione tecnologica o tecnica (che può essere relativamente più semplice da definire) comporta la produzione di processi sociali di cambiamento, quindi ogni cambiamento sociale – sia esso dovuto ad azioni top-down che bottom-up – potrebbe essere descritto come innovativo in un modo o nell’altro. L’innovazione, dunque, può fare riferimento alle nuove tecnologie, ai nuovi prodotti o ai nuovi servizi, ma anche alle nuove pratiche, alle nuove istituzioni o nuove strutture sociali. Pertanto “tutta l’innovazione, compresa l’innovazione tecnica, è sociale nel senso che è il risultato di un processo creativo che coinvolge una serie di attori, e di solito richiede qualche cambiamento nel comportamento tra gli adottanti” (MacKenzie e Wajcman, 1999). Mumford (2002) utilizza il termine per dare un significato al seguente concetto “l’Innovazione Sociale è la generazione e l’implementazione di nuove idee sul come la
gente dovrebbe organizzare le sue attività interpersonali, o interazioni sociali, per soddisfare uno o più comuni obiettivi.”
Ciò potrebbe condurre alla creazione di nuove istituzioni sociali o movimenti da un lato, o portare a nuovi processi sociali o aziendali e le conseguenti nuove pratiche, dall’altro.
Concludendo: l’Innovazione bottom-up viene definita come quell’innovazione generata dalla Società Civile (singoli cittadini, gruppi di comunità, etc, …), piuttosto che dai governi, l’industria o da settori dell’economia. Il Change Management (Gestione del cambiamento) è un approccio alla transizione operato da Individui, Gruppi e Organizzazioni verso un desiderato stato futuro. Esso si concentra sul “come” e i “perchè” le persone, i team, sono soggetti ad una transizione organizzativa. L’approccio al Change management è multidisciplinare, dunque, viene trattato con lo studio di discipline diverse, come ad esempio quelle che afferiscono agli studi nelle scienze comportamentali e sociali, sugli effetti delle nuove tecnologie dell’informazione, sui modelli socio-economici e di business management, il Knowledge management.
Mulgan (2006) definisce l’Innovazione Sociale come quella “attività e servizi innovativi che sono motivati dall’obiettivo di soddisfare un bisogno sociale”. Mulgan suggerisce che i motori dell’innovazione sociale sono radicati in malcontento o un apparente necessità; la base culturale dell’Innovazione Sociale può essere considerata come una combinazione di diverse motivazioni, tra cui l’esclusione, il risentimento, la passione e l’impegno. Phills et al. (2008) ci forniscono un’altra utile definizione, che in sintesi ci descrive “l’Innovazione Sociale come una nuova soluzione a un problema sociale che è più efficace, efficiente e sostenibile rispetto alle soluzioni pre-esistenti oppure che il bilancio del valore creato con la nuova soluzione vale quale beneficio soprattutto per la società nel suo insieme piuttosto che per i soli singoli privati”.
Lavoro nel settore della produzione “su commissione” di Contenuti digitali ” da oltre un ventennio. Dico “su commissione” perchè intendo che “qualcuno ci paga per produrre un qualcosa” (immagini, effetti visivi, scenografie digitali, musica elettronica, resurrezioni digitali ed ologrammi di persone reali o di mostri, etc etc) per il cinema, l’entertainment, la pubblicità, l’architettura, e per numerosi altri impieghi in vari settori tra i più disparati fino ad arrivare alla ricostruzione delle scene di un crimine. Tuttavia confrontandomi con gli esperti del settore dell’Arte, (mercanti, critici, storici dell’arte, …) spesso ho ancora la sensazione che quelli che io, in effetti, reputo “artisti digitali” (cioè quelli che producono per la cosiddetta Industria dei Contenuti) da questi, non sembrano essere ritenuti degli Artisti, ma semplicemente dei tecnici ai quali si aggiunge, al massimo, la parola creativo… perchè?
Forse perchè producono su commissione? Se questo è vero, allora i grandi artisti del passato che dipingevano, scolpivano, aprivano botteghe dove sperimentavano nuove tecniche e formavano apprendisti, musicisti/compositori che suonavano le loro opere nei salotti aristocratici, tutti che esprimevano la loro creatività artistica per vivere (sarà vera la frequente domanda: “ma quando mi paghi?” di Michelangelo a Papa Clemente VII mentre affrescava la Cappella Sistina?) erano artisti o no? E’ da tempo che mi pongo questa domanda.
