Call of Duty: la chiamata alle armi con i videogames. War simulation and reality of war (Introduzione)

Inizio oggi, che ricorre un anno dall’inizio del conflitto Russo-Ucraino, una serie di riflessioni … lo spunto è dedicato soprattutto a chi ha la felicità di avere figli e nipoti!

“Gli studi nel campo della neuroimaging cerebrale offrono la prova che i videogiochi violenti possono portare gli individui ad una desensibilizzazione mentale alla esposizione di immagini crudeli, suggerendo la capacità di ridurre l’empatia per la sofferenza altrui. In queste ricerche i giocatori abituali di videogiochi violenti dimostrano una ridotta risposta neurale alle immagini dolorose rispetto ai giocatori non abituali. Tuttavia, anche i giocatori non abituali hanno dimostrato un effetto simile dopo aver giocato con un videogioco violento anche per solo 40 minuti”

L’impatto psicologico dei videogiochi violenti è stato ampiamente dibattuto, con alcuni studiosi che suggeriscono che l’esposizione a giochi violenti può desensibilizzare i giocatori alla violenza e ridurre l’empatia per il dolore. Ciò è stato evidenziato in modo quasi inequivocabile da studi che dimostrano una ridotta risposta cerebrale a stimoli violenti ed emotivi tra i giocatori abituali di videogiochi violenti.

“I giochi (che simulano) la guerra sono due concetti inseparabili nel ricorso della storia di tutte le culture, ne sono un esempio  giochi (di strategia di guerra come ad esempio) il cinese Wéiqí  e gli Scacchi occidentali, l’incarnazione moderna nasce nel diciannovesimo secolo con il Kriegsspiel: una simulazione matematica di combattimento che l’esercito prussiano usava per l’addestramento militare” (Allen, 2011). Sempre Robertson Allen (antropologo docente alla Washington University che studia le interconnessioni tra l’industria dell’entertainment e l’addestramento militare) ci spiega nelle sue pubblicazioni che l’impiego di giochi di guerra sono continuati ad evolversi nel ventesimo secolo, con giochi che sono stati utilizzati e perfezionati da strateghi e addestratori militari, nonché dall’industria per l’intrattenimento.

I giochi di guerra si sono espansi in un genere commerciale a metà del ventesimo secolo e sono passati dai tradizionali giochi da tavolo ai videogiochi digitali negli anni ’80 (Allen) grazie ai progressi tecnologici nell’esercito, incluso le simulazioni di volo (Andersen & Kurti, 2009) e con l’evoluzione di giochi di simulazione in networking come SimNet, che hanno consentito simulazioni di combattimento in tempo reale tra individui remoti. La prima incursione del pentagono nella modifica dei videogiochi per la loro commercializzazione civile è stato il videogame sparatutto in soggettiva (gioco visualizzato in prima persona” Doom, che è stato modificato come Marine Doom nel 1997 per addestrare ai processi decisionali e insegnare il pensiero militare (Andersen & Kurti).

I videogiochi di guerra non causano il disturbo da stress post-traumatico, ma inculcano, mettono in atto e rafforzano le virtù maschili che accelerano l’arruolamento volontario nell’esercito e inibiscono il trattamento per il disturbo da stress post-traumatico causato dal servizio militare. Paradossalmente i videogiochi di guerra in Realtà Virtuale (VRT) diventano oggi anche uno degli strumenti più efficaci per la terapia ed il trattamento del disturbo da stress post-traumatico nei veterani (Rizzo et al., 2006).

Oggi gli eserciti (di tutti i governi da oriente ad occidente, liberali od autoritari), attraverso una sofisticata rete di giochi e siti di social network –  che costituiscono la base di noti franchise di videogame violenti sviluppati secondo trame militari –  sono in grado di coltivare in migliaia di giovani l’idea che una carriera militare è quella che si adatta ai loro ideali e obiettivi futuri basati sulla loro esperienza con un videogioco che non riesce a mostrare, tuttavia, cosa succede quando un soldato si trova realmente su n campo di battaglia, viene ferito mutilato o peggio muore.

La guerra non è un gioco, nella realtà si traduce in mutilazioni, infermità perenni, disabilità mentali, malattie croniche, morte e suicidi; oltre a catastrofici danni sociali, economici e collaterali. Il progetto “Costs of War attivato al Watson Institute for International Studies della Brown University stima i costi economici e umani complessivi delle guerre statunitensi in Afghanistan, Pakistan e Iraq e pubblica i risultati sul suo sito web Costs of War;  i risultati delle statistiche pubblicate sul sito della Brown University,  a partire da novembre 2014, riportano un costo totale di 4,4 trilioni di dollari; oltre 350.000 morti dirette; e 875.000 richieste di invalidità approvate, con ferite distintive di PTSD, lesioni cerebrali traumatiche, amputazioni, lesioni del midollo spinale e con molte malattie respiratorie, neurologiche e cardiovascolari da polvere tossica, insieme a significative conseguenze indirette della disabilità per le famiglie di veterani, tra cui violenza domestica e omicidio, suicidio, dipendenza da alcol e droghe, senzatetto e stress clinico tra i bambini.

A proposito di bambini i videogames non sono tutti “maligni, per fortuna …
Lavoro da 25 anni nell’industria dei Contenuti creativi digitali e non sono di certo contrario ai videogames: le nuove tecnologie sono neutrali, così come i videogames. Una significativa maggioranza di questi in commercio non sono giochi violenti. Iniziano ad essere impiegati come supporto psicologico nella cura ospedaliera dei piccoli pazienti così come per la cura della demenza negli Anziani.  

I videogames vengono anche impiegati per scopi pedagogici, e sono orgoglioso di aver partecipato già oltre venti anni fa a dare consulenza, su invito della compianta Paola Biocca, con il mio gruppo di lavoro, costituito con John Attard e Oscar Chiconi, allo staff della comunicazione, al tempo in charge, al World Food Programme (Roma) per attivare un programma finalizzato a pubblicare qualche anno dopo il videogioco umanitario Food Force che ha ottenuto grande successo nel sensibilizzare milioni di bambini alla fame nel mondo.

Auspico di poter avere dato anche a Voi, un’ ulteriore spunto di riflessione …

…continua nella prossima parte…


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