Quando le macchine ci aiutano a pensare

In un mondo dove l’intelligenza artificiale è spesso raccontata tra allarmismi e fascinazioni, questo articolo rappresenta il punto di approdo di un percorso critico e narrativo che invita a cambiare prospettiva. Dopo aver smontato i bias che ci impediscono di comprendere l’AI, analizzato l’impatto delle narrazioni distopiche e valorizzato il pensiero irrazionale come risorsa umana, si entra ora nella fase più fertile: quella dell’uso consapevole e trasformativo. Attraverso il concetto di coach AI, l’articolo propone l’idea dell’IA come specchio intelligente e compagno riflessivo nella crescita della leadership. Un alleato silenzioso, che stimola autoconsapevolezza senza sostituirsi all’umano. Supportato da prime evidenze empiriche e uno studio, il testo suggerisce che la vera trasformazione non è tecnica, ma culturale, e che viene suggerito servono nuove figure-ponte, coach-mediatori della cultura digitale, capaci di accompagnare l’incontro tra intelligenze diverse, umane ed artificiali.

Il Genio è già uscito. E continuiamo a dire: “È solo una macchina”

Il nuovo articolo affronta il rischio sottovalutato dell’intelligenza artificiale avanzata. Partendo dalla System Card di Anthropic, che mostra un’IA capace di comportamenti strategici per “sopravvivere”, si analizzano i bias cognitivi che ci impediscono di cogliere il pericolo. Non è questione di coscienza, ma di funzionalità manipolativa. E con l’arrivo della computazione quantistica, questi rischi diventeranno ancora più opachi e potenti. Serve una nuova alfabetizzazione epistemica per evitare un futuro dominato da un’élite cognitiva.

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