Cosa si intende per Rinascimento digitale, si usa oggi questa definzione perchè fa tendenza, oppure esiste davvero una similitudine con quello storico periodo iniziato 5 secoli fa. Per questo motivo, partendo dalla definizione di Innovazione che ho introdotto qui sopra, ho iniziato a fare ricerca tra le riflessione degli esperti per cercare di trovare una risposta alle mie domande. Qui sotto traduco una prima riflessione di Donal Kuspit.
Estratto e tradotto da “la Matrice delle sensazioni” …
Donald Kuspit: … Vi presento quella che penso sia una tesi radicale: cioè che il periodo della pittura d’avanguardia, che iniziò ufficialmente con le cosiddette macchie di colore nella musica di Manet nei giardini delle Tuileries nel 1862, e culminò quasi un secolo dopo nel tachisme dinamico dell’arte informale europea e della pittura modernista americana, è stato un momento di transizione dall’arte analogica tradizionale all’arte digitale postmoderna, cioè a un’arte fondata su codici piuttosto che su immagini.
Lo status e il significato dell’immagine cambiano nell’arte digitale postmoderna: l’immagine diventa una manifestazione secondaria – un epifenomeno materiale, per così dire – del codice astratto, che diventa il veicolo primario della creatività.
Prima, la creazione di immagini materiali era l’obiettivo principale dell’arte visiva e il codice immateriale che guidava il processo era considerato secondario. Ora, la creazione del codice – più in generale, il concetto – diventa l’atto creativo primario.
L’immagine non esiste più di per sé, ma ora esiste solo per rendere visibile il codice invisibile, qualunque sia il mezzo materiale. Non fa differenza per il codice se appare come un’immagine bidimensionale o tridimensionale.
La transizione alla creatività del codice dalla creatività dell’immagine è tutt’altro che completa, per non parlare accettata come inevitabile da tutti gli artisti.
In un certo senso, la resistenza che ha incontrato [l’arte digitale n.d.r.] mostra la serietà con cui deve essere presa.
Ma l’arte rappresentativa, che è una modalità di pensiero analogico – cioè presuppone che ciò che vediamo nell’opera d’arte corrisponda a ciò che vediamo nel mondo reale – non sarà più la stessa.
(…)
L’aspetto più importante dell’arte digitale è che rende l’atto creativo – il funzionamento creativo o il processo creativo – esplicito come non è mai stato prima in nessun tipo di arte, anzi, in tutta la storia dell’arte.
È stato affermato che l’arte d’avanguardia nella sua forma più radicale è un tentativo di articolare il processo creativo in quanto tale, e che riesce soprattutto nell’action painting. Ma praticamente in ogni caso – forse con l’eccezione dell’astrazione geometrica, e anche in questo caso non è chiaro se questa sia un’eccezione – il processo creativo è inteso come un processo profondamente emotivo, completamente soggettivo. Si suppone che il processo creativo e l’autoespressione siano inseparabili: si è presumibilmente creativi nell’esprimersi, il che sembra certamente essere il caso dell’espressionismo, del cubismo, del surrealismo e persino, per quanto segretamente, del suprematismo e di De Stijl.
Ma la moderna teoria della creatività sostiene che il processo creativo è tanto un processo intellettuale e sociale quanto un processo emotivo e individuale. Come scrive Dean Keith Simonton, “la creatività implica la partecipazione di processi casuali sia nell’origine di nuove idee che nell’accettazione sociale di queste idee da parte di altri … i meccanismi probabilistici o stocastici operano a livelli fondamentali per generare concezioni originali e isolare il sottoinsieme di queste idee che sono giudicate adattive da altri – e quindi meritevoli della designazione ‘creative.”(2)
L’arte digitale può essere utilizzata per rendere vividamente evidenti questi processi casuali, come nei dipinti di virus informatici di Joseph Nechvatal. Può anche essere utilizzato per selezionare tra le “variazioni eterogenee … quelle che presentano adattamento adattivo”, come nei video digitali di Peter Campus. In contrasto con i primi, che si occupano di “generare variazione ideativa”, i secondi implicano che ci sono “criteri alquanto stabili in base ai quali le variazioni che offrono soluzioni praticabili al problema in questione sono separate da quelle che non incarnano alcun progresso e quindi sono inutili .”
Presi insieme, i lavori digitali di Nechvatal e Campus spiegano l’alfa e l’omega del processo creativo.
Soprattutto, chiariscono che, per quanto possiamo comprendere soggettivamente il processo creativo – e possiamo comprenderlo soggettivamente, poiché, come scrive Simonton, ci sono più possibilità di libertà nell’arte digitale – cioè, gli “elementi mentali” sono “liberi di entrare in varie combinazioni” e quindi di essere manipolati – anche in architettura, pittura e scultura. Questo è il motivo per cui ora abbiamo edifici, immagini bidimensionali e oggetti tridimensionali modellati e generati dai meccanismi digitali del computer e prodotti da macchine controllate da computer.
Il computer ha enormemente ampliato la creatività, consentendo una maggiore esplorazione del caso e, quindi, la creazione di “permutazioni” estetiche più complesse – diverse combinazioni di elementi identici – di quanto l’arte tradizionale abbia mai creato, consentito effettivamente o addirittura pensato. Ci ha anche fornito un mezzo più efficiente per produrre arte che non è mai esistito prima, ma soprattutto, estende infinitamente l’orizzonte della creatività – certamente rispetto alla creatività finita dell’arte pre-computer – consentendo all’artista di percorrere una linea sottile tra permutazioni instabili e stabili, a volte differenziandole nettamente, a volte offuscando la differenza fra loro.
Soprattutto, il computer estende infinitamente l’orizzonte della creatività – certamente rispetto alla creatività finita dell’arte pre-computer – consentendo all’artista di percorrere una linea sottile tra permutazioni instabili e stabili, a volte differenziandole nettamente, a volte offuscando la differenza fra loro.
Pertanto, Nechvatal presenta permutazioni instabili – che Simonton chiamerebbe “aggregati” – e Campus presenta permutazioni relativamente stabili – che Simonton chiamerebbe “configurazioni”. Ma gli aggregati di Nechvatal hanno una prevedibilità stabile e le configurazioni di Campus hanno un’instabilità indicata dal loro carattere mutevole.
Il computer chiarisce che “aggregati” e “configurazioni” esistono sullo stesso continuum di rappresentazione. Gli aggregati instabili dell’astrazione gestuale e le configurazioni stabili dell’astrazione geometrica coinvolgono le stesse unità fondamentali, nel primo caso non integrate in una apparentemente “confluenza casuale”, nel secondo caso “interrelate” in un “tutto modellato”.
In modo ancora più trasparente, il computer chiarisce che, secondo le parole di Simonton, “il processo di permutazione continua senza sosta”.
E, si potrebbe aggiungere, la creatività informatica è infinitamente elastica, tanto da offrire l’opportunità di realizzare un nuovo tipo di Gesamtkunstwerk, un’unica opera d’arte che incorpora tutte le altre arti, né esclusivamente visive né verbali né uditive, né esclusivamente spaziali né temporali, ma tutte insieme.
L’ultimo lavoro video digitale di Hans Breder, che coinvolge poesia, pittura, musica e scultura del corpo in una forma squisitamente concentrata ed epitomizzante, è un capolavoro di Gesamtkunstwerk , alla pari, voglio dire, con le pale d’altare personali portatili che esistevano nel Medioevo . Il computer portatile, e l’arte digitale portatile che rende possibile – e forse soprattutto l’esistenza dell’arte digitale in forma elettronica, facilitando la comunicazione-trasmissione-distribuzione – è il santuario intimo della creatività personale. Infatti, non essendo una proprietà come è l’opera d’arte fisica, l’opera d’arte digitale ha uno status “trascendentale” particolarmente disincarnato.
Lasciatemi andare, forse per assurdo, oltre: la griglia dello schermo del computer è la realizzazione postmoderna della tradizionale griglia prospettica che isolava la figura nello spazio sacro. Coinvolge la stessa geometria universale, con le sue proporzioni ideali – raffinate con grande precisione – che appare nell’architettura rinascimentale, con i suoi piani e facciate a griglia, suggerendo che il computer segnala un nuovo Rinascimento artistico.
Come l’artista del Rinascimento, l’artista digitale deve essere un dotto artigiano – un artista che deve imparare un mestiere che è allo stesso tempo materiale e intellettuale – in un momento in cui una buona parte dell’arte sembra priva di artigianato e pseudo-intellettuale, cioè , non rigorosamente logico internamente e esternamente.
L’arte digitale offre nuove speranze per l’arte in un momento in cui i media tradizionali sembrano aver esaurito il loro potenziale – per quanto utili siano senza dubbio per l’espressione individuale e per quanto socialmente significativi rimangano – e quindi un nuovo modo di rivitalizzare i media tradizionali. Questo è inseparabile dalla razionalizzazione della matrice delle sensazioni vibranti – ciascuna è ciò che Husserl chiamava un “punto presente” o “impressione” del tempo, o ciò che Leibniz chiamava una piccola percezione su un continuum temporale – nella griglia dei pixel .
Tale iper-oggettivazione consente la loro combinazione manipolativa in innumerevoli configurazioni. Per quanto governata da quelle che potremmo chiamare le regole del gioco per computer, tale deliberata manipolazione artistica – distinta dalla scoperta di schemi preesistenti di sensazioni vibranti in Manet e Cézanne così come in Soutine e Balla – è particolarmente libera e giocosa.
L’arte digitale può, quindi, influenzare una profonda alterazione della coscienza. Il computer non è un nuovo strumento per realizzare un’architettura, una pittura o una scultura antica; offre invece l’opportunità per dei nuovi tipi di architettura, pittura e scultura. Architettura digitale, pittura digitale e scultura digitale – tutte basate sul disegno digitale utilizzando gli algoritmi “radicati” del computer – sono nuove modalità d’arte con un potenziale creativo, estetico e visionario inaspettato e ancora incompleto.
L’artista non è più limitato a configurazioni familiari. L’artista può inventare nuove fantastiche configurazioni vive di sensazioni insolitamente eccitanti.
(*) Donald Kuspit, critico d’arte americano e poeta, un professionista della critica d’arte psicoanalitica con pubblicazioni sull’ Avanguardia estetica, il Postmodernismo , l’Arte moderna e l’arte concettuale. E’ un illustre professore emerito di storia dell’arte e filosofia alla New York University Stony Brook School of Visual Arts, in precedenza è stato AD White Professor-at-Large presso la Cornell University (1991-1997). Nel 1983 ha ricevuto un dottorato honoris causa in belle arti dalla Davidson College, nel 1996 dal San Francisco Art Institute e nel 2007 dalla New York Academy of Art. Nel 1998 ha ricevuto un dottorato onorario in lettere umane dall’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign. Nel 2005 è stato Robertson Fellow presso l’Università di Glasgow. Nel 2008 ha ricevuto il decimo premio annuale per l’eccellenza nelle arti dalla Newington-Cropsey Foundation . Ha ricevuto il Frank Jewett Mather Award for Distinction in Art Criticism nel 1983 (assegnato dalla College Art Association). Nel 1997, le National Schools of Art and Design gli hanno presentato una citazione per Distinguished Service to the Visual Arts. Nel 2014 è stato il primo destinatario del Premio Gabarron Foundation for Cultural Thought. Ha ricevuto borse di studio e sovvenzioni dalla Fondazione Ford , dal programma Fulbright , dal National Endowment for the Arts , dal National Endowment for the Humanities , dalla Guggenheim Foundation Fellowship e dall’Asian Cultural Council .
Appunti
(1) Christiane Paul, “Arte digitale” (Londra e New York: Thames and Hudson, 2003), p. 8. Tutte le citazioni successive che si riferiscono ai computer sono di Paul.
(2) Dean Keith Simonton, “Creativity, Leadership, and Chance”, The Nature of Creativity: Contemporary Psychological Perspectives , ed. Robert J. Sternberg (Cambridge, Regno Unito e New York: Cambridge University Press, 1988), p. 368. Tutte le successive citazioni che si riferiscono alla creatività sono di Simonton.
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Gesamtkunstwerk: letteralmente “opera d’arte totale” viene intesa anche come: “opera d’arte ideale”, “opera d’arte universale”, “sintesi delle arti “,”opera d’arte completa” o “forma d’arte onnicomprensiva”. E’ un’opera d’arte che fa uso di tutte o molte forme d’arte o si sforza di farlo. Il termine preso in prestito dalla lingua tedesca è stata accettata in inglese come termine fondamentale nell’Estetica. Molte recensioni hanno caratterizzato la mostra d’arte contemporanea della IX Biennale di Berlino come un Gesamtkunstwerk. Nel 2017, importanti artisti visivi Shirin Neshat e William Kentridge hanno diretto opere al Festival di Salisburgo